“La Grande Bellezza” dell’arte di Angelo Accardi.

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“L’artista è come un bambino, dipingo per ricreare quella sensazione di meraviglia che ho vissuto trovandomi da giovanissimo al cospetto di un’opera di Michelangelo: in fondo, come riflesso plavoniano, gli struzzi seguono il mio sguardo stupefatto puntato sulle opere e gli autori verso cui sono debitore”. Sono le parole del Maestro Angelo Accardi, l’artista salernitano, originario di Sapri, che espone le sue opere in tutto il mondo, famoso anche per i suoi struzzi, protagonisti di molti suoi quadri,  inseriti con grande ironia nei contesti urbani che rappresenta:” Dal mondo DaDa ho appreso la tecnica della risemantizzazione, ovvero, estrapolare qualcosa dal suo contesto e collocarla fuori luogo dove assume un nuovo significato. E’ così che prendono vita i miei” Misplaced”: ambienti a noi familiari come musei, teatri o scene urbane, invasi dagli struzzi: l’effetto che ne deriva è  straniante. Lo struzzo, per la sua imprevedibilità, è l’animale ideale per simboleggiare la sensazione di minaccia indefinita che nella società liquida incombe su di noi, descritta molto bene da Zygmunt Bauman nel suo saggio “Liquid Fear”.  Abbiamo tragicamente constatato che eventi inaspettati come la crisi finanziaria del 2008, la pandemia nel 2019 e oggi la guerra, accadono”.  In occasione di eventi così eccezionali, che ruolo può giocare l’arte? “Pare che Picasso abbia risposto alla domanda dell’Ambasciatore tedesco Otto Abetz, riferita alla sua opera  “GUERNICA”, se fosse lui l’autore di quell’orrore, con un semplice: “No, è opera vostra”. L’arte segue un percorso autonomo rispetto al reale, anzi, come diceva Dalì: “L’artista deve sistematizzare la confusione e contribuire a gettare discredito sul mondo della realtà”. Tuttavia, davanti a un’emergenza l’artista non può esimersi dal dare il suo contributo utilizzando il linguaggio creativo. Ho appena dato vita, insieme ai miei collaboratori e partner,  a una campagna di guerriglia poetica con l’installazione di una scultura monumentale, simultaneamente, a Palermo, Venezia e Milano. La scultura intitolata “Poetry”, con la scritta “FUCK” completa idealmente la trilogia iniziata da Robert Indiana con le iconiche “HOPE e “LOVE”, e rappresenta per me un urlo contro ogni guerra. La campagna contribuisce alla raccolta fondi per “Save the Children” per i bambini ucraini grazie alla distribuzione di repliche dell’opera in scala, realizzate in gommapiuma che permettono ai collezionisti di ottenere la firma e il certificato di proprietà dall’archivio digitale dell’artista, semplicemente facendo una donazione direttamente all’associazione. La campagna fa parte di un progetto più ampio per l’Arte Pubblica che gode anche del sostegno dell’azienda “OPTIMA” diretta da Danilo Caruso e Alessio Matrone, appassionati di Arte, già da tempo miei collezionisti”.

Il Maestro Angelo Accardi fin da giovanissimo ha coltivato la passione per il disegno, per la pittura:” Grazie a “I classici dell’Arte”, una raccolta di monografie che mi fu regalata quando avevo 10 anni. Le opere riprodotte erano corredate da bozzetti preparatori e radiografie delle tele dalle quali si potevano leggere i ripensamenti di Leonardo, le indecisioni di Michelangelo, particolari che rendevano questi mostri sacri più umani. Dopo le medie avrei frequentato volentieri il liceo artistico, ma al mio Paese mancava, così mi iscrissi all’istituto tecnico, vivendo una vita parallela da autodidatta sperimentando pittura e scultura. Una volta all’Accademia di Belle Arti di Napoli, la mia permanenza fu breve, ma sufficiente a mettere in crisi la figurazione, folgorato dall’informale di Emilio Vedova e Capogrossi, dall’astrattismo materico del grande Burri e dallo spazialismo di Fontana”.  Quando ha capito che per lei era importante dipingere e che avrebbe dedicato la sua vita all’arte? “Ho sempre saputo in cuor mio che avrei fatto di questa mia passione l’attività principale: le mie opere piacevano, ma oltre al gradimento dei collezionisti, avevo bisogno di conferme più oggettive così comincia un percorso con un piccolo gallerista che ha creduto in me e che ha consentito un percorso non vincolato alla vendita immediata, ma alla crescita personale e alla maturazione artistica. Poi sono arrivate le grandi mostre a Milano, Monaco, Vancouver fino alla collaborazione con il gallerista coreano Robert Kwan”.  Quali tecniche predilige? “Ho avuto il piacere di sperimentare tante tecniche,  sia nella pittura, sia nella scultura. Ho iniziato a scolpire il marmo rivisitando in chiave pop i classici. Nella pittura ho iniziato con quella ad olio, e oggi uso tecniche miste di acrilico, bombolette spray e matite grasse, oro a foglia”. Come costruisce le sue opere, parte da un bozzetto o si avvale di particolari software? “ Considero l’opera come una vera e propria messa in scena. Le ambientazioni interne o esterne sono prese dalla realtà: musei famosi, teatri o down town di metropoli elaborate con programmi che trattano le immagini e programmi 3D. Una volta realizzato il bozzetto con la tecnica della quadrettatura viene riportato sulla tela, iniziando dalla costruzione della struttura geometrica delle ambientazioni, rispettando la sezione aurea”. Le sue tele sono prevalentemente di grandi dimensioni? Perché? “ La prospettiva centrale delle mie ambientazioni richiede grandi dimensioni per sostenere l’effetto “presenza” percepito da chi guarda”.  Quali sono i soggetti che più ama dipingere? “ Sono un citazionista con un mio Alphabet creativo, composto da tanti riferimenti diversi che si danno convegno nei miei quadri per significare altro. Non esistono gerarchie tra cultura alta e cultura  pop: Omer Simpson può competere alla pari con Velasquez o Magritte: per fortuna solo nella finzione”. Oltre a dipingere lei realizza anche delle sculture: struzzi, personaggi mitologici, ma anche scarpe da ginnastica. Utilizza anche la tecnica del “ready made” utilizzata dagli artisti dadaisti come Duchamp, Man Ray, Francis Picabia, ma anche successivamente da Picasso e Mirò? Ho iniziato da giovanissimo a scolpire il marmo ispirandomi ai classici, rivisti in chiave Pop, poi ho iniziato con le fusioni che permettono di realizzare multipli dello stesso soggetto utilizzando anche materiali diversi, dall’alluminio al bronzo. Il movimento “DaDa” ha influenzato tutto il ‘900 e ancora oggi è ispiratore di tante provocazioni artistiche da Koons a Hirst, Catellan. Oggi il manufatto artistico è spesso affidato ad artigiani che realizzano in modo magistrale le opere progettate dall’artista. Io sono uno dei pochi che coltiva ancora la passione per la pittura: ogni singolo elemento è realizzato ex novo e a mano, ecco perché riesco a soddisfare solo 1/4 delle richieste dei galleristi e collezionisti. Ultimamente ho elaborato una tecnica color touch che permette di rifinire dei semilavorati che soddisfano un mercato in cui chi vuole un Accardi può trovare un compromesso tra l’abbordabilità e l’unicità del monotipo. Recentemente ho recuperato la tecnica della linoleografia che dà risultati sorprendenti”.  A quale corrente artistica si sente più vicino? “Pur affermando una mia personale poetica espressiva, riconoscibile e per certi versi lontana da certi eccessi, mi ispiro al “Pop Surrealism” e al movimento “Lowbrow” di Robert Williams nati in California negli anni ’70. Le opere lowbrow coniugavano la Science Fiction, il mondo dei fumetti underground e il simbolismo grafico dei tatuaggi. I temi rappresentati, spesso considerati sconvenienti e di cattivo gusto, sfidavano la morale borghese e l’atteggiamento snob dell’establishment culturale dell’epoca”.   Si sente un artista tormentato, alla continua ricerca di se stesso, del senso della vita? “ Credo che la versione dell’artista tormentato sia più uno stereotipo romantico che una realtà diffusa: per fortuna, aggiungo io. Mi ritengo un privilegiato anche se gli esordi non sono stati facili. Genio e sregolatezza difficilmente ti portano al successo: non bevo, non fumo e vado a letto presto, mi sveglio all’alba sempre con la stessa voglia di dar vita a nuove storie visive. Oggi vivo come una Rock Star tra New York, Tel Aviv, Londra, Miami, Dubai, Milano e Mykonos, ma l’headquarter di fronte al mare sul litorale di Sapri rimane il mio posto dell’anima, la fucina dove realizzo le opere ed elaboro nuovi progetti insieme ai mie collaboratori. Avere davanti l’orizzonte dello stesso mare che ha ispirato Parmenide mi fa sentire piccolo, ma anche parte di un pensiero che va oltre l’essere: un bagno di umiltà che mi permette di volare idealmente avendo i piedi ben piantati sulla mia adorata terra”. So che al momento è impegnato su più fronti, in varie città nel mondo:” Si è appena conclusa una mostra personale da “Deodato Arte”  a Milano il cui allestimento, progettato dall’Art Director Nino Florenzano, ha trasformato  la galleria in una sorta di optical box grazie all’effetto wall paper dei diversi pattern grafici associati alle opere. La sera del vernissage abbiamo avuto oltre 400 visitatori, soprattutto giovani. E’ stata anche installata la mia scultura monumentale “Poetry”, al “Base”, con la quale abbiamo inaugurato la prima edizione del “Milano Graphic Festival”, in concomitanza con la visita di Paola Antonelli (Ricercatrice e Senior Curator del “MoMa” di NYC) alla quale abbiamo consegnato una copia in tiratura limitata di “Alphabet”, il mio nuovo catalogo internazionale edito in italia dall’Editoriale Giorgio Mondadori e all’estero da Eden Gallery.  A Venezia siamo già presenti con la scultura “Poetry” all’interno del cortile di Villa Balbi Velier sul Canal Grande che in  occasione dell’apertura della Biennale d’Arte del 23 aprile è stata  spostata sul molo dell’arsenale. Sempre a Venezia, da settembre a novembre, apriremo “HOUSE OF ACCARDI”, uno spazio espositivo su tre livelli che sarà aperto alle contaminazioni e scambi, dove le mie opere dialogheranno con gli oggetti e i mobili realizzati dal designer Cleto Munari.  Sto  anche ultimando una serie nuove di grandi tele per la prossima apertura a Dubai di “Eden Gallery” con uno spazio espositivo di 1600 mq”.

Aniello Palumbo