Sono decine le lettere di detenuti delle carceri italiane che ogni mese arrivano al Sacro Convento di Assisi e alla rivista San Francesco. Nelle lettere – scritte a mano, mittente ‘casa circondariale di… – c’e’ un pò di tutto: dal racconto della propria esperienza alla richiesta di un piccolo aiuto anche per comprare una “misera dentiera”, dalla voglia di ricominciare a vivere una volta fuori al desiderio di essere ascoltati, di stabilire un contatto con i frati per uscire dalla sofferenza della solitudine.
Alcune di queste lettere indirizzate ai “cari fratelli” vengono pubblicate sulla rivista San Francesco e sul sito sanfrancesco.org. “Grazie, mille volte grazie per la mia storia che avete pubblicato, non ho parole, almeno so di essere ascoltato. Di nuovo grazie a lei e al buon Dio”, scrive un detenuto del carcere di Alessandria.
“E’ una corrispondenza – ha sottolineato il direttore della rivista San Francesco, padre Enzo Fortunato – che sta a cuore alla comunità francescana di Assisi. La incoraggiamo perché sappiamo che la disperazione può portare anche a gesti estremi contro se stessi, come le cronache ci ricordano spesso in questi ultimi tempi”.
Dal carcere di Biella un detenuto di 55 anni vorrebbe “parlare del futuro con persone buone di cuore che mi possano comprendere e iniziare una vera corrispondenza”. E un altro: “Ho 44 anni, più di 20 li ho passati in carcere: Ho avuto il tempo per riflettere sulla mia vita e grazie a Dio ogni giorno conosco il valore della famiglia”.
I detenuti possono leggere la rivista San Francesco nelle cappelle dei penitenziari, dove spesso operano dei cappellani francescani. Uno di loro, padre Ivano, cappellano nel carcere di San Gimignano, ha raccontato in un articolo, scritto proprio per la rivista, che “in generale queste persone non erano praticanti quando vivevano fuori, ma poi in carcere hanno avuto una specie di crisi che li riavvicinati a Dio. Tuttavia la maggioranza di loro preferisce vivere una religione a livello strettamente personale”.
La comunità francescana di Assisi risponde a tutte le lettere che arrivano, alcune vengono anche pubblicate sulla rivista e sul sito, per stabilire un rapporto umano positivo. “Ci interessa inoltre – ha osservato padre Fortunato – che le carceri possano diventare sempre più luoghi ‘vivibili’ nel rispetto della dignità umana e utili per una nuova ripartenza, perché anche dopo un errore si deve avere la possibilità di ricominciare”.