Il vasto territorio cilentano presenta una serie di contraddizioni che potrebbero essere così sintetizzate: da un lato c’è una terra che dispone di ricchezze culturali, che dovrebbero essere potenziali risorse da utilizzare per un significativo rilancio; dall’altro l’abbandono, la tendenza ad andare via, trovare altrove occasioni di vita e di lavoro.
Per affrontare questa drammatica condizione, occorrerebbero “politiche di riequilibrio”, riducendo i difetti strutturali dell’intero Mezzogiorno: controllo del territorio e contrasto alla micro-illegalità, digitalizzazione e innovazione nel rapporto burocratico tra cittadini e controparte istituzionale; investimento nell’istruzione di ogni ordine e grado, con ampio intervento su formazione e trasformazione continua delle abilità e delle competenze; riduzione dei gap infrastrutturali che non permettono un’adeguata connessione socio-produttiva del Sud col resto del Paese e con l’Europa. Su tutto, un cambiamento di mentalità, anche politico-culturale, una volontà nuova di affrontare il futuro di questa terra.
La società cilentana va evidenziata attraverso la storia, le origini, lo sviluppo e il riscatto del territorio; la cultura, la religiosità, le tradizioni popolari, i miti e le credenze; l’identità, la cilentanità; lo sviluppo territoriale tra tradizione e modernità. Queste sono le azioni che dovrebbero fare i cilentani, evitando di attendere lo scorrere degli eventi: essi sono soggetti e non più individui gettati nella comunità senza meta e senza alcun futuro.
I cilentani/soggetti devono trovare idee e nuove consapevolezze, devono agire ed operare per poter affermare la loro vita in questa terra ricca di storia e bellezza, fascino e cultura.