(Adnkronos) – Una mostra offre l'occasione di approfondire la conoscenza della magnifica decorazione della Sala Grande di Palazzo Vecchio, esito fra i più alti del rapporto fra il duca Cosimo I de' Medici, committente dell'impresa, e Giorgio Vasari, suo principale artefice. In occasione dei 450 anni dalla morte di Cosimo e Giorgio Vasari, l'esposizione "La sala grande. Giorgio Vasari per Cosimo I de' Medici" è ospita da oggi, 17 dicembre, al 9 marzo 2025 nello stesso storico edificio di Firenze a cura di Carlo Francini e Valentina Zucchi. La Sala – sorta sul finire del Quattrocento e oggi più nota come Salone dei Cinquecento – conobbe un significativo rinnovamento negli anni Sessanta del XVI secolo, quando il duca ne promosse la decorazione in vista dei festeggiamenti per le nozze del principe Francesco, suo primogenito, con Giovanna d'Asburgo, in programma nel dicembre 1565. I contratti furono siglati nell'aprile del 1563 e videro l'apporto di artisti, artigiani e manovali: le pareti furono sopraelevate di circa 7 metri, il soffitto a cassettoni venne approntato grazie a un solido impianto ligneo e ornato di una ricca serie di dipinti, tesa a comporre una simbolica mappa storico-geografica della Toscana imperniata sulla figura di Cosimo. Sul soffitto campeggiano infatti episodi della storia di Firenze e delle sue vittorie contro Pisa e contro Siena, cui si affiancano allegorie dei quartieri cittadini e delle città toscane. Il progetto decorativo, ovvero l'invenzione, venne sviluppato da Giorgio Vasari con l’apporto del colto Vincenzo Borghini e subì significative variazioni in corso d’opera, impresse per così dire nei tre disegni elaborati in fasi successive dall’artista: disegni esposti in mostra – come le lettere sopra citate – grazie ai prestiti dell’Archivio di Stato di Firenze e delle Gallerie degli Uffizi. L'avvio dell'esposizione coincide con la data del 16 dicembre, anniversario del giorno in cui Francesco I de' Medici e Giovanna d'Austria entrarono solennemente in città, festeggiati da opulenti apparati effimeri fino al palazzo ducale e presenta al pubblico un approfondimento su questa grandiosa fabbrica artistica, perno del programma di rinnovamento promosso da Cosimo per il palazzo ducale e sviluppato da Giorgio Vasari con un’équipe multidisciplinare di maestranze. Oltre ai progetti del soffitto, sono esposti i disegni preparatori di alcune scene dello stesso e delle pareti, riferiti alla mano vasariana: si ricordano i disegni della Presa di Porta Camollia e della Battaglia di Marciano, riferiti agli affreschi per la guerra di Siena, o quelli per il soffitto che raffigurano l’episodio in cui Papa Eugenio IV consegna la propria insegna ai Capitani di parte guelfa o quello in cui Cosimo che studia la conquista di Siena, interessato da un significativo cambio d'impianto poiché il duca, anziché essere circondato dai suoi consiglieri, chiese di essere circondato dalle sue virtù. In mostra la testimonianza della lettera scritta da Cosimo all'artista: "Messer Giorgio Nostro carissimo. La descrittione, con il disegno che Ci mandate con essa per la sala grande et suo palco, Ci piace assai, massime dimostrando li principi dello stato et a poco a poco la sua propagatione. Due cose per hora Ci occorre ricordarvi, L’una che la corona et assistenza di quei consiglieri che volete metterci atorno nella deliberatione della guerra di Siena non è necessaria, perché Noi soli fummo, ma si bene vi si potrebbe figurare il Silentio, con qualche altra Virtù che representessi il medesimo che li consiglieri. L’altra, che in uno di quei quadri del palco si vedesse tutti li stati Nostri insieme, a denotare l’ampliatione et l’acquisto, oltre che son necessarie ancora in ogni historia qualche motto o parole, per maggiore espressione del figurato. Da Pisa li 14 marzo 1563. El Duca di Fiorenza a Giorgio Vasari, Pittore et architetto nostro carissimo a Fiorenza". In mostra è infatti presentata una serie di lettere preziose per comprendere la genesi e il processo dell’impresa, frutto di fitti scambi e aggiornamenti, e in tale ambito spicca il parere di Michelangelo: già nel 1560 Vasari, a Roma, mostrava un modello ligneo della sala al Buonarroti raccogliendone l’autorevole opinione: "Illustrissimo Signor Duca. Io ho visto e disegni delle stanze dipinte da Messer Giorgio e il modello della sala grade con il disegnio della fontana di Messer Bartolomeo che va in detto luogo. Circa alla pictura m'è parso veder cose maravigliose, come sono e saranno tutte quelle che sono e saran fatte sotto l’ombra di V.E. Circa al modello della sala così come è i par basso: bisognerebbe, poi che si fa tanta spesa, alzarla al meno braccia 12". In teca è esposto anche un giornale delle Fabbriche Medicee, le cui filze sono custodite all’Archivio di Stato: si tratta di testimonianze utili per comprendere i dettagli dei diversi interventi – protagonisti, compensi, tempistiche – accuratamente registrati dai funzionari del palazzo ducale, tra cui si annoverano, per esempio, il pagamento nel 1570 a Taddeo di Francesco battiloro per 3500 foglie d’oro, utili per "mettere doro gli ornamenti delle storie delle facciate di detto salone". Alla riuscita dell'impresa, coordinata da Vasari e posta in opera fra il 1563 e il 1565 (fatta eccezione per gli affreschi), concorsero i protagonisti delle Fabbriche Medicee: fra questi Bernardo d'Antonio di Monna Mattea come maestro muratore, Battista di Bartolomeo Botticelli maestro legnaiolo; Stefano Veltroni, Tommaso di Battista, Orazio Porta e Marco da Faenza come decoratori; Giovanni Stradano, Giovanni Battista Naldini e Jacopo Zucchi come pittori. Così, nel dicembre 1565 il principe Francesco e Giovanna d’Austria poterono celebrare le nozze nel nuovo prestigioso salone, offrendo a tutti gli ospiti uno scenario visivo d’eccezione: come riporta Domenico Mellini, nella sala, gremita di gentildonne e gentiluomini fiorentini e di ospiti austriaci e tedeschi, ebbe luogo lo spettacolo teatrale della Cofanaria di Francesco d’Ambra seguito da un sontuoso banchetto; dal soffitto pendevano dodici grandi luci a guisa di corone, mentre le pareti lunghe erano ornate con dieci monumentali tele con vedute di città toscane, inframezzate da luci e da sfere di cristallo piene di acque di diversi colori, «che rendevano per la trasparenza d’un gran lume che gli era dietro a quel corpo diafano che faceva un grandissimo splendore.» L’assetto definitivo delle pareti est e ovest si avrà infatti un paio d’anni dopo, accogliendo sei grandiose scene militari riferite alle guerre contro Pisa e contro Siena. L’intera decorazione, insieme all’Udienza già impostata negli anni Quaranta sulla testata settentrionale (la fontana prevista per la testata opposta non fu mai posta in opera), si impone tuttora allo sguardo come eloquente attestazione di potere, magnificando il ruolo e le gesta di Cosimo I de’ Medici, ma anche come testimonianza delle poliedriche capacità dell'artista e architetto Giorgio Vasari, in grado di coordinare un progetto assai articolato, operandovi anche in prima persona, in tempi rapidissimi. La mostra consente di ripercorrere il processo artistico che ha condotto all'esecuzione di un’impresa tanto rilevante, che ebbe eco in tutta Italia e nelle corti d’Europa, offrendo al pubblico l’occasione di comparare i disegni esposti con i dipinti presenti nella stessa sala, ponendosi come progetto espositivo intrinsecamente connesso con il palazzo e con la sua decorazione. A sottolineare tale intreccio concorrerà la produzione video di Art Media Studio, che accosta le opere esposte alle tavole e agli affreschi della sala e restituisce allo sguardo la visione di particolari e raffronti assai significativi. Parallelamente, in una delle sale che costituivano gli appartamenti di Cosimo, sarà invece esposta un’opera di artigianato artistico che omaggia la figura di Giorgio Vasari, eseguita dal maestro orafo Paolo Penko con estrema cura e perizia. Saranno infatti qui presentate in replica la catena e la medaglia donate all’artista dal pontefice Pio V il 30 giugno 1571 per ricompensarlo dei suoi interventi in Vaticano. Come scrive lo stesso Vasari, egli venne nobilitato dal papa con l’ordine dello Sperone d’oro e con il cavalierato di san Pietro: "A dj 30 di Giugno 1571 S. Santità mj fé Cavaliere Spron doro et mj donò un Cavalierato di San Pietro che costò spedito scudi 900 et dj donativo scudi 150 et una catena di 80 scudi»". Emblemi illustri che non mancano di figurare nel suo celebre autoritratto, oggi presso le Gallerie degli Uffizi. —culturawebinfo@adnkronos.com (Web Info)