Hamas ‘cerca casa’, leader verso Iran o Turchia dopo pressing Usa su Qatar

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(Adnkronos) – Da alcune settimane il movimento radicale palestinese Hamas sta cercando un Paese disposto ad accogliere la sua leadership politica, consapevole delle forti pressioni che il Qatar sta subendo da parte di Stati Uniti, Israele e altre potenze occidentali. La posizione storica di Doha come ospite e sostenitore informale della causa palestinese sembra ormai compromessa, aprendo la strada a un possibile trasferimento di Hamas. Con la Turchia, il Libano e l'Iran come mete possibili, quest'ultima la più probabile. Una fonte ufficiale di Hamas ha dichiarato al quotidiano panarabo Asharq Al-Awsat che il movimento non ha ricevuto una richiesta da parte del Qatar, che ospita funzionari di Hamas a Doha dal 2012, di lasciare il Paese, ma allo stesso tempo ha aggiunto che è stato informato dell'esistenza di una richiesta americana in tal senso. "Questa richiesta è stata ripetuta più volte e sembra che si tratti di una forma di pressione americana per costringere il movimento a cedere nei vacillanti negoziati per il cessate il fuoco" a Gaza, ha spiegato la fonte. Sebbene non vi sia stato un ordine ufficiale di espulsione, quindi, la permanenza di Hamas a Doha potrebbe presto ridursi a una mera presenza simbolica, con la possibilità di visite sporadiche per consultazioni su questioni palestinesi, ma senza un vero e proprio ufficio politico permanente. Un funzionario del movimento ha dichiarato al quotidiano online Rai Al-Youm che ''c'è un accordo con i fratelli del Qatar. Se gli americani o i paesi arabi intervengono con la forza della pressione, Hamas si preparerà ad andarsene da solo evitando di mettere in imbarazzo Doha''. Tuttavia, nel frattempo Hamas sta esplorando le opzioni sul tavolo per garantire protezione ai propri esponenti di fronte alla minaccia israeliana. Secondo il quotidiano Rai Al-Youm, le porte della Giordania, Egitto e Siria sembrano chiuse, mentre altre nazioni come Sudan, Algeria e Yemen potrebbero non voler prendersi il rischio di ospitare Hamas. E questo nonostante le dichiarazioni di sostegno alla ''Resistenza palestinese'' e di condanna delle azioni israeliane. Altri Paesi arabi hanno posto condizioni ''estremamente severe'', sostiene il quotidiano, per consentire un'eventuale presenza del movimento, compromettendo così qualsiasi prospettiva concreta di accordo. Tra le opzioni restanti, Hamas valuta la Turchia, il Libano e l'Iran, con una crescente probabilità che i suoi leader si trasferiscano a Teheran. Tuttavia l'Iran presenta anche dei rischi significativi. L'assassinio del capo dell'ufficio politico di Hamas, Ismail Haniyeh, a Teheran ne è un esempio significativo. Tanto che un eventuale rifugio nella capitale iraniana esporrebbe i leader palestinesi di Hamas al rischio di attacchi mirati da parte di Israele. La Turchia è considerata un’opzione sicura per Hamas, grazie ai legami stabili tra Ankara e la leadership del movimento che negli ultimi anni ha instaurato una collaborazione profonda con il governo turco guidato dal presidente Recep Tayyip Erdogan. Secondo la Tv al-Hurra, emittente americana che trasmette in lingua araba, il Libano potrebbe essere un'altra possibile destinazione per Hamas. Nel Paese dei Cedri risiedono già alcuni importanti leader del gruppo, tra cui Osama Hamdan e Khalil Al-Hayya (probabile successore di Sinwar), oltre alla leadership militare e alle basi organizzative del movimento che si trovano nei campi palestinesi. Nel breve termine Raphael Cohen, un esperto americano specializzato in affari del Medio Oriente, si aspetta che le relazioni di Hamas con questi paesi continuino, poiché la maggior parte di loro si trova nell’orbita dell’Iran e fa parte del cosiddetto 'Asse della resistenza'. A lungo termine, invece, Cohen si aspetta che i rapporti tra Hamas, Iran, Libano e Turchia diventeranno più tesi, per due ragioni. La prima, ha spiegato Cohen alla tv al-Hurra, è che Israele continuerà a perseguitare i membri di Hamas ovunque si trovino e questo sarà più facile se saranno fuori dal Qatar. La seconda ragione è che la nuova amministrazione Trump eserciterà pressioni sui paesi che intrattengono rapporti con Hamas spingendoli a prendere le distanze dal movimento, ha concluso l'analista. —internazionale/esteriwebinfo@adnkronos.com (Web Info)