Negli ultimi venti anni in Campania sono stati cancellati dal cemento circa 29 chilometri di litorale. A lanciare l’allarme è Legambiente che sottolinea come dall’istituzione della legge Galasso, si siano verificati ”l’espansione degli agglomerati urbani, la costruzione di complessi turistici, case singole, porti e infrastrutture”.
Secondo i numeri forniti dall’associazione, su 360 chilometri di costa, da Sapri a Baia Domizia, il 50 per cento, pari a 181 chilometri, è urbanizzato.
Il report completo sulla Campania
Su 360 km di costa campana sono 181 quelli urbanizzati, ossia il 50%. Tra il 1988 ed il 2011 sono stati 22 i km di costa trasformati per usi residenziali e turistici mentre 7 km hanno visto interventi di artificializzazione legati alle infra strutture portuali ed alle aree industriali. Ciò che è avvenuto negli ultimi decenni tra Agropoli e Salerno e tra Varcaturo e Baia Domitia, ha provocato danni irreparabili su un paesaggio costiero di imme nso valore. Ma sono ancora tanti i tratti di costa di pregio a rischio e che andrebbero tutelati: tra Caprioli e Marina di Ascea, tra Marina di Casal Velino e Acciaroli, tra Agropoli e Torre Piacentina o ancora di più litorali come il Lago di Patria e la Riserva Naturale di Castelvolturno.
A preoccupare particolarmente è il fatto che la cementificazione non si sia affatto fermata in questi anni, malgrado i vincoli introdotti nel 1985 con la Legge Galasso che si sono rivelati incapaci di fermare questi processi. Basti dire che dal 1985 ad oggi sono stati cancellati dal cemento qualcosa come 222 chilometri di paesaggi costieri, al ritmo di quasi 8 km all’anno , con un processo di continua e inesorabile cancellazione di paesaggi di straordinario pregio. Risale proprio all’approvazione della Legge Galasso (la 431/1985) l’ultimo momento di vera attenzione nei confronti della tutela del patrimoni o costiero, quando si individuò un vincolo di 300 metri dalla linea di costa. Un vincolo che però non vietava le nuove costruzioni ma rimandava a un parere paesaggistico e alla redazione di piani regi onali, che però sono stati approvati in poche regioni, senza troppi vincoli e nella più totale disattenzione da parte del Ministero per i beni e le attività culturali.
La tutela delle coste è tornata di attualità in que ste settimane per via della modifica alle procedure di autorizzazione per gli interventi in aree avvenuta con la Legge Madia, di riforma della Pubblica amministrazione, che ha introdotto il silenzio-assnso. Con la Legge Madia i rischi per le coste italiane aumenteranno. Il testo di riforma della Pubblica Amministrazione approvato definitivamente dal Parlamento il 4 agosto prevede infatti di cambiare la procedura per l’acquisizione dei pareri (articolo 3, comma 1) proprio per le aree sottoposte a vincolo paesaggistico quali sono le ar ee costiere. “ Nei casi in cui è prevista l’acquisizione di assensi, concerti o nulla osta co munque denominati di amministrazioni pubbliche e di gestori di beni o servizi pubblici, per l’adozione di provvedimenti normativi e amministrativi di competenza di altre amministrazioni pubbliche, le amministrazioni o i gestori competenti comunicano il proprio assenso, concerto o nulla ost a entro trenta giorni dal ricevimento dello schema di provvedimento, corredato della relativa d ocumentazione, da parte dell’amministrazione procedente ” e che “ Decorsi i termini di cui al comma 1 senza che sia s tato comunicato l’assenso, il concerto o il nulla osta, lo stesso si intende acquisito ”, e inoltre stabilisce che “ Le disposizioni dei commi 1 e 2 si applicano anche ai casi in cui è prevista l’acquisizione di assensi, concerti o nulla osta comunque denominati di amministrazioni prepost e alla tutela ambientale, paesaggistico- territoriale, dei beni culturali e della salute dei cittadini, per l’adozione di provvedimenti normativi e amministrativi di competenza di amministrazioni pubbliche. In tali casi, ove disposizioni di legge o i provvedimenti di cui all’articolo 2 non prevedano un termine diverso, il termine entro il quale le amministrazioni competenti comunicano il proprio assenso, concerto o nulla osta è di novanta giorni dal ricevimento della richiesta da parte del l’amministrazione procedente. Decorsi i suddetti termini senza che sia stato comunicato l’assenso, il concerto o il nulla osta, lo stesso si intende acquisito.
In sostanza, con questa modifica, i termini e le cndizioni per il parere previsti attualmente dal Codice dei beni culturali non valgono più e si dete rmina un silenzio assenso nel caso di ritardo di oltre 90 giorni da parte della Soprintendenza. La procedura attuale prevede invece che nelle aree sottoposte a vincolo paesaggistico oltre all’autori zzazione edilizia è necessario anche un parere paesaggistico, che costituisce un atto amministrati vo autonomo e presupposto rispetto al permesso di costruire (art. 146, Decreto Legislativo 42/2004 ). L’amministrazione competente è la Regione o l’Ente delegato (spesso i Comuni), che si pronuncia dopo avere acquisito il parere vincola nte del soprintendente. L’iter prevede che entro 40 giorni dalla presentazione del progetto, questo sia trasmesso alla competente Soprintendenza con la prop osta di autorizzazione e che a sua volta il Soprintendente entro 45 giorni debba comunicare il proprio parere. Decorsi 60 giorni l’amministrazione preposta alla gestione del vincol o può concludere in ogni caso il procedimento (questa modifica, che esclude la conferenza dei servizi è stata introdotta dal Decreto Sblocca Italia, Legge 164/2014). In caso di parere del Soprintendente l’amministrazione ha 20 giorni per pronunciarsi decorsi i quali l’interessato può richiedere l’autorizzazione in via sostitutiva alla Regione, che vi provvede, anche mediante un commiss ario ad acta, entro sessanta giorni dal ricevimento della richiesta. Il silenzio assenso mette quindi ancora più a risch io le coste italiane, ed è l’esperienza di questi decenni a dimostrarlo. Sono infatti numerosi i casi di opere eseguite att raverso meccanismi che hanno forzato la mano alle procedure anche in assenza di un esplicito silenzio-assenso. I rischi per il paesaggio si evidenziano in particolare rispetto alle previsioni dei piani regolatori comunali o di interpretazioni dei vincoli della Legge Galasso, in assenza di piani paesaggistici con indicazioni chiare di tutela. Se questi casi sono riscontrabili anche dentro un quadro normativo che escludeva di fatto il silenzio assenso rispetto ai beni paesaggistici, è facile immaginare cosa potrà succedere in assenza di riferimenti chiari e di una riorganizzaz ione e rafforzamento degli uffici preposti alla gestione del vincolo. Ancora più complicata la situazione nelle Regioni a statuto speciale, dove la nomina del Soprintendente spetta alla Regione e non al Ministero, limitando quindi l’autonomia di chi dovrebbe concedere il parere. Eppure una via di uscita semplice ci sarebbe: consentire il silenzio assenso solo nelle Regioni che hanno approvato piani paesaggistici ai sensi del Codice dei Beni culturali, ossia Puglia, Toscana e Sardegna, e che quindi hanno regole di tutela e intervento che non lasciano spazio a interpretazioni e forzature.
In questo modo si spingerebbero anche le altre Regioni a completare finalmente, con 30 anni di ritardo, il quadro delle regole che riguarda il paesaggio nel nostro Paese.