Istat, Rapporto Noi Italia, un paese che prova a risalire.

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“Noi Italia. 100 statistiche per capire il Paese in cui viviamo”, giunto alla nona edizione, mette in luce la posizione dell’Italia nel contesto europeo e le differenze regionali che lo caratterizzano attraverso una selezione di indicatori statistici che spaziano dall’economia alla cultura, al mercato del lavoro, alle condizioni economiche delle famiglie, alla finanza pubblica, all’ambiente.

Grazie agli strumenti di visualizzazione grafica pensati per facilitare la lettura dei fenomeni nel tempo e nello spazio, si possono consultare oltre 100 indicatori, articolati in sei aree e 19 settori, esportare i grafici e scaricare i dati (cliccando sull’icona Download dati). Le informazioni disponibili per ciascun settore (Pubblicazioni e Link utili) consentono di approfondire i temi di interesse.

La posizione dell’Italia in Europa, un quadro di sintesi
Negli ultimi anni, per molti degli indicatori presentati in Noi Italia, si sono conseguiti progressi importanti a livello nazionale. Questi risultati, tuttavia, non si sono sempre tradotti nel miglioramento della posizione dell’Italia nel contesto europeo, soprattutto rispetto ai principali partner. Nella maggioranza dei casi, la comparazione mostra ancora l’Italia sistematicamente collocata al di sotto della media europea, a meno di qualche apprezzabile eccezione. Permangono divari importanti riguardo alla performance del sistema produttivo nel suo complesso e si rilevano, tra le altre, debolezze nell’ambito dell’economia della conoscenza, della formazione e nel mercato del lavoro.

L’Italia occupa però una posizione di primo piano in tema di eccellenze agroalimentari, con il maggior numero di riconoscimenti Dop, Igp e Stg assegnati dall’Unione europea. Importante fattore di competitività delle realtà agricole locali, i prodotti di qualità contribuiscono inoltre al mantenimento e al rafforzamento degli insediamenti umani e dell’attività agricola delle aree interne.

L’attenzione alla tutela dell’ambiente è, in generale, un altro ambito in cui l’Italia occupa una posizione in linea o leggermente più favorevole rispetto alla media dell’Unione. I progressi più importanti si sono raggiunti in tema di strategia europea per la promozione di una crescita economica sostenibile, nell’area dei cambiamenti climatici e dell’energia: la riduzione delle emissioni di gas serra è sostanzialmente in linea con quanto realizzato a livello europeo.

Il nostro Paese mostra miglioramenti di rilievo, che si riflettono in posizioni al di sopra della media europea, anche nel campo della salute e del welfare: nonostante la spesa sanitaria pubblica italiana sia inferiore a quella di importanti paesi partner, gli indicatori di mortalità (infantile, per tumori e per malattie circolatorie) continuano, infatti, a contrarsi e si mantengono più bassi della media europea. Tra gli indicatori sugli stili di vita l’Italia presenta la percentuale più bassa di adulti in eccesso di peso, mentre la diffusione dell’abitudine al fumo vede il nostro Paese in una posizione centrale. L’Italia si conferma del resto tra i paesi europei più longevi, sia per gli uomini sia per le donne. Gli altri indicatori demografici mettono in luce, tuttavia, un quadro di scarsa dinamicità, con un indice di vecchiaia secondo solo a quello della Germania, un indice di dipendenza tra i più alti, un tasso di crescita naturale negativo e peggiore della media europea e una fecondità tra le più basse, con un valore ben inferiore alla soglia del ricambio generazionale. La posizione nazionale risulta debole in tema di Istruzione e mercato del lavoro, tuttavia non sono stati in grado di colmare i divari preesistenti nei confronti dei partner europei. La strategia Europa 2020 fissa diversi obiettivi relativamente a questi ambiti e negli ultimi anni alcuni di questi sono stati raggiunti. La quota di giovani che abbandonano precocemente gli studi in Italia ha superato già nel 2014 l’obiettivo nazionale del 16% fissato per il 2020 e nel 2016 la percentuale è ulteriormente scesa: il tasso di abbandono scolastico rimane però superiore alla media Ue. Nel 2016 il 26,2% delle persone di 30-34 anni ha conseguito un titolo di studio universitario, in linea con quanto stabilito come obiettivo per l’Italia, ma lontano dal 40% fissato per la media europea; inoltre il nostro Paese si colloca in ultima posizione rispetto ai partner europei. La strategia europea include tra i suoi obiettivi l’aumento del tasso di occupazione, con la raccomandazione di un’ampia partecipazione delle donne e delle persone di 50 anni e più. Nonostante il miglioramento dell’ultimo anno, l’Italia è ancora lontana dal raggiungimento dell’obiettivo nazionale oltre che distante dalla media europea, confermando anche la presenza di un elevato squilibrio di genere. Tra gli Stati membri più grandi, la Germania ha raggiunto l’obiettivo già dal 2013.
Come anticipato, anche con riguardo all’ambito dell’economia della conoscenza e all’innovazione emergono elementi di criticità. La spesa in R&S in rapporto al Pil si sta avvicinando all’obiettivo nazionale per il 2020 (1,53%), ma il progresso è ancora insufficiente a ridurre la distanza con gli altri principali paesi europei. Ritardi rispetto alla media europea contraddistinguono anche la formazione e l’occupazione di persone con alta professionalità tecnico-scientifica, mentre famiglie e imprese italiane rimangono lontane dai paesi più evoluti nell’utilizzo del web. L’attività innovativa delle imprese appare, tuttavia, sostanzialmente in linea con la media europea.

Di seguito una selezione degli aggiornamenti di questa edizione.

POPOLAZIONE E SOCIETA’
Popolazione
Nel 2015 l’Italia si conferma il quarto paese europeo per importanza demografica dopo Germania, Francia e Regno Unito. Il Mezzogiorno continua a essere l’area più popolata anche se è quella cresciuta meno nell’ultimo decennio. Oltre un terzo della popolazione italiana è concentrata in tre regioni: Lombardia, Lazio e Campania.

Continuano a crescere l’indice di vecchiaia e quello di dipendenza: al 1° gennaio 2016 ci sono 161,4 anziani ogni cento giovani e 55,5 persone in età non lavorativa ogni cento in età lavorativa. In ambito europeo, l’Italia si conferma al 2° posto dopo la Germania per l’indice di vecchiaia (157,7 e 159,9% nel 2015) e al 5° posto dopo Francia, Svezia, Finlandia e Danimarca per l’indice di dipendenza (55,1% in Italia, 52,6 la media dell’Unione nel 2015).
La dinamica migratoria è sempre positiva nel 2015, ma in rallentamento per il terzo anno consecutivo; restano stabili le iscrizioni dall’estero, ma aumentano le cancellazioni verso l’estero (coloro che lasciano il nostro Paese, di cittadinanza italiana o no).
La speranza di vita alla nascita della popolazione residente è stimata in 80,6 anni per gli uomini e 85,1 per le donne nel 2016, in aumento dopo l’eccezionale decremento dell’anno precedente. A livello europeo l’Italia si colloca al 4° posto per entrambi i generi (dati 2014).
Continua a diminuire il numero medio di figli per donna: secondo le stime più recenti, nel 2016 si attesta a 1,34 (1,35 nel 2015), mentre occorrerebbero circa 2,1 figli per garantire il ricambio generazionale. L’età media della madre, 31,7 anni il dato stimato per il 2016, aumenta di quasi un anno dal 2004 e le regioni del Mezzogiorno si confermano, in media, quelle con le madri più giovani. Nella graduatoria europea della fecondità, il nostro Paese è al 23° posto, solo Francia e Irlanda presentano valori di poco inferiori alla soglia di ricambio generazionale (rispettivamente 2,0 e 1,9%, dati 2014).

Con 3,2 matrimoni ogni mille abitanti, l’Italia rimane uno dei paesi dell’Ue in cui ci si sposa meno, soltanto Portogallo e Lussemburgo hanno un quoziente di nuzialità più basso. Nel corso del 2015 in tutte le regioni la nuzialità è stabile o in ripresa (fanno eccezione Puglia e Molise); il Mezzogiorno si conferma la ripartizione con la nuzialità più alta, il Nord-ovest quella con meno matrimoni rispetto alla popolazione.
Nel 2015 in Italia l’incidenza di divorzi è aumentata sensibilmente (13,6 ogni 10mila abitanti da 8,6 nel 2014) anche per effetto dell’entrata in vigore della legge sul “divorzio breve”. Per le separazioni è in atto una convergenza negli ultimi dieci anni tra le varie aree del Paese (15,4 ogni 10mila abitanti nel Centro-Nord e 14,5 nel Mezzogiorno), mentre il divario rimane ancora evidente per i divorzi (rispettivamente 15,7 e 9,5). Nel confronto europeo riferito al 2014, il nostro Paese si caratterizza per una quota di divorzi molto esigua, superiore solo a quella di Malta e Irlanda.

Stranieri
All’inizio del 2016 risiedono in Italia oltre 5 milioni di cittadini stranieri (0,2% in più rispetto all’anno precedente) che rappresentano l’8,3% del totale dei residenti. Nel confronto europeo relativo al 2015, il nostro Paese presenta una incidenza più elevata della media Ue e si colloca all’11° posto, subito dopo il Regno Unito (8,4%) e la Germania (9,3%) e prima della Francia (6,6%).
Alla stessa data sono regolarmente presenti quasi 4 milioni di cittadini non comunitari (vale a dire gli stranieri non comunitari in possesso di valido documento di soggiorno e gli iscritti sul permesso di un familiare). Dal 2011 il flusso in ingresso di cittadini non comunitari verso il nostro Paese è in flessione: nel corso del 2015 i nuovi permessi rilasciati sono stati il 3,8% in meno rispetto all’anno precedente. La riduzione dei nuovi ingressi ha riguardato soprattutto il Centro e il Mezzogiorno.
Nel mercato del lavoro si riducono i divari tra italiani e stranieri: nel 2015 il tasso di occupazione (20-64 anni) degli stranieri si attesta al 62,4% contro il 60,3% degli italiani. Nell’Unione europea la quota di stranieri occupati è in media leggermente più elevata (63,8%). Il tasso di disoccupazione in Italia diminuisce per entrambe le componenti, ma rimane più elevato per gli stranieri (16,2% contro 11,4% degli italiani).
Il livello di istruzione degli stranieri è inferiore a quello degli italiani. Nel 2015 tra le persone di 15-64 anni la metà degli stranieri ha al massimo la licenza media, il 39,2% ha un diploma di scuola superiore e il 10,8% una laurea (tra gli italiani il 16,0%).
Cultura e tempo libero
Nel 2015 le famiglie italiane hanno destinato a consumi culturali e ricreativi il 6,7% della loro spesa, un valore decisamente inferiore alla media Ue28 (8,5%) e superiore solo a quelli di Lussemburgo, Cipro, Irlanda, Portogallo, Romania e Grecia.
Nel 2016 diminuiscono sia la quota di persone che leggono quotidiani (43,9%, dal massimo di 58,3% del 2006 e da 47,1% del 2015) sia quella di chi legge libri (40,5%, dal 42,0% del 2015). La lettura rimane prerogativa soprattutto dei giovani e delle donne. A livello territoriale tutte le regioni del Mezzogiorno presentano valori inferiori al dato nazionale a eccezione della Sardegna.
Si conferma in aumento l’utilizzo del web per la lettura di notizie, giornali o riviste; tra i giovani di 20-24 anni il 53,9% va su Internet a questo scopo. Su scala europea l’Italia occupa però l’ultima posizione insieme alla Romania.

Nel 2016 l’8,4% della popolazione di 6 anni e più legge online e scarica dal web libri, quota che sale a poco meno del 20% tra i giovani di 18-24 anni. Questa forma di fruizione culturale è più diffusa nel Nord-ovest. Il Mezzogiorno è l’unica ripartizione dove si registra una diminuzione rispetto al 2015.
Continua a crescere la partecipazione culturale. Nel 2016 sono aumentate le persone che vanno al cinema (oltre il 50% della popolazione) e a concerti di musica diversa da quella classica. La fruizione di spettacoli o intrattenimenti fuori casa è più diffusa tra gli 11-24enni. A livello territoriale il divario tra Centro-Nord e Mezzogiorno è molto rilevante nel caso di visite a musei e monumenti mentre si attenua per la partecipazione a spettacoli sportivi e cinematografici.
La propensione alla pratica sportiva è in crescita nel 2016, ma riguarda ancora poco più di un terzo della popolazione (più gli uomini che le donne); circa un quarto dei praticanti vi si dedica in modo continuativo. La quota più elevata di sedentari si riscontra nel Mezzogiorno (25,7%).

Criminalità e sicurezza

Nel 2015 i reati sono in calo rispetto all’anno precedente. A diminuire sono in particolare gli omicidi volontari (0,77 per 100mila abitanti da 0,78 del 2014), i furti denunciati, soprattutto quelli in appartamento (386,5 per 100mila abitanti da 420,9) e le rapine (57,7 per 100mila abitanti da 64.5). Persistono le differenze territoriali: l’incidenza maggiore di omicidi continua a registrarsi in Calabria, la Campania si conferma la regione con il valore massimo di rapine mentre il Centro-Nord presenta i tassi più elevati per i furti denunciati (2.715,7 per 100mila abitanti, circa 1.826 nel Mezzogiorno). Nel confronto europeo, con 0,78 omicidi volontari commessi per 100mila abitanti, l’Italia è in 23ma posizione, sotto la media europea, seguita solo da Polonia, Paesi Bassi, Lussemburgo, Spagna e Austria (dati 2014). Su 10 vittime di omicidio tre sono di sesso femminile: nella metà dei casi l’assassino è il partner o l’ex partner (dati 2015). A livello territoriale, il Nord-est presenta la percentuale più alta di vittime fra le donne. Nel confronto con i paesi europei l’Italia si conferma in una posizione intermedia. Il sovraffollamento delle carceri è in netta diminuzione per il maggior ricorso a misure alternative alla detenzione (86 detenuti per 100mila abitanti nel 2015). In ambito europeo, l’Italia si posiziona sotto la media europea per il tasso di detenzione e tra i 10 paesi con una presenza proporzionalmente minore di detenuti (dati 2014). Il rischio criminalità si conferma uno dei problemi maggiormente sentiti dai cittadini, ma nel 2016 diminuisce la quota di famiglie italiane che percepiscono un elevato rischio di criminalità nella zona in cui vivono (38,9% da 41,1% del 2015).

Condizioni economiche delle famiglie

In Italia la diseguaglianza, misurata in termini di concentrazione del reddito, è più elevata in Sicilia e più bassa nelle regioni del Nord-est. Nel confronto con i paesi dell’Ue, nella graduatoria in ordine decrescente riferita al 2015, l’indice di concentrazione colloca l’Italia al decimo posto (0,324) insieme al Regno Unito, con un valore poco più elevato di quello medio europeo (0,310).

Nel 2015 in Italia l’11,5% degli individui vive in condizioni di grave deprivazione. Il nostro Paese supera di 3,4 punti percentuali la media europea attestandosi al 9° posto tra i paesi con i valori più elevati. Nel 2016 la quota di persone soddisfatte per la propria situazione economica (50,5%) risulta in aumento per il terzo anno consecutivo; a crescere sono soprattutto coloro che si dichiarano “abbastanza soddisfatti”. Il livello di soddisfazione per la situazione economica aumenta in tutte le ripartizioni ma è il Centro-Nord a registrare l’aumento più consistente sul 2015 (da 52,7% a 56,4% ).

ISTRUZIONE E LAVORO
Istruzione

La spesa pubblica in istruzione incide sul Pil per il 4,1% a livello nazionale, valore più basso di quello medio europeo (4,9%) tanto che l’Italia occupa il quartultimo posto. La spesa pubblica per consumi finali in istruzione ha invece una incidenza del 3,6%, raggiunge il 6,0% nel Mezzogiorno – dove è più numerosa la popolazione in età scolare – e scende al 2,9% nel Centro- Nord. Prosegue il miglioramento del livello di istruzione degli adulti. La quota di 25-64enni che hanno conseguito al massimo la licenza media è scesa dal 51,8% del 2004 al 40,3% del 2016 ma sfiora il 50% nel Mezzogiorno (48,6%). L’Italia risulta quartultima nella graduatoria delle persone di 25-64 anni con livello di istruzione non elevato, con una incidenza quasi doppia rispetto all’Ue28 (rispettivamente 40,1% e 23,5%, dati 2015). Nel 2016 la quota di giovani che abbandonano precocemente gli studi è scesa al 13,8% in Italia (16,1% tra gli uomini e 11,3% tra le donne), superando l’obiettivo nazionale del 16% fissato dalla Strategia Europa 2020. L’Italia occupa il quartultimo posto nella graduatoria europea (14,7% contro una media Ue28 dell’11,0% nel 2015), solo Romania, Malta e Spagna registrano percentuali più elevate.

Sono oltre 2,2 milioni (24,3% della relativa popolazione) i giovani di 15-29 anni che nel 2016 non sono inseriti in un percorso scolastico e/o formativo e non sono impegnati in un’attività lavorativa, in leggero calo per il secondo anno consecutivo. L’incidenza è più elevata tra le donne e nel Mezzogiorno. Nel confronto europeo l’Italia si attesta al primo posto, con la quota più elevata (dati 2015). Il 26,2% dei 30-34enni ha conseguito un titolo di studio universitario nel 2016, valore in linea con quanto stabilito dalla stessa Strategia europea come obiettivo per l’Italia, ma lontano dal 40% fissato per la media europea. In Europa il nostro Paese continua a ricoprire l’ultima posizione (25,3% contro 38,7% della media Ue28, dati 2015). L’apprendimento permanente durante l’arco della vita, fattore decisivo per l’integrazione nel mercato del lavoro, interessa nel 2016 l’8,3% degli italiani tra i 25 e i 64 anni, valore in aumento ma ancora sotto la media europea (10,7% nei dati 2015).

Mercato del lavoro
Nel 2016 risultano occupate oltre 6 persone di 20-64 anni su 10 (61,6%), ma è forte lo squilibrio di genere a sfavore delle donne (71,7% gli uomini occupati, 51,6% le donne) come il divario territoriale tra Centro-Nord e Mezzogiorno (nell’ordine 69,4% e 47,0%). Nella graduatoria europea relativa al 2015 solo la Grecia ha un tasso di occupazione inferiore a quello italiano, mentre la Svezia registra il valore più elevato (80,5%).
L’incidenza del lavoro a termine nel 2016 si conferma invariata al 14,0%, più alta nelle regioni meridionali (18,3%) rispetto al Centro-Nord (12,5%). Cresce con minore intensità la quota di occupati a tempo parziale (18,8%), con una distribuzione piuttosto uniforme sul territorio nazionale. In Europa questa modalità di occupazione è diffusa soprattutto nei paesi nord-occidentali (50,7% l’incidenza nei Paesi Bassi nel 2015), mentre lo è poco nei paesi dell’Est di più recente adesione all’Unione.

Nel 2016 il tasso di disoccupazione scende di 0,2 punti rispetto al 2015, attestandosi all’11,7%, soprattutto per la riduzione della componente maschile. Rimangono forti le differenze territoriali: nel Mezzogiorno è in cerca di lavoro quasi una persona su cinque. Nella graduatoria europea decrescente, l’Italia è al 6° posto (dati 2015).
Il tasso di disoccupazione dei giovani di 15-24 anni scende al 37,8% nel 2016, 2,6 punti percentuali in meno rispetto a un anno prima. Il livello massimo si registra nel Mezzogiorno (51,7%), soprattutto in Calabria, dove arriva al 58,7%, e fra le ragazze (54,4%). Nell’Ue, la condizione dei 15-24enni rimane particolarmente critica in Grecia, Spagna e Croazia, paesi che insieme al nostro presentano valori dell’indicatore all’incirca doppi rispetto a quello medio europeo (20,4%, dati 2015).

Il tasso di mancata partecipazione, che tiene conto di quanti sono disponibili a lavorare pur non cercando attivamente lavoro, si attesta al 21,6% nel 2016, in calo per il secondo anno consecutivo. La riduzione è diffusa a tutte le regioni a eccezione di Liguria e Sicilia, ma il valore del Mezzogiorno rimane più che doppio rispetto a quello del Centro-Nord. Il divario tra Italia e la media Ue supera i nove punti (22,5% in Italia; 12,7% nell’Ue), ma risulta di oltre 13 punti per la componente femminile (dati 2015).

SALUTE E WELFARE
Sanità e salute

Nel 2014 la spesa sanitaria pubblica italiana si attesta intorno ai 2.400 dollari pro capite a fronte degli oltre 3.000 spesi in Francia e dei 4.000 in Germania (fonte Ocse). Le famiglie italiane hanno contribuito alla spesa sanitaria complessiva per il 23,3%, la quota è in leggero aumento. In Italia i decessi per tumori e malattie del sistema circolatorio sono stati rispettivamente 25,8 e 31,0 ogni 10mila abitanti nel 2014. Nel Mezzogiorno la mortalità per tumori si conferma inferiore alla media nazionale, mentre quella per malattie del sistema circolatorio è più elevata. La mortalità per queste cause è in continua diminuzione e inferiore alla media europea (27,4% e 38,3% dati 2013). Il tasso di mortalità infantile, importante indicatore del livello di sviluppo e benessere di un paese, continua a diminuire, nel 2014 in Italia è di 2,8 per mille nati vivi, tra i valori più bassi in Europa.

Protezione sociale
In Italia la spesa per la protezione sociale nel 2014 è il 30% del Pil e il suo ammontare per abitante sfiora gli 8 mila euro l’anno. Sia in termini pro capite sia di quota sul Pil il nostro Paese presenta valori superiori alla media dell’Ue. La spesa per prestazioni sociali (19,3% del Pil nel 2014; quasi 5.155 euro pro capite) è solo in parte coperta dai contributi sociali (14,1% del Pil): l’indice di copertura previdenziale risulta infatti inferiore a 100, anche se in lieve aumento rispetto all’anno precedente. Rispetto al 2013 è aumentata ancora l’incidenza sul Pil della spesa per le pensioni (17,0%).

INDUSTRIA E SERVIZI
Turismo

Nel 2015 si contano in Italia 167.718 esercizi ricettivi con più di 4,8 milioni di posti letto, in crescita rispettivamente del 5,9% e dello 0,6% rispetto al 2014. L’offerta italiana è superiore a quelle di Germania, Spagna e Francia, ma inferiore, tra le altre, all’offerta di Croazia, Austria e Grecia. Nel complesso degli esercizi ricettivi le presenze sono state circa 393 milioni, il 4% in più rispetto al 2014: l’Expo Milano 2015 ha prodotto una impennata delle presenze a Milano e dintorni. La durata media del soggiorno nelle strutture ricettive continua invece a diminuire attestandosi a 3,5 notti. Tutte le regioni del Nord-est si collocano al di sopra della media nazionale per numero medio di notti trascorse dai clienti negli esercizi ricettivi, insieme a Marche e Toscana nel Centro (5,2 e 3,5 notti). Il nostro Paese presenta valori superiori alla media dell’Ue28 (2,94 notti), preceduta in graduatoria da Spagna, Grecia, Danimarca, Croazia, Malta e Cipro.

Strutture produttive
Gli effetti della crisi economica si riflettono in un calo del numero delle imprese (scese nel 2014 a poco meno di 61 ogni mille abitanti), ma il nostro Paese si conferma tra i primi in Europa per densità di attività produttive. I principali partner (Francia, Germania e Spagna) presentano valori più bassi, mentre otto paesi (Repubblica Ceca, Portogallo, Slovacchia, Svezia, Grecia, Slovenia, Paesi Bassi e Malta) hanno un numero di imprese per mille abitanti più elevato. La dimensione media delle imprese italiane, pari a 3,8 addetti, è di gran lunga inferiore al valore medio europeo (5,8). Sotto il profilo territoriale, il numero di dipendenti si conferma più basso nel Mezzogiorno (2,8).

Il tasso di imprenditorialità – calcolato come rapporto tra numero di lavoratori indipendenti e totale dei lavoratori delle imprese – nel 2014 si attesta al 29,8% e fra i paesi dell’Unione europea risulta secondo solo alla Grecia; tra le maggiori economie dell’area, Germania e Francia presentano quote decisamente più contenute (9,1 e 10,2%). Sul territorio nazionale, la propensione all’imprenditorialità si conferma maggiore nel Mezzogiorno (37,6%) rispetto al Centro-Nord (27,9%). Si è interrotta la perdita di competitività delle imprese italiane che ha caratterizzato il biennio 2012-2013; nel 2014 le imprese italiane hanno prodotto mediamente circa 125 euro di valore aggiunto per addetto ogni 100 euro di costo del lavoro unitario. Le regioni del Nord-ovest fanno registrare i livelli di competitività più elevati, mentre il Mezzogiorno registra valori inferiori alla media nazionale. L’analisi a livello europeo mette in risalto la situazione di sofferenza delle imprese italiane, al terzultimo posto della graduatoria nel 2013: una competitività inferiore caratterizza solo le imprese di Francia e Grecia.

Infrastrutture e trasporti
Nel 2015 la rete autostradale italiana si estende per 6.943 km e rappresenta poco più del 9% di quella europea, con un leggero aumento nell’ultimo anno in rapporto alle autovetture registrate (1,86 Km per 10 mila vetture). L’Italia è tra i paesi dell’Unione a più bassa intensità autostradale, ben lontana dai valori di Spagna, Francia e Germania.

Nel 2015 il trasporto di merci su strada ha sviluppato un traffico di poco inferiore a 117 miliardi di tonnellate-km (t-km), in calo dello 0,8% rispetto al 2014. Il volume di traffico italiano, pari a 19,3 milioni di t-km per 10mila abitanti, è inferiore a quello di tutti i principali partner dell’area dell’euro e si pone tra i più bassi nell’Ue. Nel 2015 l’Italia dispone di una rete ferroviaria pari a 27,5 km ogni 100mila abitanti, con una disponibilità sostanzialmente analoga nel Centro-Nord e nel Mezzogiorno. In ambito europeo, il nostro è tra i paesi con estensione al di sotto della media, seguito solo da Regno Unito, Portogallo, Grecia e Paesi Bassi.

Il tasso di motorizzazione nel 2015 si conferma in forte ripresa (circa 616 autovetture ogni mille abitanti), dopo la flessione del 2013 (608,1 vetture, da oltre 621 del 2012). Il Centro si conferma la ripartizione con il valore più elevato. Nel confronto europeo l’Italia è di gran lunga uno dei paesi più motorizzati, preceduta solo da Lussemburgo e Malta.
Nel 2015 le vittime della strada (56,4 ogni milione di abitanti) risultano in aumento per la prima volta dal 2001. La mortalità stradale presenta differenze territoriali significative, con sette regioni che registrano tassi inferiori alla media nazionale. In Italia il numero dei decessi per incidente stradale si conferma superiore a quello medio europeo e in confronto ai principali partner.

Malta e Cipro si confermano i primi paesi nell’Ue per traffico aereo di passeggeri in rapporto alla popolazione nel 2015, mentre il nostro Paese è tra quelli a media intensità. Lazio e Lombardia rappresentano più della metà del trasporto passeggeri sui voli aerei in Italia.
Nel 2016 l’87,9% degli occupati e il 72,8% degli studenti utilizzano un mezzo di trasporto per recarsi al luogo di lavoro o studio, privilegiando l’automobile. Nel Mezzogiorno c’è una maggiore propensione a spostarsi a piedi, mentre nel Nord-est è più frequente l’uso dei mezzi di trasporto, sia per gli occupati sia per gli studenti.

Scienza, tecnologia e innovazione
Nel 2014 la spesa per ricerca e sviluppo in Italia aumenta sia in termini assoluti sia in rapporto al Pil (1,38%); il valore è inferiore a quello medio europeo (2,04%), ancora distante dall’obiettivo nazionale della Strategia Europa 2020 (1,53%) e dal target europeo del 3%.
Nel 2016 il 92,4% delle imprese italiane con almeno 10 addetti si connette a Internet tramite la banda larga, un valore in linea con la media Ue, ma ancora distante da quello dei paesi europei di testa come Slovenia e Danimarca (99 e 98%). A livello regionale le imprese attive nelle Marche e in Calabria sono in maggiore ritardo rispetto alla media, quelle del Nord-est in vantaggio.

Nel 2014 i laureati in discipline tecnico-scientifiche sono 13,6 ogni mille residenti tra i 20 e i 29 anni, valore inferiore di oltre 5 punti percentuali alla media europea (18,7). In ambito nazionale, il distacco del Mezzogiorno è forte e in crescita (-4,6 punti rispetto al dato nazionale).

Nel 2016 il 63,2% della popolazione italiana di 6 anni e più utilizza il web e il 44,6% si connette quotidianamente. La totalità delle regioni del Centro-Nord ha livelli di uso del web superiori al valore nazionale, nel Mezzogiorno la quota scende invece al 55,8%. L’Italia occupa la terzultima posizione nella graduatoria europea degli utenti (76% la media Ue nel 2015), solo Bulgaria e Romania registrano una quota più contenuta.
Poco meno di sette famiglie su dieci nel 2016 si connettono tramite la banda larga; il Mezzogiorno, e in particolare la Calabria (58,8%), si trovano in posizione svantaggiata. Nel confronto europeo, la quota di famiglie italiane è inferiore alla media (80% nel 2015), mentre i valori più elevati si registrano nel nord Europa.

AMBIENTE E AGRICOLTURA
Territorio

L’Italia si conferma tra i paesi più densamente popolati dell’Unione europea: nel 2015 la densità della popolazione è di 201 abitanti per Km2, con un aumento di quasi nove abitanti dal 2005.
Nel 2016 le aree protette comprese nella Rete Natura 2000 coprono il 19,3% della superficie nazionale, collocando l’Italia al di sopra della media Ue (18,1%). Oltre un quinto del territorio del Mezzogiorno è compreso in questa rete; Sicilia e Sardegna presentano i valori regionali più alti, con oltre 4.500 chilometri quadrati per ciascuna regione.

Ambiente
Nel 2015 continua il calo nella produzione di rifiuti urbani: 486,2 kg per abitante, quasi due in meno rispetto all’anno precedente. A livello territoriale, le maggiori quantità di rifiuti urbani si raccolgono nel Centro Italia; Emilia-Romagna e Toscana sono i primi produttori, con livelli oltre i 600 kg e ancora in crescita nel 2015. Prosegue la riduzione di rifiuti raccolti e smaltiti in discarica: nel 2015 sono 128,7 kg per abitante, quasi 25 in meno rispetto al 2014. I progressi più importanti si registrano per la provincia autonoma di Bolzano, la Lombardia e il Friuli-Venezia Giulia. La situazione di maggiore criticità si ha in Sicilia, con oltre l’80% di rifiuti urbani conferiti in discarica. Nel contesto europeo, l’Italia si colloca poco sopra la media sia per i rifiuti raccolti sia per quelli smaltiti in discarica (rispettivamente 474 e 132kg per l’Ue). La raccolta differenziata, fattore strategico per la corretta gestione dei rifiuti, nel 2015 ha superato, con il 47,5%, l’obiettivo del 45% previsto dalla normativa nazionale per il 2008. Nella raccolta differenziata esiste ancora un forte divario tra Nord, Centro e Sud. Le performance migliori sono quelle della provincia autonoma di Trento e del Veneto, dove si supera il 65%, obiettivo previsto per il 2012. Con il 12,8% la Sicilia si conferma la più lontana dai target europei. Nel secondo periodo d’impegno del protocollo di Kyoto (2013-2020), i paesi dell’area Ue28 hanno l’obiettivo di ridurre le emissioni collettive del 20% rispetto al livello del 1990. Tra il 1990 e il 2014 l’Italia ha ridotto le emissioni dei gas serra del 19,8%; in media Ue la diminuzione complessiva è stata del 24,4%. Nel 2015 sono 5.518 le aree adibite alla balneazione in Italia, rappresentate dalle acque marino-costiere, di transizione e interne superficiali,. Rispetto agli anni precedenti si riscontra un leggero aumento delle acque con qualità eccellente. A livello europeo, l’Italia è il paese con il maggior numero di acque di balneazione, ossia circa 1/4 delle acque totali, seguito a distanza da Francia (3.355), Germania (2.292) e Spagna (2.189).

Agricoltura

Nel 2015 la distribuzione di fertilizzanti semplici per uso agricolo si mantiene stabile (0,1 tonnellate per ettaro di superficie agricola utilizzata), mentre aumenta quella di principi attivi per ettaro di SAU (5,1 kg per ettaro di SAU). I prodotti agroalimentari di qualità si confermano una componente significativa del comparto agroalimentare italiano e il nostro Paese registra anche nel 2015 il numero di certificazioni più elevato a livello comunitario (278). I prodotti agroalimentari di qualità italiani coprono oltre un quarto del totale (27,5%) dei riconoscimenti Dop, il 17,4% dei riconoscimenti Igp e il 3,8% di quelli Stg rilasciati dalla Unione europea. L’agriturismo conferma la tendenza strutturale alla crescita: tra il 2005 e il 2015 le aziende agrituristiche sono aumentate del 45,1%, poco più del 36% è gestito da donne.

Energia

Nel 2015 si assiste a una inversione di tendenza sia dei consumi elettrici sia della produzione lorda di energia elettrica, che crescono rispettivamente del 2% e dell’1,1% rispetto al 2014, interrompendo dunque l’andamento negativo in essere dal 2012. I consumi elettrici per abitante risultano inferiori alla media nazionale in tutte le regioni del Mezzogiorno a eccezione della Sardegna. Per il nostro Paese entrambi gli indicatori energetici risultano inferiori alla media europea e a quelli degli altri paesi di grandi dimensioni (dati 2014). Nel 2015 è diminuita la produzione lorda elettrica da fonti rinnovabili e la sua incidenza sul consumo interno lordo di energia elettrica (33,2% contro 37,3% del 2014). Sul territorio, la produzione di energia elettrica da fonti rinnovabili si conferma in quantità nettamente superiore alla richiesta interna in Valle d’Aosta e nelle province autonome di Trento e Bolzano. Con una quota del 33,4%, l’Italia si posiziona sopra la media Ue per consumi di energia elettrica generata da fonti rinnovabili (27,5% nel 2014).

ECONOMIA E FINANZA PUBBLICA

Macroeconomia
Nel 2015 il Pil pro capite italiano, valutato ai prezzi di mercato, è aumentato dello 0,8% in termini reali rispetto all’anno precedente, ma risulta ancora inferiore a quello del 2012. Misurato in standard di potere d’acquisto (per un confronto depurato dai differenti livelli dei prezzi nei vari paesi), il Pil pro capite dell’Italia risulta inferiore del 4,5% rispetto a quello medio dell’Ue, più basso di quello riferito a Germania e Francia (rispettivamente del 23,6 e 9,2%) e superiore del 5% al prodotto interno lordo spagnolo pro capite.

La quota dei consumi italiani sul Pil si attesta al 79,9% nel 2015, mantenendosi più elevata rispetto alla media dei 28 paesi Ue (76,9%) e ai principali paesi dell’area. L’incidenza degli investimenti è poco meno del 17%, in questo caso inferiore alla media europea. Tra il 2010 e il 2015 la produttività del lavoro italiana è aumentata dell’1,1%, un ritmo decisamente inferiore a quello medio europeo (+5,1%) e dei principali paesi. Nel 2016 l’inflazione è risultata negativa per la prima volta dal 1959. A livello territoriale i prezzi al consumo nel Nord-ovest e nel Centro segnano una diminuzione in linea con il dato nazionale, mentre rimangono invariati nel Nord-est e nel Mezzogiorno. A livello europeo, l’Italia è tra i 10 paesi che registrano tassi negativi, a fronte di una crescita dello 0,3% per la media Ue. Nel 2015 i prezzi delle abitazioni crescono in gran parte dei paesi europei, con un parziale ridimensionamento dei precedenti squilibri. Pur rimanendo fra i quattro paesi con flessioni dei prezzi, in Italia la caduta si è attenuata (-2,6%).

Finanza pubblica

Nel 2016 in Italia l’indebitamento netto in rapporto al Pil è stato pari al -2,4% (-2,7% e -3,0% rispettivamente nel 2015 e nel 2014); il saldo primario (indebitamento netto meno spesa per interessi) è in lieve aumento rispetto al 2015, con una incidenza sul Pil dell’1,5%. Nel confronto europeo, sui dati di indebitamento relativi al 2015 l’Italia risulta allineata alla media dell’Ue. L’Italia si conferma tra i paesi dell’Ue con un elevato rapporto debito/Pil, salito nel 2016 al 132,6% (6 decimi di punto percentuale in più sull’anno precedente). Nel confronto europeo il valore del nostro Paese è inferiore solo a quello della Grecia (dati 2015). Nel 2016 la pressione fiscale in Italia scende al 42,9%, in riduzione di 0,7 punti percentuali dal massimo del biennio 2012-2013. Il nostro Paese è fra i paesi con i valori più elevati, superato, tra i maggiori partner, solo dalla Francia (dati 2015).
La pubblica amministrazione italiana ha speso nel 2015 circa 13,6 mila euro per abitante, un valore sostanzialmente in linea con quello medio dell’Ue. Tra le grandi economie dell’Unione, Germania, Regno Unito e Francia presentano livelli più elevati, mentre la Spagna spende meno dell’Italia.