“Il busto reliquiario, che ha occupato per secoli il centro simbolico della comunità, permetteva ai fedeli di entrare in relazione con il divino in una dimensione personale: pregando, chiedendo, ringraziando e, talvolta, imprecando”. A raccontare l’effetto terapeutico, edificante, consolatorio e terrificante che viveva chi contemplava i busti – reliquiario è stato il dottor Dario Cantarella, storico dell’arte, che ha evidenziato l’aspetto religioso, funzionale e antropologico dei busti – reliquiario durante la presentazione del suo libro ” Busti – reliquiario di età medievale in Costiera Amalfitana: Cava de’Tirreni, Ravello, Amalfi , Positano”, organizzata dal professor Antonio Gazia e da Alfonso Vincenzo Mauro, direttori artistici de “La Congrega Letteraria “ di Vietri sul Mare. Il dottor Cantarella ha illustrato dettagliatamente i busti – reliquiario medievali e tardo – medievali conservati a Cava de’ Tirreni: Santa Felicita, e in Costiera Amalfitana: Santa Barbara a Ravello; San Basilio, San Giacomo, San Diomede, Santa Caterina d’Alessandria ad Amalfi e San Vito a Positano:” Ogni busto definisce la comunità di appartenenza e la identifica. Ognuno di questi busti – reliquiario ha una lunga storia: sebbene prodotti in epoca medievale, nel XII- XIII secolo, sono stati riaggiornati stilisticamente nel tempo. Erano solo teste nel medioevo, ma in epoca rinascimentale, in epoca barocca, si sentì l’esigenza di dover dare un corpo a queste teste di argento”. Il dottor Cantarella ha spiegato che molti dei busti – reliquiario venivano usati durante le processioni:” Solenni processioni organizzate soprattutto in momenti di pericolo per la collettività: terremoti, carestie, epidemie, siccità. Si sentiva l’esigenza di chiedere aiuto al Santo, attraverso la processione: movimentare il busto con la reliquia del Santo significava aumentare il potere taumaturgico delle reliquie, significava pregarlo con più sollecitudine e fervore”. A volte il miracolo si verificava, come nel caso dell’eruzione del Vesuvio del 1631:” Cava si vide in una nube soffocante di cenere. Il busto di Santa Felicita percorse in processione le strade della città e la cenere si risolse in un’abbondante pioggia purificatrice”, o nel caso della spaventosa tempesta di mare che avvenne in Positano nel febbraio del 1879:” In questa situazione di pericolo i Positanesi, invece di fuggire, portarono in processione, fin sulla spiaggia, le statue della Madonna e di San Vito per fronteggiare e smorzare la tempesta che cessò”. Attraverso le foto scattate da Gaetano Guida, contenute nel libro, si vedono le immagini dei busti illuminate dalle sole luci delle candele: ” Il flebile sfarfallio delle candele, la luminosità parziale e mobile, dà forma alla statua, esaltandone la tridimensionalità”. Il libro, la cui prefazione è stata curata dal professor Stefano D’Ovidio, è edito dal “ Centro di Cultura e Storia Amalfitana”, nella sottocollana curata dalla professoressa Francesca Dell’Acqua, Professore Associato di Storia dell’Arte Medievale all’Università di Salerno, che ha spiegato che i busti – reliquiario non sono solo contenitori di reliquie , ma contenitori di storia:” Non della grande “Storia”, ma di storie locali, di storie fatte dalle comunità che abbracciavano questi reliquiari”. La professoressa salernitana ha anche spiegato che esistono vari reliquiari che hanno forme di parti del corpo: ”In epoca carolingia si realizzarono reliquiari di forma anatomica perché si voleva evocare la fisicità del Santo, renderlo più presente agli occhi di chi ne venerava il ricordo”.
Aniello Palumbo