Sono i nostri figli, sono loro che sognano, studiano, partono, tornano.
Sono i nostri figli che per realizzare i loro sogni lavorano per studiare e poi con gli amici come tutti i ragazzi vanno ad un concerto, allo stadio, in un pub.
Sono i nostri figli che contando i morti di una sera del 13 novembre 2015, hanno interrotto i loro sogni, distrutti con i loro coetanei, in una delle città più belle e romantiche del mondo, patria di una grande repubblica europea.
Sono i nostri figli che da piccoli giocavano con una play station, che diventa oggi un modo per comunicare senza essere intercettati di sistemi di controllo dell’intelligence del mondo supertecnologico.
La play station , un gioco utilizzato anche nei video diffusi sul sistema interattivo ormai globale che continua a confondere o a invertire la fantasia con la realtà.
Sì, proprio così quei videogiochi che inneggiano al nemico da uccidere, quei supercortometraggi che con immagini perfette invitano ad uccidere civili, poliziotti, militari di ogni Stato, sono diventati reali nei montaggi video che utilizzano gli addestratori di un nuovo esercito islamico ma multietnico, composto da giovanissimi di ogni nazionalità.
Anche i bambini vengono addestrati con un bombardamento psicologico che arriva a mettergli poi in mano pistole e fucili e in un perfetto rito d’ iniziazione, a far sì che possano uccidere , come in un videogioco, uomini in carne ed ossa, e sentirsi uomini “veri “, capaci in nome di questa assurda guerra , “eroi”.
Un bambino, ci ha insegnato la scienza non distingue fino agli otto anni la fantasia dalla realtà, ma in pochi anni riesce a farlo utilizzando tecniche di astrazione del pensiero , tipiche dello sviluppo cognitivo, una capacità innata , che accomuna tutti gli esseri umani.
Questo ci spiega la scienza, questo avviene nella normalità di una mente di un futuro adolescente ex bambino.
Ma i bambini, gli adolescenti addestrati in un deserto non lontano da noi, sono rimasti imprigionati in quel videogioco che gli ha promesso una libertà trascendentale, una libertà non terrena ma paradisiaca , nel virtuale che per loro diventa reale.
E mentre italiani, francesi, spagnoli, algerini, indonesiani studiano e lavorano, vanno a teatro, a cinema , a ballare, a baciarsi in riva al fiume o al mare, altri italiani, francesi, spagnoli, algerini, indonesiani giocano alla guerra , imitando americani, russi, di altre guerre combattute per una libertà terrena, in nome della democrazia, della solidarietà, della legalità.
Certo altri valori, altri sogni, altri ideali, accomunati però dall’età di questi giovani morti ammazzati, massacrati, nel periodo più bello ed entusiasmante della vita, da coetanei imbottiti di tritolo, armi e un fanatismo accecante, di altri valori e di altre forme educative.
Tutti loro hanno avuto genitori , famiglie che li hanno partoriti e cresciuti immaginando per loro un futuro migliore. Tutti loro hanno fatto una scelta, c’è chi ha deciso di partire per seguire la scienza, lo studio, la ricerca, l’amore, la cultura, altri hanno deciso di partire per uccidere, morire, sparare, allenarsi al suicidio e al genocidio.
Tutto lì si sono giocati , in quell’attimo della scelta, che ora ha sui loro letti vuoti padri e madri che non hanno più lacrime da versare nei loro occhi ormai ciechi di vita.
Gilda Ricci