Il CBD riduce l’infiammazione e modula la risposta immunitaria negli intestini danneggiati dalla COVID-19.

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di Enzo Schillaci (Fast Buds)

 

Un recente studio di un team di scienziati italiani ha scoperto il potenziale di un composto della cannabis nel trattamento di alcuni dei sintomi più gravi della COVID-19.

 

Chiara Corpetti dell’Università Sapienza di Roma e i suoi colleghi hanno studiato i modi in cui il CBD, o cannabidiolo, interagisce con i recettori nell’intestino umano, che è il secondo sito più comune di attacco dell’infezione da coronavirus.

 

Il CBD è un composto non psicoattivo della cannabis, ed è stato ampiamente studiato negli ultimi anni. I professionisti medici sono attratti dalla mancanza di effetti di alterazione mentale del CBD e dal suo alto profilo di sicurezza.

 

Il CBD è stato precedentemente proposto come un agente efficace nella gestione dei sintomi respiratori nei pazienti COVID-19. La sostanza chimica presumibilmente esercita i suoi effetti antinfiammatori e immunomodulatori attraverso la sua azione sui recettori ACE-2 presenti nei polmoni.

 

Tuttavia, lo stesso tipo di recettore è abbondante nell’intestino umano dove il coronavirus prolifera facilmente. Il virus danneggia le cellule epiteliali e causa sintomi come nausea, diarrea e altri problemi digestivi.

 

Gli esperimenti in vitro dei ricercatori italiani hanno dimostrato che la somministrazione di CBD colpisce i meccanismi con cui la proteina spike (SP) del virus attacca le cellule dell’epitelio intestinale e causa l’iperinfiammazione.

 

Gli autori hanno concluso che il CBD ha anche una moderata affinità con i recettori PPAR-γ. Legandosi ai PPAR-γ, la sostanza chimica derivata dalla cannabis ha ridotto tutti i marcatori pro-infiammazione rilevanti. È interessante notare che quando i ricercatori hanno inibito i recettori PPAR-γ con altri farmaci, questo ha annullato l’efficacia del CBD contro il virus.

 

In uno studio precedente, Corpetti e il suo collega Dr. Giuseppe Esposito hanno notato che ci sono altri farmaci in grado di colpire PPAR-γ, ma tutti portano gravi effetti collaterali indesiderati. Questi possono includere tutta una serie di complicazioni cardiovascolari, come infarto miocardico acuto, insufficienza cardiaca e ictus. Il CBD, invece, è una molecola molto più sicura, con pochissimi e lievi effetti collaterali.

 

Il CBD è uno dei due composti principali della cannabis medica, ma può anche essere derivato dalla canapa coltivata per scopi industriali. La cultivar è legale in Italia, e la formulazione ambigua della legge che ne regola la coltivazione ha portato alla proliferazione di negozi di “cannabis light” in tutto il paese.

 

Le “cannabis light” sono fiori secchi usati per fumare e contenenti quantità molto piccole dello psicotropo THC e livelli elevati di CBD. Il referendum che potrebbe svolgersi l’anno prossimo potrebbe anche legalizzare la coltivazione di un massimo di quattro piante di cannabis in casa per uso personale. Con i semi autofiorenti facilmente disponibili online, questo potrebbe creare una rivoluzione nel modo in cui i pazienti si procurano la medicina CBD.

 

Da quando la pandemia di COVID-19 ha iniziato a prendere il suo pedaggio nel 2020, gli scienziati hanno iniziato a testare i farmaci disponibili per la loro efficacia contro il virus. La ricerca è stata particolarmente importante all’inizio della pandemia – prima che fossero adottate altre misure, come indossare maschere, mantenere la distanza sociale e l’uso di vaccini. E il cannabidiolo fu tra i primi ad essere provato come protezione contro l’infezione e come rimedio per i sintomi della COVID-19.

 

Una delle prime applicazioni che si sono mostrate promettenti è stato l’uso dell’olio di CBD nei collutori. Questi aiutavano ad abbassare il rischio di infezione in primo luogo. In seguito, i ricercatori hanno cominciato a mettere in evidenza la capacità del cannabidiolo di ridurre la risposta autoimmune causata dal virus e la cosiddetta tempesta di citochine.

 

Un altro beneficio del CBD per i pazienti di COVID-19 fu la sua utilità per quei pazienti che si stavano riprendendo dalla malattia. I ricercatori hanno notato che il CBD ha protetto i loro polmoni dagli effetti devastanti della fibrosi polmonare.

 

L’ultimo studio, che dimostra il potenziale del CBD nel contrastare gli effetti negativi del virus sull’intestino umano, apparirà su Phytotherapy Research ed è già stato pubblicato online.