Nella mattinata di Mercoledì 28 maggio presso la Sala della Regina di Palazzo Montecitorio si è tenuta la presentazione del Rapporto annuale 2014 – La situazione del Paese.
Il Rapporto annuale dell’Istat, giunto alla ventiduesima edizione, sviluppa una riflessione documentata sulle trasformazioni che interessano economia e società italiana, integrando le informazioni prodotte dall’Istat e dal Sistema statistico nazionale.
Quest’anno il Rapporto viene presentato alla vigilia del semestre italiano di presidenza in una fase di ripresa congiunturale, ma anche di perdurante difficoltà del sistema paese sotto il profilo sia economico sia sociale. In tale contesto, l’obiettivo del Rapporto è di documentare gli effetti economici e sociali della crisi e al tempo stesso di individuare le potenzialità del Paese delineando possibili scenari per il futuro.
L’attenzione è focalizzata sulle sfide con cui si dovranno confrontare l’economia e la società italiana per intraprendere il percorso di ripresa atteso a partire dal 2014. Tra queste, la correzione degli squilibri economici e sociali accumulatisi prima della crisi e di quelli resi più evidenti o sorti durante la crisi con particolare riguardo alla capacità competitiva del sistema, alla situazione del mercato del lavoro e delle famiglie, ai divari territoriali.
Alla puntuale descrizione delle dinamiche economiche e sociali si accompagna l’analisi di temi di rilievo che riguardano sia le imprese sia le famiglie.
Infine, si propongono alcuni scenari utili per la definizione di politiche che possano sostenere la ripresa. In particolare vengono analizzate le condizioni della finanza pubblica e l’impatto redistributivo del bilancio pubblico.
Dal 2011, spiega l’Istat nel rapporto annuale sono state varate manovre per un totale di 182 miliardi ma ”gli effetti sul miglioramento dei conti pubblici sono stati in gran parte limitati dal cattivo andamento dell’economia, che ha raffreddato in particolare la dinamica delle entrate”, riconoscendo anche che “la dimensione delle manovre fiscali attuate complessivamente in Italia dal 2010 è stata notevole (pari a -15 miliardi per il 2011, a -75 miliardi per il 2012 e a -92 miliardi per il 2013)”.
Secondo l’istituto di statistica “gli effetti sul miglioramento dei conti pubblici sono stati in gran parte limitati dal cattivo andamento dell’economia, che ha raffreddato in particolare la dinamica delle entrate”. ”La dinamica delle spese, meno sensibili al ciclo economico rispetto alle entrate – conclude l’Istat – ha registrato andamenti coerenti con gli obiettivi risultando sostanzialmente stabile tra il 2010 e il 2013, in seguito alla riduzione soprattutto della spesa per il personale (-7,9 miliardi), degli investimenti fissi lordi (-6,6 miliardi) e dei consumi intermedi (-3,3 miliardi) e nonostante l’aumento della spesa per interessi”.
Durante la crisi l’aumento del rapporto debito/Pil in Italia e’ stato determinato principalmente dalla spesa per interessi e dalla bassa crescita economica, controbilanciando gli effetti delle manovre fiscali. Tra i paesi dell’Unione europea, gli interventi discrezionali hanno contribuito al contenimento della dinamica del rapporto debito/Pil solo in due casi: in Italia, dove le severe manovre di bilancio hanno favorito, nel periodo 2007-2012, una riduzione pari a 9,5 punti percentuali, e in Finlandia, per una riduzione di 6 punti percentuali”.
“Nei prossimi anni – continua il Rapporto dell’istituto di Statistica – un vincolo importante per le politiche fiscali e’ rappresentato dal pareggio del saldo strutturale di bilancio. Quest’ultimo e’ infatti molto piu’ stringente rispetto al limite del 3% sul rapporto deficit/Pil previsto dal Patto di stabilita’ e crescita. Il saldo strutturale e’ un indicatore non osservabile che viene calcolato sulla base di un altro indicatore stimato: il prodotto potenziale. A parita’ di altre condizioni, una stima piu’ elevata della crescita potenziale comporta un migliore saldo strutturale e richiede pertanto politiche fiscali meno severe. Le piu’ recenti stime del prodotto potenziale incorporano gli effetti della crisi, tanto da ipotizzare come conseguenza una consistente erosione della capacita’ produttiva nel nostro Paese” (fonte Confeserenti).