Il Museo della Civiltà Contadina del Cilento.

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di Pasquale Martucci

Moio della Civitella e la frazione Pellare rappresentano un unico agglomerato urbano, legato al centro fortificato della Civitella, una collina sulle cui pendici sono stati rinvenuti materiali di epoca antica. Dopo gli scavi del 1966, si è scoperto un vero e proprio insediamento del IV secolo a.C., costituito da mura difensive. I resti della rocca greca fortificata sono costituiti da grossi blocchi regolarmente squadrati e la fortificazione si conserva per gran parte del perimetro di circa ottocento metri. Sul versante meridionale, dominante i valichi montani, si distingue una porta (porta sud) particolarmente articolata e rifinita, laddove sul lato orientale le fortificazioni assumono notevole spessore e imponenza. Pare ci fosse un avamposto difensivo (frurion) della città di Elea, nell’entroterra del Cilento, strategicamente collocato e ben munito di fortificazioni, poiché destinato a proteggere quel territorio agricolo.

Il centro di Moio della Civitella e la frazione Pellare sono stati valorizzati dal Museo della Civiltà Contadina del Cilento, intorno al quale il prossimo 4 e 5 giugno 2022 si svolgeranno una serie di iniziative: saranno presentate le attività didattiche degli studenti della scuola secondaria che continuano a ricordare il passato e le tradizioni; una visita guidata servirà a riproporre i segni e i riti del passato.

Il ricordo del prof. Amedeo La Greca è infine affidato ad un convegno (sabato 4 giugno 2022 alle ore 18:30), con interventi di Giovanna Baldo, Enrico Gnarra, Fernando La Greca, Domenico Ienna, Luigi Leuzzi, Leonardo Lozito, per presentare l’evoluzione della ricerca scientifica con il nuovo libro: “Il torchio della Civitella”, edito dal Centro di Promozione Culturale per il Cilento.

Del centro abitato di Moio, un borgo a 4 chilometri da Vallo della Lucania, si ha una prima notizia documentata nel 1052 quando apparteneva alla baronia di Novi. Allora ci si riferiva ad un monastero greco dedicato a Santa Venara, che controllava parte dell’economia della zona. Nel medioevo, appartenne come casale a Vallo della Lucania; ebbe un notevole incremento demografico tra il 1552 ed il 1595. Nel secolo XVIII, il borgo era possesso della famiglia Pepe con il titolo di baronia. Dal 1811 al 1860 ha fatto parte del circondario di Vallo, distretto del Regno delle Due Sicilie. Dopo l’annessione al Regno d’Italia, per distinguersi dagli altri comuni con toponimi simili, il nome fu mutato da Moio a quello attuale, aggiungendo della Civitella.

Il nome di Moio (forse si parla di moggio, muoio) derivò da quello antico del torrente, affluente del Badolato, che scorre a valle dell’abitato dove veniva effettuata la concia delle pelli. Qui un inciso sul toponimo di Pellare: forse risale ai coloni provenienti da Pellàro; oppure ai cacciatori o portatori di pelli; oppure ancora dal latino pallarae, ai pagliai, casupole di pietra con il tetto di paglia.  Moio nel 1186 costituiva il confine tra i beni della badia di Santa Maria di Grasso e quelli di Santa Maria di Pattano: è probabile che il primitivo insediamento si sia formato attorno alle edicole di San Bartolomeo e di Santa Sofia, come sviluppo di gruppi rurali promossi su queste colline, ove quei laboriosi monaci avevano impiantato alcuni uliveti.

Il Museo della Civiltà Contadina del Cilento è il risultato di un’interessante iniziativa didattica delle scuole elementari, per portare alla luce veri e propri cimeli del passato, d’immenso valore per la locale cultura contadina. Il Museo presenta una rassegna ampia, pressoché completa, di quanto attiene le attività e la cultura rurale. Le sezioni sono numerose e si distinguono in: domestica (ricostruzione della casa del contadino); tessile (ricchissimo corredo di attrezzi che evidenziano l’importanza nel passato del settore tessile per l’economia della zona); olivicola (conserva svariati pezzi atti ad estrarre il prezioso olio); cerealicola (attrezzi da lavoro ormai passati di moda); vinicola (fedele ricostruzione di un’antica cantina); storica (bacheche con fotografie, quadri e cartelloni raffiguranti personaggi e vicende delle rivolte contadine e politiche del secolo scorso); religiosa (la numerosa esposizione di oggetti attesta l’attaccamento del mondo contadino ai valori della tradizione e degli elementi devozionali).