La storia di un magistrato che diventa brigante è raccontata nel nuovo libro dell’architetto – scrittore Felice De Martino, intitolato “Il giudice brigante”, edito da Guida Editori, che è stato presentato, per la prima volta a Salerno, durante una conviviale rotariana organizzata al Grand Hotel Salerno dal presidente del Rotary Club Salerno Est, l’avvocato Carmine Napoli, che insieme al dottor Antonio Sannino, Past President del Club, ha invitato lo scrittore salernitano, nato a Montesano Sulla Marcellana. “Sono un uomo del 900 e del Sud, innamorato dell’Italia e del Bel Sud” ha esordito De Martino che ha studiato a Napoli dove ha lavorato per molti anni: ” Lì sono stato anche Direttore Generale dell’Ente Regionale ERSAC”, ha raccontato De Martino che ora vive a Pontecagnano con la moglie Lina e la figlia Silvia.
Al centro di questo nuovo romanzo storico, ambientato tra la fine del ‘700 e i primi trent’anni dell’Ottocento tra Napoli, Salerno e l’Inghilterra, ci sono le verosimili memorie di un Giudice del Re Gioacchino Murat, Francesco Maria Gagliardi, nativo di Santa Marina di Policastro, inviato da Murat in un piccolo paese di montagna, Montesano Sulla Marcellana, per esercitare la Giustizia. “Avevano già inviato lì altri giudici, più di dieci, che non erano riusciti, per ben undici anni, a far rispettare la giustizia per la presenza di un gruppo di potere criminale che dettava legge e con il quale si scontrerà anche il giudice Gagliardi. Per comprendere il clima che si viveva in quegli anni, bisogna ricordare che un Presidente della Municipalità, l’avvocato Nicola Cestari, che era anche il Procuratore della Certosa di Padula, fu trucidato nel 1799: vittima della controrivoluzione borbonica, guidata dal Cardinale Fabrizio Ruffo, per la riappropriazione del Regno, proclamato poi “Repubblica Napoletana”. Il 21 gennaio del 1799 un gruppo di facinorosi uccise Cestari e gli recise la testa. Le sue guance, in segno di oltraggio, furono arrostite e mangiate. Per combattere prima questa casta, e poi i Borbone, Gagliardi uscirà dalla legalità diventando un brigante: naturalmente non era un brigante delinquente, ma un brigante politico, anche se assaltò la diligenza borbonica del Re”. De Martino nel libro racconta la storia avvincente del suo avo:” Era il nonno di mio nonno: un uomo che aveva un carattere difficile. Già a dodici anni cercò di uccidere il capitano delle guardie che difendevano gli interessi dei delegati della nobile e antica famiglia napoletana dei Carafa, proprietaria di buona parte delle terre del Cilento, perché voleva arrestarlo perché si era appartato con una ragazza nelle proprietà di questa famiglia. Era un uomo che viaggiò tanto, cosa non semplice in quei tempi. Si racconta che fosse andato anche in Inghilterra, dove avrebbe scritto delle memorie che però non sono riuscito a recuperare”. De Martino per scrivere il suo nuovo romanzo storico ha effettuato approfondite ricerche presso l’Archivio di Stato di Napoli dove ha studiato, per oltre quattro anni, innumerevoli documenti storici:” Soprattutto le sentenze dei tribunali borbonici in quanto Gagliardi partecipò ai moti salernitani del 1821 contro i Borbone e per questo fu arrestato e condannato a morte. Condanna che poi, dopo un cospicuo pagamento, venne tramutata in ergastolo che Gagliardi non fece perché riuscì ad evadere”. Il romanzo descrive un mondo che stava cambiando:” Nelle “nuove società”, in via di consolidamento, s’incuneava il germe delle disfatte delle monarchie. I “regnanti” di Francia, i Borboni, erano ormai destinati a essere fantasmi. I briganti sono il primo seme dei futuri cambiamenti epocali nelle nostre terre. E non solo. Il libro è uno spaccato del nostro primo ottocento, in particolare di quello meridionale. Lotte per il potere, spesso cruente, che annunciano la nascita di una nazione, l’Italia, purtroppo non ancora oggi diventata tale, sotto molti aspetti”. Naturalmente la storia è stata un po’ romanzata:” Nel libro racconto anche la storia della sua famiglia: Gagliardi aveva una moglie straordinaria che sacrificò tutta la sua esistenza per seguire le idee politiche del marito”. Il Past President del Club, il Preside Antonio Vairo, che ha sollecitato il racconto di De Martino, ha evidenziato la storicità del romanzo:” Nel quale la società dell’epoca viene descritta in modo molto particolareggiata come anche i luoghi. Anche l’uso degli intercalari dialettali sono molto interessanti. E’ un libro che è una storia: un libro di passione!”.
Aniello Palumbo