Venerdì 26 Ottobre 2018 alle ore 19,00 verrà inaugurata presso la Galleria Il Catalogo, in occasione dei festeggiamenti per i cinquant’anni di attività, la mostra dedicata all’artista salernitano scomparso nell’ottobre 2017, con una selezione di opere, alcune mai esposte in pubblico, che coprono l’arco temporale che va dal 1949 al 2004.
Il Catalogo ha Cinquant’anni. “Le città – ha osservato Fernand Braudel – sono libri viventi in cui le civiltà hanno scritto la loro storia. Il contesto urbano è al tempo stesso prodotto dell’identità di una comunità e generatore del senso di appartenenza”. Il 26 ottobre verranno celebrati i 50 anni della galleria il Catalogo, uno spazio che dalla sua inaugurazione, nell’ottobre del 1968 con una mostra di Corrado Cagli, ha sempre rivolto uno sguardo indiscreto e sincero, capace di posarsi nelle pieghe di una sonnacchiosa città di provincia, per costruire una avvincente trama di segni da conoscere e dove riconoscersi, per coloro che avevano ed hanno “occhi per vedere”. Sono frammenti di un discorso che coinvolge senza soluzione di continuità i gesti, i volti e gli spazi della vita quotidiana di Lelio Schiavone e da “soli” 38 anni di Antonio Adiletta. Insieme ci si soffermerà a ricordare immagini di una città fatta a misura d’uomo,e ci si ritroverà avvolti dalla patina del tempo: è la sensazione di rivivere qualcosa, è l’immagine catturata decenni fa che riaffiora nella memoria; uno spazio quello del Catalogo che ha da sempre la capacità di trasmettere un vissuto collettivo.
Diego De Silva, in un breve testo a corredo del depliant della mostra, che vedrà esposte venti tele di Mario Carotenuto, tra cui diverse opere simbolo della inestinguibile empatica amicizia tra Lelio Schiavone e il pittore della Costiera, ricostruisce l’ antico rapporto della galleria di via A.M. De Luca 14, la elegante stradina parallela all’ isola pedonale di Corso Vittorio Emanuele a Salerno, con la città. Tra queste mura è passato l’intero Novecento artistico, letterario e politico, uno spazio che non si è mai prostituito a certo mercato dell’arte, ma è rimasto baluardo etico dei principi estetici donatigli da Alfonso Gatto. Sulle pareti della galleria ri-incontreremo il segno pittorico di Mario Carotenuto ad un anno dalla sua scomparsa, una esposizione in cui ritroveremo i suoi soggetti, le nature morte, i fiori, il notturno, la marina, il paesaggio, l’interno, in un percorso in cui s’intrecciano le vite dell’artista e della galleria. Una sintassi pittorica, quella di Carotenuto che, come quella della nostra galleria, procede dall’attesa dell’inatteso, quella della forma aperta da dare al reale, quella che nasce dalla disponibilità assoluta alla cosa, quella che emerge dalla sospensione e dallo stupore che si genera al suo apparire e al suo accadere. Una sintassi che vuol cogliere, nelle cose e attraverso le cose, quello sguardo misterioso che esse sembrano lanciare, nell’atto di donarsi all’occhio dell’artista: è il volere afferrare quell’esatto momento nel quale l’oggetto lancia una sorta di sguardo dionisiaco, con cui crea e costituisce lo spazio dei significati, consentendo la cattura del senso, nella sua realtà. Questa è la specifica mimesis dell’artista: mimesis, dove realtà e memoria coincidono, perché l’evento reale è caricato di memoria, e dove la realtà si piega all’immagine, diventando spazio semantico popolato di immagini e ricordi, quasi assumendo la specifica forma compositiva del ciclo, del trapassare e del traboccare del quadro, in quello successivo, diventando “racconto”, oggi universale, lasciando assaporare il gusto della nostalgia di un presente che scivola inesorabilmente nel passato.
Mario Carotenuto è nato a Tramonti, sulla Costiera Amalfitana, nel 1922. Frequenta il Liceo “G. B. Vico” di Nocera Inferiore, poi studia Lettere all’Università di Napoli e Pittura, con i maestri Vincenzo Ciardo ed Emilio Notte, all’Accademia di Belle arti di Napoli. Nella sua formazione culturale e artistica sono fondamentali i viaggi a Parigi, nel 1959, a Madrid e Monaco, nonché il sodalizio con poeti e critici d’arte come Domenico Rea, che presenterà la prima personale dell’artista a Roma, nel 1956, Alfonso Gatto conosciuto a Salerno nel 1959, Filiberto Menna, Aldo Falivena, Giuseppe Sciortino ed artisti quali Attardi, Mirabella Mazzullo. I suoi studi, quello di via Bastioni, della Torretta e poi di via San Benedetto, insieme a quello di Minori ove dal 1965 si trasferisce in estate, sono stati luoghi di incontro e conversazioni con Raphael Alberti, Edoardo Sanguineti, Marcello Venturoli, Duilio Morosini, Alberico Sala, Paolo Ricci e Vasco Pratolini. Molte sono le opere realizzate per spazi pubblici, fra queste i pannelli decorativi per il Poliambulatorio comunale di Salerno (1967), per l’Ospedale Civile di Pagani (1967), l’affresco per la Sala delle Conferenze dell’Ordine dei Medici (1968), il grande pannello per la sede nazionale dei Monopoli di Stato a Roma. Per la galleria “Il Catalogo” espone dal 1969 e continua a farlo fino alla sua morte avvenuta a Salerno il 24 ottobre 2017.