Il burn -out, termine di origine inglese che letteralmente significa “esaurito”, come suggerisce l’OMS, l’Organizzazione Mondiale della Sanità, è uno stato di stress cronico lavoro-correlato caratterizzato dalla sensazione di completo esaurimento delle proprie energie fisiche e mentali. A spiegare i sintomi e come si manifesta questa sindrome sono stati il dottor Gianfranco Del Buono, psichiatra – psicoterapeuta dell’Azienda Ospedaliera Universitaria San Giovanni di Dio e Ruggi D’Aragona di Salerno e il dottor Davide Amendola, psichiatra, già primario del Reparto di Psichiatria dell’Ospedale di Salerno, in occasione dell’incontro organizzato al “Circolo Canottieri Irno” di Salerno dal “Rotary Club Salerno”, presieduto dall’avvocato Bonaventura D’Alessio, e dal “Lions Club Salerno Host”, presieduto dall’avvocato Luca Monaco, due storici club service del territorio che hanno obiettivi comuni e che, come hanno spiegato i due presidenti, seguono la linea indicata dai governatori dei rispettivi distretti: il dottor Antonio Brando per il “Distretto Rotary 2101” e il dottor Tommaso Di Napoli, per il “Distretto Lions 108 YA”, che quest’anno hanno fortemente voluto unire le loro forze per avere una maggiore incisività sul territorio Campano e realizzare così tanti importanti progetti grazie ai circa cinquemila soci iscritti ai vari Club dei due Distretti.
Presentati dallo psichiatra Gerardo Iuliano, socio del “Rotary Club Salerno”, i due noti psichiatri salernitani hanno spiegato che la psicologa statunitense Christina Maslach, nota per i suoi studi sul burnout, ha definito questa sindrome come “una reazione alla tensione emotiva cronica creata dal contatto continuo con gli altri esseri umani, soprattutto quando gli altri esseri umani sono affetti da sofferenza”. A chiarire questa definizione è stato il dottor Gianfranco Del Buono: “ La dottoressa Maslach ha espresso il concetto secondo il quale io vado in difficoltà emotiva, psicologica, quando mi occupo di altri esseri umani che soffrono. Quali sono, quindi, le professioni più a rischio di burnout? Sono le cosiddette professioni di aiuto, ovvero: medici, infermieri, educatori, psicologi. Gli operatori sanitari più a rischio sono coloro che si occupano di oncologia, AIDS e pazienti sieropositivi, i dipendenti di reparti di rianimazione, gli psichiatri, gli assistenti sociali”. Il dottor Del Buono ha spiegato che l’OMS, ha elencato tre dimensioni che caratterizzano il burnout:” La prima è l’esaurimento fisico ed emotivo: quando non dormiamo bene, abbiamo difficoltà a svegliarci la mattina, ci sentiamo stanchi, cominciamo ad avere disturbi gastrointestinali, cefalee. La seconda dimensione è quella che prende il nome di cinismo e depersonalizzazione: si diventa particolarmente insofferenti verso gli altri (colleghi, superiori, pazienti), diminuiscono l’empatia e gli atteggiamenti compassionevoli. Le persone con cui si interagisce nella propria professione smettono di essere persone. Si diventa particolarmente cinici e si può iniziare a trattare male gli altri. Vi è un distacco dagli altri, dal proprio ambiente e dalle proprie responsabilità. Si assume un atteggiamento poco empatico. L’altra dimensione è quella della ridotta percezione dell’efficacia personale: si comincia a perdere fiducia nelle proprie capacità. Il lavoratore si sente insoddisfatto di sé stesso e insoddisfatto dei risultati ottenuti sul lavoro tanto da pensare di cambiare lavoro”. Il dottor del Buono ha spiegato che il burnout può generare depressione, disturbi dell’adattamento, sindromi ansiose e, nei casi più gravi, psicosi:” Per tenere la tensione sotto controllo si cominciare anche a bere, fumare e mangiare troppo, a giocare d’azzardo, ad avere comportamenti dannosi per la nostra vita. Essere sotto stress porta anche ad essere più distratti: si possono commettere errori sul lavoro più facilmente e avere incidenti”. Il dottor Davide Amendola, ha spiegato che il burnout è spesso un segno di disfunzione organizzativa o sociale, e non solo un problema individuale:” Nell’ambito della clinica del disturbo da burnout, ci sono spesso sintomi psicotici: ci si sente perseguitati all’interno o all’esterno del mondo di lavoro. Si deve pensare al burnout come ad una dimensione sistemica nel senso che comprende il mondo del lavoro, la famiglia, gli amici: se non c’è un equilibrio tra tutte queste funzioni si crea uno squilibrio dell’habitat esistenziale di una persona. Nel mondo del lavoro si creano delle dinamiche di gruppo che hanno delle caratteristiche specifiche che, essendo legate al prestigio personale, alla sensazione di miglioramento della propria autostima, creano delle tensioni maggiori. All’interno del mondo del lavoro deve esserci quindi una prevenzione che deve riguardare le persone, ma anche l’organizzazione del lavoro deve essere adeguata e attenta al singolo individuo, al quale bisogna offrire la possibilità di svolgere un lavoro più confacente alle proprie attitudini”. Secondo il dottor Amendola ci sono persone più predisposte di altre a vivere una sindrome da burnout:” Sono quelle che hanno una struttura dipendente della personalità, che hanno scarsa autostima, scarsa capacità di far valere le proprie idee, senso di inadeguatezza permanente. Sono quelle persone che all’interno del mondo del lavoro non riescono a trovare quel giusto equilibrio tra la loro personalità, i loro desideri e le loro capacità di espressione della loro identità”. Il burnout, quindi, non è un “semplice” stress, ma è il risultato di uno stress cronico prolungato che la persona non riesce a gestire perché non dispone delle strategie di cui ha bisogno e che può avere notevoli effetti sulla salute per cui è importante affrontarlo con l’aiuto di un esperto:” La psicoterapia può risultare di grande aiuto soprattutto quando il burnout porta allo sviluppo di altri problemi come depressione e ansia” – hanno consigliato i due psichiatri salernitani.
Aniello Palumbo