“ I Valdesi, erano una piccola comunità, un movimento il cui nome deriva dal fondatore Valdesio, un mercante che, come San Francesco, intorno al 1174 si converte, lasciando la famiglia e i suoi beni perché sente prepotente il messaggio evangelico; egli decide di scegliere una vita povera e predicativa, passando dall’agio domestico alla strada. A questa piccola comunità, che aveva la sua “casa madre” a Lione, viene vietato di divulgare la parola di Dio. Intorno al 1200 i valdesi vengono espulsi dalla Provenza e si trasferiscono nelle vicine valli del Piemonte inaugurando, nella storia del secondo Medioevo, un lungo e tormentato percorso di fede e di vita a carico di queste genti, molto più tardi indicate come “l’Israël des Alpes”. Intorno al 1230 -1250, attraverso ondate migratorie successive, i Valdesi si proiettano nel Mezzogiorno d’Italia: erano presenti anche sul nostro territorio; ho trovato documenti che attestano queste presenze, che stiamo cercando di mappare, in Calabria, ma anche in Campania, tra Avellino e Napoli, nel Beneventano e anche a Salerno. Ho trovato atti notarili che narravano di commercianti Valdesi, i Gallo, che dalla Calabria portavano merci alla “Fiera di Salerno” dove commerciavano anche bachi da seta”. A raccontare nel suo libro “Valdesi dal Piemonte alla Calabria”, edito da “Carocci Editori”, la storia del popolo valdese, soffermandosi sull’organizzazione istituzionale e confessionale di queste comunità stanziatesi sul territorio italico è stato il professor Alfonso Tortora, docente di Storia Moderna presso il Dipartimento di Studi Umanistici dell’Università di Salerno. Lo storico salernitano ha raccontato che Valdesio aggregò dei seguaci all’interno di un contesto di povertà e predicazione:” Vagavano alla ricerca di altri uomini a cui trasmettere la fede attraverso la oralità, attraverso un contatto umano puramente predicativo”. Il Mezzogiorno d’Italia era ambito dai valdesi:” Sia per il clima e la fertilità della terra, sia per le caratteristiche orografiche del territorio che garantivano agli insediamenti una protezione naturale; un territorio che riusciva a garantire la sopravvivenza e uno sviluppo, in termini di tranquillità e serenità, a questa gente. Tutte le varie dominazioni che si sono avvicendate nel Mezzogiorno d’Itala nell’arco del secondo millennio, dai Normanni agli Spagnoli, hanno assecondato la presenza di queste comunità composte da gente tranquilla che produceva. Erano entrate in una sorta d’integrazione silente con le altre comunità del Mezzogiorno d’Italia. I Valdesi erano abili agricoltori: producevano olio, vino, cereali; erano anche allevatori, soprattutto di bachi da seta che era la loro attività primaria. Erano anche dei bravi medici”. Il professor Tortora ha anche documentato il contatto esistente tra le comunità Valdesi del Nord con quelle del Sud:” Migranti legati da un grande filo che li mantiene vivi, sia sotto l’aspetto confessionale , sia sotto l’aspetto dell’organizzazione sociale: sono micro comunità che parlano la stessa lingua , hanno una sola religione che li accomuna che è un cristianesimo più diluito rispetto all’ortodossia cattolica, hanno anche un comune modo di mangiare e si sposano tra loro. Creano piccole città all’interno delle quali si svolge un ruolo totale di una vita comunitaria”. Per evitare contaminazioni i Valdesi si organizzano con un ministro itinerante che chiamano Barba:” Il Barba valdese è una figura molto importante: è un monaco laico che non ha moglie e figli e che ha la funzione di ammaestrare le comunità mantenendole in contatto. Costoro rifornivano anche economicamente le comunità attraverso delle collette monetarie”. Secondo il professor Tortora il valdismo medievale non è una comunità, sotto il piano confessionale, rapportabile ad una Chiesa, ma è un insieme di comunità credenti:” Sulla unità del credente, la cui somma fa la Chiesa, è un tema su cui insiste molto anche Papa Francesco. Cristo, attraverso Matteo, ci fa sapere che ovunque vi siano anche una, due o tre persone che si riuniscono in suo nome , lì c’è una Chiesa. E’ una eco del dottrinalismo ecclesiastico. Anche i Valdesi dicevano questo: una, due, tre persone che credono, sono già una Chiesa; non abbiamo bisogno di ufficializzare il tutto, abbiamo bisogno di essere coesi nella nostra confessione. Al di là dei monumenti, degli orpelli, dei riti, è sufficiente credere. Questo messaggio arriva fino alla riforma protestante, fino a Calvino che crea una Città Stato sotto l’egida della Chiesa. I Valdesi creano una Chiesa che si pone come alternativa al Cattolicesimo”. Le comunità Valdesi vengono aggredite durante il periodo dell’Inquisizione:” L’imperialismo spagnolo falcidiò le comunità valdesi, alla luce della Fede. Il nemico andava distrutto”. Un libro che cerca di costruire i dettagli di questa comunità: “Sono i dettagli che costruiscono la Storia”. (Pubblicato su “Il Quotidiano del Sud” edizione di Salerno).
Aniello Palumbo