Si rinnova anche quest’anno l’appuntamento con una mostra d’arte del maestro Virginio Quarta a Ravello.
“Imminenza di attesa” sarà inaugurata domenica 7 agosto alle 20,00 presso la Sala delle Esposizioni di Palazzo Avino con la direzione artistica dell’art promoter Bruno Mansi e l’organizzazione dell’Archivio Ravello Contemporanea. La personale presenta una selezione di opere che l’artista salernitano ha dedicato a Villa Cimbrone e a tutta la storia che questo luogo magico rievoca. Si percepisce fortemente una situazione di ambigua complicità, di amori rubati, protetti dal silenzio dell’ombra compiacente, di un sogno di intima felicità in un singolare quanto estremo dualismo tra l’inanimato dei busti marmorei e la figura umana. “Dunque – scrive nel catalogo Luigi Mansi – , l’assenza che. per anni ha lasciato trasparire la possibilità di un arrivo imminente, che dà così forte quella sensazione di arresto, di silenzio, in ultima analisi di sospensione, sembra finalmente colmata. Questo agognato “arrivo imminente” si è concretizzato nella mostra di quest’anno ed è, secondo me, il ritorno di Quarta alla figura umana. Un ritorno netto e deciso, intriso di spirito e di spiritualità, le opere e le figure ritrovate che animano le tele vivono tra una cornice erotica e una sensazione di virginale attesa, senza riuscire bene a distinguere quel limite tra misticismo ed erotismo ma, si sa, il passo è fin troppo breve. In una tale situazione non poteva mancare Greta Garbo, e forse sarà stata in parte proprio quell’icona, di profonda introspezione che nell’immaginario di tutti era la sfinge, la grande ammaliatrice, femme fatale e donna appassionata de La carne e il Diavolo ad avere dato l’incipit a questo nuovo progetto. La Garbo, divina, bellissima, misteriosa, sembra dialogare con le dee pagane in una sorta di visita di cortesia, come in un incontro tra dive. E così, ogni quadro può essere visto come un diagramma successivo per immagini di un lungo e spesso interrotto dialogo tra l’artista e la sua opera con quella sensibilità che contraddistingue il lavoro di Quarta. Tutto questo giocato attraverso una costruzione metafisica, con elementi del reale ricomposti e reinventati sia architettonicamente che narrativamente in un allettante gioco tra fabula e intreccio, con le figure, siano esse scolpite nel marmo o figure reali, che vivono la loro realtà metafisica in perfetta simbiosi con il luogo in una sorta di realtà oltre la realtà”.
“In Virginio Quarta, scrive Cristina Tafuri, è sempre presente l’esaltazione del piacere visivo, dove oggetti e corpi sono immersi in una languida malinconia, e anche là dove sono soltanto nature morte la loro suggestione è profonda e ci riporta dinanzi i valori degli oggetti colti nell’esperienza reale, tra riflessi e ombre misteriose. Sono “cose” che hanno, però, una loro segreta razionalità, una struttura quasi architettonica nella definita misura spaziale. Il disegno, poi, delinea le figure, quasi liberandole dai contorni per fonderle in un’atmosfera sognante. La luce diviene un medium decorativo e rende la sua qualità sempre più pura, abolendo il limite di una resa “naturale” e creando invece il mezzo espressivo “astratto”, su cui sarà più facile per Quarta muovere le composizioni e creare ritmi più musicali, la bellezza più esemplare, la più libera sinfonia di colori. La stessa luce, infatti, presente nei suoi lavori non può essere definita una luce reale, ma una luce che potremmo dire “artificiale”, uno splendore apollineo per non turbare l’ordine pittorico, assumendo un particolare valore fantastico, che evoca un’atmosfera vibrante e indefinita, trasportandoci in un mondo di suggestioni labili, di impressioni luminose, di colore in cui traspare l’emozione creativa”.