Continuano le interviste di frodialimentari, questa volta, abbiamo intervistato Alessandra Guigoni, eclettica antrologa culturale, autrice di numerosi libri sull’antropologia del cibo.
Conoscere l’uomo attraverso quello che mangia consente di conoscere e comprendere come sonomutati gli usi e l’approccio delle diverse cività durante i secoli, così da poter approfondire la componente cognitiva e conattiva dell’essere umano.
Conoscere l’uomo attraverso quello che mangia consente di conoscere e comprendere come sonomutati gli usi e l’approccio delle diverse cività durante i secoli, così da poter approfondire la componente cognitiva e conattiva dell’essere umano.
1. Dottoressa, lei è una antropologa,come mai si occupa del cibo?
C’è una lunga e tradizione di antropologi che si sono occupati di alimentazione, cito solo i più blasonati, da Mary Douglas a Marvin Harris, da Claude Lévi-Strauss a Sidney W. Mintz, da Claude Fishler a Carole Counihan. Direi che facendo l’antropologo è difficile non incappare nel cibo durante la propria ricerca, ed evitare di occuparsene.
2. Lei è stata la prima a parlare uno delle prime a parlare in Italia di di foodscape / ciborama / paesaggio del cibo, ci spiega di cosa si tratta?
È un termine che ho coniato sulla scorta dei –rami (scapes in inglese) del grande antropologo Arjiun Appadurai. Parlare di foodscape significa riconoscere al cibo, agli aspetti socio-culturali, politici ed economici del cibo, inteso come produzione e consumo a livello globale, con le sue conseguenze nel locale, una grande rilevanza per la comprensione della complessa realtà contemporanea.
3. Nel suo testo Antropologia del mangiare e del bere, le identifica in modo ben definito come il cibo abbia rappresentato il filo conduttore dell’evoluzione umana, allora è vero quello che dice Feuerbach l’uomo è ciò che mangia?
Assolutamente sì.
4. Come è cambiato l’approccio dell’uomo al cibo?
Rispetto a ieri? È cambiato percettibilmente, e muterà ancora domani. Tutti i giorni mangiamo e tutti i giorni il cibo e le nostre ideologie, rappresentazioni e pratiche alimentari cambiano, più o meno sensibilmente. Però noi mediterranei spezziamo il pane e condividiamo il vino come 2000 anni fa. Alcune cose cambiano, altre cambiano forma ma non sostanza. Alcune cose scompaiono, altre permangono. Fa parte del fascino del cibo.
5. La nostra testata si occupa di informare il consumare sui casi i illeciti nel comparto agroalimentare, cosa si può fare per evitare che quest’ultimo incappi in casi di frodi?
Risponderei con una specie di litania: ci vogliono controlli, informazione, e ancora controlli, leggi ferree,educazione alimentare e tanta informazione, e poi ancora controlli, educazione, informazione, leggi efficaci. Mangiare è un atto pubblico, politico, economico, dunque ci vogliono precise politiche pubbliche di salvaguardia della sovranità e sicurezza alimentare.
6. Il cibo, secondo lei, può rappresentare lo strumento per far ricrescere e rifiorire l’economia delle aree a vocazione rurale?
Per me è certo, anzi deve costituire il principale strumento, e va coniugato al turismo rurale, enogastronomico e culturale.
7. Girovagando in rete o in tv senza dimenticare le librerie, si nota una proliferazione di programmi, libri, riviste su come cucinare, su come risparmiare cucinando, secondo la sua esperienza tutto ciò può portare vantaggio alla crescita culturale e presa di coscienza dei cittadini per una corretta e sana alimentazione, oppure è deleterio?
Il cibo oggi va di moda e infatti le iscrizioni agli Istituti alberghieri statali hanno conosciuto un aumento insperato, sino a 10 anni fa all’alberghiero andavano molti ragazzi che non avevano voglia di studiare, oggi sento dire loro “farò lo chef”, “farò la pasticcera”, “aprirò un ristorante” eccetera. L’attenzione verso un mestiere nel quale gli italiani sono bravi artigiani ma non maestri e artisti, tranne alcune eccezioni, è un fatto assolutamente positivo: se cresce la qualità della ristorazione in Italia se ne avvantaggiano le produzioni agroalimentari locali, il turismo e dunque cresce l’economia.
Però troppa esposizione di cibo genera nausea, noia, e quella che chiamo “pornografia del cibo”; intendo una sovrabbondanza di “cose” senza anima, senza contenuti, storia e cultura dietro, una vetrina di calorie senza calore, materie senza spirito.
8. Lei oggi è codirettore della collana editoriale Ciborama per Aracne editrice, in che direzione va il mondo dell’editoria specializzata?
Con Ciborama le mie colleghe condirettrici ed io abbiamo cercato di concretizzare il sogno di una collana specializzata in food studies, innovativa e al passo con i tempi, che trattasse l’argomento a 360 gradi, senza precluderci l’apporto di chef, gourmand colti, economisti, politologi: tutti gli autori interessati seriamente al fenomeno dell’alimentazione umana sono potenzialmente benvenuti. L’editoria specializzata versa in crisi, tutti abbiamo dovuto tagliare sull’acquisto dei libri, però i libri specialistici ben scritti sono degli evergreen e hanno un loro mercato per fortuna.
Alessandra Guigoni e’ antropologa culturale. Collabora con Univetsita’, Enti di ricerca pubblici e privati, Istituti di formazione e Scuole. Ha all’attivo una sessantina di pubblicazioni. Si occupa di cibo e comunicazione. E’ blogger (etnografia.it).