Gli uomini che ogni sera si riuniscono in redazione, sono perplessi, scettici; essi sono abituati a parlare di Garibaldi, di Settembrini, di De Sanctis, del nuovo re, Umberto, e della sua sposa, Margherita. Matilde scrive come un torrente in piena e non si lascia intimorire. Così, pian piano, nei discorsi che quotidianamente si fanno in redazione entra anche l’argomento «la giornalista donna», «la napoletana telegrafista».
L’hanno presa in simpatia per l’impegno e la serietà che mette nel suo lavoro, anche se considerano la sua prosa «sovrabbondante». Intanto sentimenti ed emozioni lottano nell’animo di Matilde e cercano il modo di venir fuori, così, semplicemente, per il gusto di sviscerare la propria interiorità.
Scrive a breve distanza un volume di racconti «Dal vero» e un romanzo, «Fantasia». Poi, incoraggiata dai giudizi positivi dei critici scrive «Checchina Ventromila» e «Il paese della cuccagna». Sente istintivamente l’influenza dei naturalisti francesi, specialmente di E. Zola, tanto da raggiungere uno stile che la fa definire non solo francese, ma europea. Ancora ripresa per le sue «ridondanze», continua imperterrita a dare libero sfogo al suo impulso. Più degli altri la comprende Giuseppe Primoli, chiamato Gegé, col quale inizia un’affettuosa amicizia, che, però, non si tradurrà in un legame duraturo, per la ritrosia di lui, che già si era difeso, nientedimeno, dal fascino di Eleonora Duse! Finalmente Matilde incontra l’uomo della sua vita: Edoardo Scarfoglio. Insieme riscuoteranno larghi consensi di pubblico e di critica, scrivendo articoli e cronache su fatti mondani.
Scarfoglio, talvolta, le dice: «Sei una stella di genialità, ma sei un’arruffona»; e taglia qualcosa dalle pagine di lei. Pure molti critici affermano che le pagine più belle della Serao sono quelle che non hanno subito mutilazioni! Insieme con Edoardo, Matilde fonda «Il corriere di Roma», che diviene subito un successo politico e letterario, ma declina rapidamente per debiti. Ben presto un napoletano, uomo di grande umanità, salda i debiti del «Corriere» ed invita a Napoli i due noti autori, con la prospettiva di ottenere articoli formidabili sulla città, devastata dal colera. E’ necessaria una ristrutturazione della città ed ancora più necessario metterne a nudo le piaghe: bassifondi miserabili, tuguri che ospitano famiglie cariche di bambini, sporcizia di ogni specie… I due giornalisti sono presi da un’ondata di grande umanità e scrivono senza posa articoli toccanti, schoccanti.
I Napoletani ne sono entusiasti, più di tutti il banchiere Matteo Schilizzi, ch’era stato il promotore di tutto questo. In un momento di grande euforia, Scarfoglio dice di voler fondare un giornale la cui voce si spanda per tutta l’Italia e sia «elemento di cultura e di civiltà per le nostre province». Matilde, fuor di sé dalla gioia, esclama: «Vogliamo il Times italiano!». Intanto i giornali del Nord, dell’editoria milanese, si fanno concorrenza. Nascono le riviste moderne destinate al grande pubblico. Va di voga la fotografia. Ormai la gente esige sempre di più.
Tuttavia, mentre Dumas conferisce prestigio al «Pungolo», solamente nel Sud si afferra il senso della realtà della nuova compagine sociale, che trema sotto i piedi degli increduli, per le nuove esigenze imposte dalla realtà contemporanea. I problemi sociali del Sud, specialmente di Napoli sono sbandierati e messi sul terreno da autori prestigiosi, quali Matilde Serao, Edoardo Scarfoglio, Ferdinando Russo, Salvatore Di Giacomo, Roberto Bracco. Il Sud rivive le sue tragedie, le sue insoddisfazioni, attraverso il «Times Italiano», che per altro riporta notizie di tutta Europa.
La Serao vi crea una rubrica di informazione per le famiglie: «Api, mosconi e vespe», dove si rileva un particolare incitamento alle donne a non lasciarsi tagliar fuori dalla situazione storico-politico-sociale contemporanea. La fortuna del «Corriere» declina improvvisamente con l’invito di Giolitti a fondare «Il Mattino», che riscuote subito uno strepitoso successo.
(ottava puntata)