Prima volta a Giffoni per Marco Bussetti, Ministro dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca del Governo Conte. Il legame saldo con il mondo della formazione rappresenta un tassello cardine di Giffoni, come testimoniato dalla nascita di un apposito dipartimento “Scuola” guidato da Antonia Grimaldi. Lo spiega al ministro il direttore Claudio Gubitosi che lo accoglie, arrivato in serata da Roma, all’ingresso della Cittadella per una visita alle attività e alle strutture che compongono l’ossatura del Festival.
«Di Giffoni – dichiara il Ministro – ho avuto un’impressione più che positiva. Emerge con forza il lavoro che per il festival, e non solo per il festival, è stato fatto negli anni, partendo dall’intuizione di una mente visionaria come quella di Claudio Gubitosi che ancora sta lavorando per il completamento del suo sogno». Giffoni può essere un riferimento per il MIUR, oltre che un modello e un format a cui guardare: «Penso anche che di positivo qui c’è stata e c’è tuttora una sinergia bella tra le istituzioni, e Giffoni sarà un nostro interlocutore – aggiunge – e il Comune sta facendo un lavoro bellissimo, così come le altre istituzioni. L’obiettivo è fare di Giffoni ancora di più il volano per lo sviluppo economico di un territorio importante».
Nella sala Blu della Multimedia Valley il Ministro è atteso non solo dai ragazzi della Masterclass, ma anche da una nutrita rappresentanza di docenti e di dirigenti scolastici della zona. Sono tante le questioni che gli vengono sottoposte. Partendo da Giffoni. La presentazione è affidata al direttore Gubitosi che ne traccia l’evoluzione da 48 anni ad oggi, rivelando le prospettive che ha in mente. All’orizzonte c’è Giffoni Multimedia Opportunity, che rappresenterà l’evoluzione di Giffoni Experience.
Giffoni made in Campania, una bella storia italiana. Così si chiude il video che viene proiettato in sala per consentire al ministro Bussetti una immediata full immersion. «I nostri ministeri di riferimento – dice Gubitosi – sono il Miur ed il Mibac. Ma l’anno prossimo voglio invitare anche il Ministro della Salute perché Giffoni fa bene alla salute, ai ragazzi, alle famiglie».
La scuola e Giffoni, un binomio strettissimo che passa per il progetto Movie Days che, in ventitrè anni, ha coinvolto 600mila studenti e 80mila docenti fino all’evoluzione del progetto MyGiffoni, concorso dedicato alle scuole e alle loro produzioni cinematografiche.
Trecento, inoltre, le tesi di laurea dedicate a Giffoni, una in lavorazione in lingua ceca. «Ed è – aggiunge il direttore – recentissima l’esperienza presso la George Washington University che ha deciso di studiare Giffoni come best practice, come caso unico al mondo. Per noi un vero e proprio motivo di orgoglio italiano».
Giffoni segue la scuola che cambia e la scuola può cambiare anche grazie a Giffoni: «Siamo orgogliosi del sistema scolastico regionale e locale – ha aggiunto Gubitosi – In dieci anni ho visto una scuola diversa, con persone diverse. Voglio dire a tutti i dirigenti scolastici, a tutti i docenti grazie per quello che fate. È necessario dal mio punto di vista un ponte tra Mibact e Miur per promuovere la cultura del cinema. Sono stati appostati 24 milioni di euro per la promozione della cultura cinematografica nelle scuole. Mi sento di dire di aver contribuito a questi importante risultato. Abbiamo presentato un progetto pilota “A Scuola di cinema con Giffoni” e siamo pronti a partire già in 14 Regioni d’Italia con attività di formazione docenti e di lezione con gli studenti. Mi piacerebbe che arrivasse soprattutto nelle scuole periferiche, nelle Regioni che più di altre hanno bisogno di queste attività. Vogliamo andare in realtà dove, mettendoci le nostre energie, potremo arrivare in breve a risultati tangibili. Se il progetto partirà come mi auguro, in pochi anni avremo un’Italia raccontata dai ragazzi. Sarebbe un risultato splendido per Giffoni e per il Paese».
E da Giffoni parte un’altra idea, quella di avviare attività di sensibilizzazione relativa alla sessualità e alla fertilità, in un Paese il cui tasso di natalità è sempre più basso. Ne ha parlato al Ministro il ginecologo Fabio Perricone: «Sarebbe auspicabile – ha detto Perricone – avere momenti formativi nelle scuole su tematiche relative alla sessualità. Bisogna informare di più, e farlo nelle scuole. Spero di poterlo fare a Giffoni che è un trampolino per noi».
La parola passa ai ragazzi, ai docenti, ai dirigenti. Tante le questioni aperte per un comparto, quello della scuola e dell’Università, da sempre complesso: «Credo tantissimo – ha esordito così il ministro Bussetti – nella forza che i giovani ci trasmettono e sono molto contento di essere qui. E’ un’occasione molto arricchente per me. Parto dicendo che al Ministero ho trovato una situazione molto difficile e stiamo iniziando ad affrontare le tante questioni aperte». Il ministro Bussetti annuncia cambiamenti sulle modalità di accesso ai corsi universitari, ma anche all’esame di maturità fino all’alternanza Scuola – Lavoro che dice di voler rinnovare, partendo già dalla denominazione.
Un tema molto sensibile è quello del bullismo: «E’ una questione – spiega – su cui immediatamente mi sono attivato. Quello da fare nel contrasto al bullismo è un lavoro culturale, perché anche i bulli hanno diritto ad essere recuperati. Abbiamo già selezionato figure competenti per aprirci anche alla pedagogia, che trovo importantissima».
E, ancora, l’edilizia scolastica su cui annuncia l’appostamento di sette miliardi di euro: «Stiamo lavorando – aggiunge Bussetti – per individuare un canale che ci consenta di spenderli rapidamente». E, poi, l’istruzione professionale, la ricerca scientifica, la sperimentazione del liceo quadriennale: «L’obiettivo a cui tendere – ha spiegato il ministro – è uno sbocco occupazionale rapido. Sulla ricerca scientifica a breve avremo una riorganizzazione perché possa essere in connessione con le aziende e possa stimolare occupazione. Vorrei arrivare a definire un modello complessivo per dare la possibilità ai giovani, come accade in altri paesi europei, di entrare nel mondo del lavoro subito, realizzarsi e metter su famiglia. E lo stesso varrà per chi vuole fare il docente, immaginando meccanismi di accesso all’abilitazione già nel percorso formativo e d’istruzione».
Il cambiamento che il ministro Bussetti auspica è di mentalità: «I nostri ragazzi non valgono cento, valgono di più. Cento è il voto che gli diamo in riferimento ad un compito che svolgono. Ma i nostri ragazzi sono persone e le persone valgono. Questa realtà lo ha dimostrato: siete una terra ricca, intelligente, preparata. Avrete tutte le carte in regola per affrontare nuove sfide e per vincerle».
Gadget, selfie e grande entusiasmo per i giffoners protagonisti dell’anteprima dell’avventura cinematografica di “Teen Titans GO! Il Film”, la squadra di adolescenti supereroi protagonista della serie animata firmata Dc Comics e Warner Bros e della quarantottesima edizione del Giffoni Film Festival. Per i giurati è una doppia anteprima, visto che il film – distribuito a livello internazionale da Warner Bros. Pictures – arriverà nelle sale italiane il 6 settembre e nei cinema nordamericani dal 27 luglio 2018.
Prima dell’ingresso in sala, 700 bag speciali sono state consegnate ai giurati che per una sera si sono “trasformati” in Robin, il leader del gruppo. Dentro lo zainetto altri due regali: una bevanda brandizzata con i beniamini della serie e un activity book con cui giocare. Per la prima volta ad un Festival, poi, è stata presentata la strepitosa copertina di uno dei tre libri che verranno pubblicati da RW Edizioni (collana Dana Kids) in occasione dell’uscita al cinema. Un’altra sorpresa inaspettata ha accompagnato il pubblico nella visione: il disegnatore Pasquale Qualano, autore della cover del volume, ha raccontato com’è stata realizzata e cosa si aspetteranno dal fumetto.
Il lungometraggio riprende in chiave parodistica le quattro stagioni dell’acclamata serie andata in onda, a partire dal 2013, su Cartoon Network e Boing. La nuova avventura inizia proprio con Robin, il leader del gruppo, intenzionato a trasformare i suoi amici in protagonisti di un film tutto loro, come ogni supereroe che si rispetti. Devono solo trovare il modo di farsi notare dal miglior regista di Hollywood: con alcune idee stravaganti e una canzone nel cuore, i Teen Titans si dirigono verso Tinsel Town, certi di riuscire a realizzare il loro sogno. Ma quando il gruppo viene ingannato da un Super-Cattivo e dal suo diabolico piano per conquistare la Terra, le cose si mettono male, la loro amicizia e il loro spirito di combattimento vengono meno, il loro stesso destino è messo in gioco.
Teen Titans Go! Il film è diretto da Peter Rida Michail e Aaron Horvath, da una sceneggiatura di Michael Jelenic e Horvath, basato sui personaggi della DC. Horvath, Jelenic, Peggy Regan, Michail e Arnett sono i produttori, con Sam Register produttore esecutivo. Le musiche sono di Jared Faber.
Dalla passione per il cinema all’ammirazione per il Giffoni Film Festival, dall’avvento di Cristiano Ronaldo nel campionato di calcio italiano agli indici relativi alla pratica dello sport, dall’autonomia del Coni rispetto alla politica all’opportunità che le Universiadi possono rappresentare per la Campania. Il presidente del Comitato Olimpico Nazionale Giovanni Malagò incontra, nei locali dell’Antica ramiera, i giovani della Masterclass Talk. E, rispondendo alle loro domande, traccia un quadro complessivo della situazione attuale del mondo dello sport.
Dopo l’arrivo alla Cittadella e la visita alla Multimedia Valley, è l’incontro-confronto con i masterclasser che anima la sua visita. Accolto dal direttore del Giffoni Film Festival, Claudio Gubitosi, Malagò non nasconde la sua ammirazione per il Giffoni e la sua passione per il cinema: “Sono felice di essere qui perché ne ho sempre sentito parlare. Ho accettato subito l’invito a venire”, afferma. E aggiunge: “Sono sempre stato molto attratto dal cinema. Il 90% dei miei amici viene dal mondo del cinema e penso che la migliore serata da trascorrere consista nell’andare al cinema a vedere un buon film e poi mangiare commentandolo”.
Incalzato dalle sollecitazioni del giornalista Antonio Esposito e dalle domande dei ragazzi, il presidente affronta più temi, a partire dalle Universiadi: “È tema delicato – ammette – Ho fatto parte della cabina di regia nazionale a palazzo Chigi: non c’era alcuna alternativa alla situazione del commissario. Ma guardiamo il bicchiere mezzo pieno – esclama – è un miracolo che le Universiadi siano andate avanti ed è abbastanza un miracolo che i fondi a esse destinati non siano stati toccati. Mettiamo da parte polemiche e personalismi. Si deve lavorare ventre a terra perché i soldi ci sono”. Tanto più che “le Universiadi in Campania sono un’opportunità da non vanificare, non possono che fare bene – sostiene – perché c’è una lista infinita di impianti sportivi che sono disastrati, a iniziare dal San Paolo”.
Toccato anche il tema dell’autonomia del Coni, alla vigilia del suo ingresso nel Cio, il Comitato olimpico internazionale. “Per il sistema sportivo mondiale, la politica deve stare fuori dal sistema sportivo perché l’autonomia è sacra – spiega Malagò – Se domani mattina un dittatore vuole impossessarsi del Coni di un Paese, in automatico il Cio commissaria quel Paese”. Non manca un riferimento all’avvento di Cristiano Ronaldo nel campionato italiano e una rassicurazione alla preoccupazione dei ragazzi che la presenza di Cr7 possa oscurare ancora di più discipline dove l’Italia è un’eccellenza: “Se guardiamo ai numeri, a livello statistico non c’è mai stata così poca importanza per il calcio come negli ultimi anni. Certo, il gap rimane enorme, ma lo stiamo recuperando”.
Altri dati vengono chiamati in causa rispetto alla pratica sportiva: “Gli indici relativi alla pratica dello sport sono in costante crescita. Soprattutto considerando che la fascia di età 18-35 anni, quella in cui rientrano i potenziali soggetti che fanno le Olimpiadi, si è notevolmente ridotta: in Italia dal 1997 a oggi ci sono 5 milioni in meno di ragazzi di quella età. Malgrado tutto, negli ultimi 21 anni siamo riusciti a fare risultati sportivi migliori del ‘97. Siamo al miracolo puro!”, esclama. Prima di ricevere la maiolica di Giffoni 2018 e di concedersi a fotografie e selfie con i ragazzi, il presidente del Coni si sofferma, tra l’altro, su altri due punti: il rapporto sport-salute e sport-meritocrazia. “Ci stiamo spaccando la schiena per raccontare che chi fa attività sportiva dà benefici sia termini di risparmio della spesa pubblica che in qualità della vita – spiega – Dobbiamo convincere la gente a fare un mimino di attività sportiva. Anche solo a mettere il calzoncino e fare almeno una passeggiata, se veloce ancora meglio”. E infine: “Lo sport è meritocrazia, non ci sono santi. Chi è più bravo vince. Questo non mi sembra accada in altri settori della vita. Nello sport – dice – ti alleni e ti impegni per cercare di essere più bravo. Negli altri settori, paradossalmente se cerchi scorciatoie si creano danni per la collettività”. Ed evidenzia: “Normalmente nel sistema scolastico, sia fino alla maturità che all’Università, gli atleti più sono di livello e più eccellono. Perché hanno la testa per capire come studiare, sono concentrati. Mettono nello studio la disciplina dello sport”.
Diventare Toporeporter è un sogno? A Giffoni è possibile, grazie ai Topolino Lab! Volti concentrati, mani sporche di colore e inchiostro e la possibilità di costruire un “Topolino Express”, una vera e propria rivista ‘formato ragazzi’. A gruppi di quindici, armati di pazienza e amore, le giovanissime leve della redazione si dedicano alle tre parti di questo specialissimo giornale! Su un lungo tavolo bianco a macchie – di colore! – i giffoners creano dal nulla una storia a fumetti. Dal titolo alla sceneggiatura, passando per i disegni e lo storyboard, tutto nasce dalla fantasia dei ragazzi. Allo stesso modo, il gruppo centrale di ‘laboratorio della creatività’ si dedica a disegni sul tema ‘AQUA’, che caratterizza il Giffoni Film Festival 2018.
Infine, il cuore della redazione, alla sinistra del tavolo i reporter che scelgono la notizia del giorno per ogni “Topolino Express”. Per qualcuno, persino una sfida ancora più grande: ideare la copertina variant, perfettamente in tema con lo speciale in vendita solo a Giffoni! Il risultato finale è una festa per gli occhi che assistono al divertimento dei tanti bambini accorsi per celebrare Topolino! Li potrete ammirare fino alla fine del Festival allo Stand dedicato a settimanale che trovate subito all’esterno della Cittadella del Cinema di Giffoni Valle Piana. L’appuntamento con i Topolino Lab è ogni giorno, fino al 28 luglio, alle 12 e alle 18.30!
Rocco Papaleo, attore lucano e volto di Athos nell’ultimo lavoro di Giovanni Veronesi Moschettieri del re, ha incontrato i ragazzi della Masterclass Classic pomeridiana. Il comico ha presentato il film che uscirà nelle sale italiane il prossimo dicembre, accompagnando alla visione di qualche breve frame anche dettagli di lavorazione e piccoli aneddoti del set. “La scelta del cast non poteva essere più pertinente e ben riuscita”, ha premesso il comico. “Pierfrancesco Favino interpreta un iconico D’Artagnan, Mastandrea ben veste i panni di Porthos, Aramis ha tutte le prerogative della fisionomia di Rubini. A me, invece, è spettato il gravoso compito di un effervescente Athos. Tutti e quattro, ognuno con la propria personale interpretazione, rendiamo possibile l’attuazione di uno stravolgimento grottesco della consueta trama dei moschettieri”.
Nel solco della tradizione della commedia di genere all’italiana, Veronesi ha difatti scelto di reinterpretare le vicende dei quattro eroi nati dalla penna di Alexandre Dumas: “I nostri personaggi sono ben lontani dagli stereotipi della tradizione cavalleresca”, ha proseguito Papaleo. “Siamo quattro figure particolari: un allevatore di bestiame con oggettive difficoltà di comunicazione, un castellano, un uomo di chiesa con diversi debiti e un locandiere che ha il vizio dell’alcool. Nonostante le nostre dissonanti prerogative, per amore della comune patria, decideremo di riprendere ad essere spadaccini in seguito al richiamo compiuto dalla regina per salvare la Francia dalle cospirazioni del perfido cardinale Mazzarino e della sua assistente. In quattro, nonostante il tempo ci abbia reso cinici e per molti aspetti disillusi, ci impegneremo a difendere i perseguitati Ugonotti e il giovane Luigi XIV”.
Una missione eroica d’altri tempi, per la quale il regista ha scelto le suggestive location offerte dalla regione Basilicata: “Il film, distribuito da Vision Distribution, è stato sostenuto dalla Lucana Film Commission e dalla Regione Basilicata, e ha sfruttato tutta la bellezza di luoghi incantati come Matera, Grottole, Pietrapertosa, il Volture. Una scelta funzionale alla forza della pellicola, così come funzionale è stato scegliere di presentarlo a partire dal Giffoni Film Festival. Voi giffoners siete gli unici portatori di energia sana”, ha concluso Papaleo.
Due film in uscita in autunno, due scelte professionali importanti fatte in attesa di una risposta “ma qui si respira tranquillità, e nello stesso tempo si sente un’energia che ricarica. Qui c’è la vita”: Sarah Felberbaum è arrivata al Giffoni 2018 pronta a rispondere ai giurati che l’aspettano in sala. “Tutti mi dicono che i giffoners sono senza filtri: è bello che lo siano”, anche se nasconde un po’ di preoccupazione stemperato da un sorriso ammaliante. “È la prima volta che vengo e avevo proprio voglia di vedere questo Festival con i miei occhi” dice a chi già le chiede un consiglio per diventare attrice: “Non abbiate fretta. Non aiuta. Meglio aspettare e ponderare ogni scelta. Meglio dire qualche no che tanti sì che non portano a nulla”.
Ponderate di certo le scelte che la riporteranno in autunno al cinema. Il 18 ottobre sarà in sala con Nessuno come noi, di Volfango De Biasi, tratto dall’omonimo romanzo di Luca Bianchini, con Alessandro Preziosi al suo fianco, ambientato in una Torino. “Interpreto Betty, un’insegnante di liceo, di quelle che stabiliscono rapporti stretti con i suoi ragazzi. Finirà però per innamorarsi del padre di un suo studente, sposato: per lei arriverà il momento di scegliere cosa fare della sua vita, di prendere una direzione. Lei sceglie di mollare tutto e di pensare a sé. Ma non sarà tutto semplice”. L’8 novembre sarà la volta di Uno di famiglia, diretto da Alessio Maria Federici, che vede nel cast anche Pietro Sermonti, Lucia Ocone e Nino Frassica. “Qui sono Regina, la fidanzata di Luca (Sermonti): in coppia da 10 anni, ridono ancora insieme, si desiderano. Amori così esistono e sono un sogno e che vanno raccontati. Ma a un certo punto Luca si trova di fronte a una situazione alla quale non può dire di no, con tutto quello che ne consegue”.
Per la tv, che l’ha vista apprezzata protagonista di Stasera Casa Mika e nel cast della miniserie I Medici, è in attesa di risposte: “Dopo Mika non sono arrivate altre proposte. Ma non so neanche se le accetterei – aggiunge – Ho scelto quello perché era speciale e dovrei trovare qualcosa di altrettanto speciale. In ogni caso sono in quella terribile e classica fase in cui aspetti di sapere se ti hanno preso. Lo scopriremo insieme tra qualche settimana”. Particolari potrebbero esserlo sicuramente il nuovo programma di Fiorello su Rai 1 in autunno o, perché no, Sanremo 2019 con Claudio Baglioni. Lo farebbe? “Io non dico mai di no, perché poi non sai cosa potrà succedere. Per come sono fatta io vorrei capire bene il mio ruolo in quel contesto”. L’importante, come ha detto ai jurors, è ponderare le proprie scelte.
“La musica è di tutti. Lega tutti, riesce ad unire. Credeteci”. È un messaggio di tolleranza e apertura, contro le barriere, ma anche di sostenibilità ambientale quello di Francesca Michielin ai giffoners. “Mi sento proprio fortunata, non ho più nessuna esitazione, nessun pregiudizio, amo conoscere le persone diverse da me”, insiste. Sensibile e sorridente, si confronta con i giovani in due momenti diversi, il Meet the Stars e la Masterclass Green per sensibilizzare alla tutela dell’ambiente. “Ho 23 anni e non voglio insegnarvi nulla, voglio semplicemente portarvi la mia testimonianza. Non lasciate mai che qualcuno scelga per voi”. Racconta di sé, del suo percorso artistico e del desiderio di riuscire ad avere sempre l’attitudine a vivere rock: “A me non interessa essere trasgressiva o volgare e scrivere cose con parolacce. Io voglio essere rock e cazzuta. Voglio riprendermi i miei 16 anni e quella spensieratezza con la consapevolezza e la maturità di oggi. Sono molto felice di essere al Giffoni, in particolar modo per la Masterclass Green, non solo perché il verde è il mio colore preferito, ma perché il mio disco “2640” (che riprende nel titolo l’altitudine della città di Bogotà), uscito a gennaio, ha come tema le nuove tecnologia e l’ecosostenibilità”. Un album che realizza una collaborazione con Treedom, piattaforma digitale che permette di piantare un albero e seguirne la tracciabilità. “Un modo non solo per salvare il pianeta, ma anche per salvaguardare il lavoro degli agricoltori locali e per controllare che non ci sia alcuna forma di sfruttamento – insiste – siamo arrivati a 24mila streaming del disco e quindi a 307 alberi piantati in una foresta del Kenya”. Tra le varie specie da poter piantare, anche una “limited ediction Francesca avocado”: “Un’ibridazione tra me e l’avocado – scherza Francesca – Sono molto legata a questo frutto, diventato molto famoso, addirittura esiste la pizza con l’avocado. Le conseguenze, però, investono Bolivia e Perù per la guerra dell’oro verde, con l’inevitabile deforestazione. Mi piaceva che ci fosse una coltivazione biodinamica dell’avocado in più contesti. Il rischio è che spariscano produzione autoctone per coltivazioni intensive di moda”. Parla di 2640 e del processo creativo: “Ho fatto dischi sempre in maniere istintiva, incosciente. Solo dopo mesi ti rendi conto di cosa hai fatto, durante il tour, perché c’è uno scambio di energia. Io scrivo sempre quando non potrei farlo. Capita che sei incasinato e arriva l’ispirazione, magari stai uscendo di casa, sei in ritardo, ma hai bisogno di 10 minuti per fissare un’idea. Sembri davvero un pazzo, ti devi isolare dal mondo – ride – In questo momento preciso, però, sento di aver dato tutto ed ho bisogno di ricevere, di prendermi del tempo per stare anche un po’ in silenzio”. Un legame speciale, inoltre, con la città di Napoli che Francesca confessa ai suoi fan: “Durante la settimana di Sanremo mi prendo dei momenti per me, vengo a Napoli, prendo un treno alle 6 del mattino da Milano, mi metto in riva al mare, mangio. Mi fa ridere, perché in questo disco c’è il confronto costante con il mare e i miei luoghi non sono mare – continua Francesca, originaria di Bassano Del Grappa – A Napoli sento un’energia particolare: c’è il vulcano, ma anche il golfo da cui sono affascinata e mi chiedo quanti artisti napoletani abbia ispirato. Io mi sento molto in difficoltà, non è mai esistito un cantautorato veneto, ma molta scuola jazz. A Napoli c’è la città, ma anche la natura molto forte. Se una città sta funzionando bene, hai meno esigenze di fare musica. L’ispirazione è una fuga da qualcosa. Le terre di confine sono terre di grandi contrasti, si muove qualcosa sotto”. È la rottura dentro di sé, però, da ricercare come stimolo nella genesi creativa, “mettere in discussione, scomporre, perché dalla crepe bisogna fare uscire la luce” ed è così che prendono vita i brani che saranno inseriti nel prossimo album. Confessa di non voler rifare Sanremo ma di voler ripetere l’esperienza dell’Eurovision, che ci ricollega al tema ambientalista nella performance di “Nessun grado di separazione”, con le bustine di semi sconosciuti lasciati nelle sei citta ripercorse in autobus dal Veneto a Stoccolma. E, infine, il legame con Bassano: “Una città che non ho mai capito e non capirla ha dato spazio alla mia immaginazione – insiste – multietnica e tollerante, con festival underground e alternativi. È un unicum per tolleranza, non città manifesto, con una politica aperta, con luoghi per culti diversi. La musica lega tutto. Tutto il Veneto è legato alla cultura ebraica, ci sono festival come “Back to Africa” della comunità ganese e rassegne come “Suoniamole al razzismo”. La musica crea legami”.
La musica è una delle costanti della sua vita, un po’ come il Festival di Giffoni. Il rap lo accompagna da piccolissimo, da quando grazie a suo fratello maggiore si avvicinò per la prima volta a questo mondo. Un mondo che sarebbe poi diventato sempre più suo, dai primi beat con Sacre Scuole a quelli con i Club Dogo che hanno fatto la storia di questo genere in Italia. È Don Joe, un veterano del Festival, ospite della 48esima edizione del Giffoni Film Festival: “La musica è una valvola di sfogo, è il luogo dove siamo liberi di confrontarci. È come Giffoni, un posto dove c’è libertà d’espressione contraddistinta da dibattito e energia”. Un percorso caratterizzato dal sacrificio il suo, dalla passione smisurata e dal coraggio di credere forte in quel sogno nato tra una break e l’altra di suo fratello: “È stato lui a mostrarmi questo mondo, è un maestro di vita – ha raccontato ai masterclasser -. Lui ballava break quando cominciava a svilupparsi questo fenomeno in Italia, lo osservavo e scoprivo momenti di ispirazione intensi quanto sorprendenti. Mi avvicinavo al rap, alle sue molteplici sfaccettature e ai suoi racconti di vita vissuta. Del resto, è per questo che oggi tanti giovani si rivedono in questo genere, perché il rap racconta le cose che succedono senza edulcorazioni”. Appassionato e appassionante Don Joe: “L’umiltà deve essere la costante – ha raccontato -. Tanti non lo vogliono accettare ma è quello il segreto per riuscire ad arrivare con sincerità ed immediatezza. Il futuro? Non deve spaventarvi, è stato incerto per tutti ma voi dovete resistere e crederci sempre più forte”. Nelle mani di Don Joe i dubbi e le perplessità dei masterclasser: il futuro la loro preoccupazione, la speranza di trovare quel posto nel mondo la principale necessità. “Tutte le volte che ho la possibilità di incontrarvi spero che la mia storia riesca a trasmettervi un messaggio positivo – ha continuato Don Joe -. La vostra paura è dettata da quello che succede intorno a noi, vedete nei grandi una difficoltà e vi spaventate. Quando ero giovanissimo avevo la stessa sensazione, ero una persona semplice che veniva da una famiglia normalissima e le prospettive di farcela mi sembravano così lontane”. Ma la dedizione, lo studio e il talento hanno avuto la meglio e quel ragazzino è diventato oggi artista a trecentosessanta gradi: “Anche se il cammino è difficile, voi provate a fare delle vostre passioni il vostro lavoro. Credete nei sogni e con semplicità e umiltà insistete”. Don Joe oggi è producer, mestiere affascinante quanto complesso. “È un lavoro difficile il mio – ha spiegato ai ragazzi – vedi la musica in tutte le sue sfaccettature. Segui tutti i suoi processi, dall’inizio alla fine. È un mestiere in background che riesce a darti delle soddisfazioni spropositate e quando ti trovi difronte il risultato finale ti rendi conto di quanto sia pazzesco”. Con entusiasmo, per trasmettere a chi spesso perde la bussola la forza di rimettersi in cammino alla ricerca della destinazione giusta: “Vi troverete a fare tanta gavetta, ma anche quella sarà un’opportunità. È la vostra principale occasione, voi ascoltate sempre senza presunzioni tutti i consigli che vi daranno. E credeteci intensamente”. Verso un futuro pieno e libero. Verso il futuro, senza paura.
Il rap protagonista della 48esima edizione del Giffoni Film Festival. Lontani dagli stereotipi, dai pregiudizi e dai luoghi comuni perché la “musica deve unire”: Quentin40 e Vegas Jones non si sono affatto lasciati intimorire dalla loro prima volta al Festival, sguardo deciso e diretto per un incontro a tutto rap. “Il rap non è superficialità. Il problema di oggi è che tutto vale uno e nulla vale più niente – ha sottolineato Quentin40 tra una timidezza pronta a lasciare spazio alla voglia di esprimersi e raccontarsi – non mi sento di essere un esempio sbagliato, non ho mai fatto del male a nessuno e ho sempre lavorato duro”. Giovanissimo ma con le idee chiare, pronto a rivendicare la sua musica: “La cosa bella è riunire persone, condividere emozioni. La mia musica porta dentro valori, sentimenti e vita”. Carichi di entusiasmo, energia e di sogni nel cassetto. “Siamo la generazione che cambierà il mondo, siamo quelli che possono farlo – ha sottolineato invece Vegas Jones – chi fa musica ha una missione, quella di veicolare messaggi ed è importantissimo farlo con il cuore e la verità”. E poco importa se qualcuno è pronto a definirli “quelli della musica per ragazzi”, loro non hanno alcun dubbio: “Il rap è praticità, immediatezza e parla anche ai più grandi. Bisognerebbe smetterla con i pregiudizi”. Un ritmo ben preciso quello dei due rapper poco più che ventenni, un ritmo scandito dall’amore smisurato per la musica e da quella voglia di convincere e conquistare anche i genitori dei loro fan che li vedono troppo “lontani da mostri sacri come Battisti e De Andrè”. Con le idee chiare e a testa alta hanno voglia di trasmettere musica e abbattere quel muro del pregiudizio di chi si ferma al primo ascolto: “Non è intelligente fare paragoni e misurare la musica. La musica è forza, amore, coraggio. E cambia, come cambia la realtà che ci circonda – hanno continuato -. Magari se fossero stati qui Battisti e De Andrè, avrebbero applaudito senza farsi troppe domande”. È musica, in tutte le sue forme e sfumature, semplicemente. Di due ragazzi che sognano di arrivare lontano, con un bagaglio già colmo di numeri da capogiro. Per una musica che unisce.
Terre inesplorate, creature fantastiche, alla scoperta di fondali sottomarini, tra kenyon, vulcani e dorsali oceaniche. Un universo sommerso che apre gli spazi del fantasy da scoprire ad occhi aperti, tra organismi viventi avveniristici e piccoli vermi simili a Yoda della trilogia di Star Wars. Forme di vita affascinanti e nuove forme di energia sono raccontate del docufilm “I tesori sottomarini” proiettato a Masterclass Green in sinergia con la campagna Sky “Un mare da salvare”, realizzato con la collaborazione di National Geographic. Fondali non accessibili all’umanità, da esplorare grazie a prototipi di robot marini brevettati dal bioistituto della Scuola Superiore Sant’Anna. “È il fascino della scoperta – sottolinea il professore Marcello Calisti, ricercatore universitario e National Geographic explorer – Della superficie emersa del pianeta, 3 parti sono terre e 7 oceano, per il 95per cento inesplorati. Sono stanze buie, senza luce: sappiamo che esistono, ma non sappiamo cosa contengono. Oceano è fonte di energia, di vita, di cibo. Gli animali abissali hanno proprietà anticangerogene. Ogni immersione è una scommessa, ci permette di scoprire 4 nuove specie”. Per esplorare oceani e zone fotili senza luce, con pressioni altissime e temperature bassissime, è necessario costruire piccoli sommergibili robot, con una tecnologia bioispirata, che copia gli animali marini nella forma, come polpi e granchi, con metodologia “life like”, con pulsioni e iconocità del braccio radiale simile ad un tentacolo, vicini alla simulazione degli essere viventi anche nei movimenti, nella locomozione e nei movimenti di presa. Robot non rigidi quindi, che si ispirano alla natura, con traduzione delle analisi biologiche in strutture ingegneristiche, per aumentarne le capacità esplorative anche in condizioni estreme. Un progetto partito un anno fa, non finanziato né dallo Stato né dall’Ue, ma vincitore di un bando promosso da National Geographic. Il primo prototipo è progettato per arrivare ad una profondità di 50metri mentre il prossimo, entro dicembre, per una di 200metri. “L’esplorazione degli abissi in un futuro immediato ci può aiutare a comprendere il cambiamento climatico – spiega il professore – La Nasa sta studiando le profondità marine per capire come trovare vita sugli altri pianeti. La robotica, inoltre, è un’opportunità rispetto all’inquinamento dei mare, che presenta un dato negativo: quella che vediamo in superficie è una piccola parte, il resto affonda, in quantità quadruplicata nei fondali, che si presentano come dei piccoli cimiteri. Con i robot possiamo monitorare e ripulire”.
Ha esordito con una provocazione: “Non vi chiedo di pensare alla scrivania del futuro. Vi chiedo: se voi foste una scrivania, che sensibilità vorreste avere?”. Nicola Martinelli, fondatore di eFM, ha incontrato stamattina i ragazzi del Dream Team per parlare della grande differenza tra realtà virtuale e realtà aumentata. Che è alla base della diversità tra l’immaginare una scrivania e “essere” una scrivania. “La realtà virtuale – spiega Martinelli – è quella che abbiamo visto in Matrix o in Avatar, è l’immergerci completamente nella tecnologia scomparendo come persone. Ci proiettiamo dentro i device, perdendo il contatto con il mondo esterno. Un’evoluzione non positiva della società”. La strada da percorrere è un’altra, dice ancora, ed è “quella della realtà aumentata, perché la tecnologia ci deve aiutare a rafforzare le collisioni, i contatti, con il mondo reale, non allontanarci. Noi di eFM vogliamo costruire luoghi e ambienti all’interno dei quali far crescere le relazioni fisiche, in cui ci si possa far conoscere e avvicinare, cose che nel mondo virtuale non avvengono”.
Con questo obiettivo Giffoni Innovation Hub, in collaborazione proprio con eFM, ha ideato il progetto Boom: un concept di spazi modulari in cui bambini, ragazzi, genitori e insegnanti possano crescere e interagire, creare e parlare un comune linguaggio digitale che non escluda però il contatto reale, fisico. “Vogliamo partire subito con le scuole – precisa Antonino Muro, fondatore del Giffoni Innovation Hub e responsabile del progetto – coinvolgendo quelle di primo e secondo grado, portando al loro interno i nostri format di educazione digitale, progettati seguendo le direttive del Miur. Se Efm porta i contenitori, noi mettiamo i contenuti. Questa collaborazione è un onore e una grande opportunità perché permette anche di rilanciare spazi tradizionali o poco sfruttati, come aule abbandonate o spazi non utilizzati nei Comuni, e farli rivivere grazie al digitale, innovarli”. “Cerchiamo di colmare il gap che c’è tra la nostra capacità di comprendere le tecnologie – aggiunge Martinelli – e l’evoluzione delle stesse tecnologie, che ci hanno cambiato la vita. Gli spazi modulari sono destinati a scuole, uffici, chiunque abbia voglia di lavorare a un’educazione all’utilizzo degli strumenti digitali in nostro possesso, per evitare che siano gli strumenti a possedere noi”. I ragazzi del Dream Team sono, su questo fronte, già avanti: alla domanda sulla sensibilità, se si trovassero a vestire i “panni” di una scrivania, hanno risposto che come prima cosa vorrebbero conoscere altre scrivanie, costruire alleanze, interagire.
L’educazione stradale è un argomento sul quale insistere fin dalla tenera età, e per avvicinare i più giovani al rispetto delle regole della strada, Giffoni Experience, in collaborazione con l’Automobil Club d’Italia, ha realizzato un cortometraggio dal titolo Le regole della vittoria. Presentato questa mattina in Sala Lumière, alla presenza del presidente dell’Automobil Club d’Italia, Angelo Sticchi Damiani, del regista, Manlio Castagna, di Emanuele Pirro, pilota e commissario di gara di Formula 1, di Giancarlo Minardi, presidente Commissione Velocità ACI Sport e dei due giovani protagonisti, Gabriele Minì e Andrea Filaferro, il corto ha riscosso grande successo tra i giurati Generator +18.
«Per noi è stato un lavoro estremamente importante – ha spiegato il presidente di Aci, Angelo Sticchi Damiani – perché noi lavoriamo soprattutto sui più giovani, partiamo da loro quando ancora sono bambini. Grazie a Karting in Piazza, abbiamo avvicinato più di diecimila bambini tra gli otto e i dodici anni, sensibilizzandoli sull’importanza del rispetto delle regole». La strada è un luogo potenzialmente pericoloso: «per aumentare la sicurezza su strada, è necessario seguire le regole moderando la velocità – ha aggiunto Sticchi Damiani – non a caso il nostro motto è “Un secondo in meno ti fa vincere, un minuto in più ti salva la vita”».
«È stata una esperienza divertente, perché abbiamo raccontato un mondo, quello delle corse, a me sconosciuto, in maniera effervescente e dinamica. Questo per far capire a tutti voi che correre può essere fondamentale in pista, ma ancora più importante è rispettare le regole, solo così si vince sul campo e nella vita» ha aggiunto il regista Manlio Castagna. Anche Emanuele Pirro, pilota e commissario di gara in Formula 1 ha manifestato il proprio entusiasmo per il lavoro svolto: «per me è un onore essere qui, anche perché abbiamo fatto una cosa diversa da quelle cui siamo abituati noi. Lo sport è educazione perché insegna a soffrire, a meritare le cose. Più si fatica e più si vince, e insegnando il rispetto per le regole si vince due volte». Giancarlo Minardi, fondatore della omonima scuderia che fino al 2005 ha militato in F1 e adesso presidente della Commissione Velocità Acisport, ha sottolineato l’importanza di campagne come questa, finalizzate all’educazione stradale: «prima di diventare atleti e campioni bisogna avere una educazione alla sicurezza. Staremo sempre attenti su questo fronte, per formare prima gli uomini e poi i piloti».
Il suono potente del rock travolge Masterclass Green che, ancora una volta, si trasforma, aprendosi a nuove contaminazioni e linguaggi artistici, dalla musica al videomaking. La lectio si trasforma così in una sorta di showcase in una narrazione sonora per sensibilizzare all’urgenza di acqua nel mondo. Una campagna contro gli sprechi, quello del progetto Rezophonic, ideato da Marco Riso e presentato ai mastercalsser dallo stesso creatore insieme a Cristina Scabbia dei Lacuna Coil.
“Sono L’uomo di plastica. Sono l’eco di un uomo che svanisce”, ripete in una sorta di loop l’inciso del videoclip di apertura in cui si riconoscono le featuring di Caparezza, Sangiorgi e Francesco Sarcina. Nel 2020, infatti, 3miliardi di persone potrebbero non avere più disponibilità di acqua. Ben 213 litri d’acqua giornalieri per il consumo medio di un italiano. “Per me è un privilegio poter essere capitano di quella che definisco la nazionale del rock italiano, 300 artisti per offrire acqua pulita da bere a chi ha sete – spiega Riso – Ho avuto la fortuna di conoscere la sete, durante una trasferta nazionale di artisti tv, di conoscere l’Africa e l’Amref. Mi sono appassionato ad un mondo fatto di povertà, ma anche di dignità. In una spedizione nel deserto e fatto una spedizione del deserto sono stato un giorno e mezzo senza bere. Mi sono rivisto. In quel momento scambieresti qualsiasi cosa per un bicchiere d’acqua. E così ho iniziato a raccontarlo in musica, e la direzione del disco da solista si è trasformato in un progetto umanitario e universale”.
Così prendono vita concerti, cd e sensibilizzazione. “Realizzare qualcosa aiutando gli altri divertendosi, sul palco a suonare, a registrare – insiste Cristina – Un progetto umanitario, di beneficenza, facendo le cose che mi piacciono nella vita. Per alcune persone bere significa camminare ore ed ore per reperire acqua sporca. La charity non è piangersi addosso, ma fare qualcosa portando allegria”. Ad oggi da Zerophonic sono stati costruiti 167 pozzi diventati centri di vita e di aggregazione, 15 cisterne per acqua piovana e 3 scuole.
“La vita non è né qua né là, ma è nell’acqua”, recita uno dei brani scritto con Caparezza. “Io non la spreco” è il claim dell’ultimo videoclip che incrocia sonorità rock e rap, che invita a non sprecare ciò che si ha, con il contributo, tra gli altri, di Shade, Pippo Baudo, Javier Zanetti, Ringo, Alessandro Borghese, Claudio Cecchetto, Diego Abatantuono e tantissimi altri artisti che sostengono l’idea. Insieme tante anime e tanti universi sonori indipendenti, con musica rock liquida, cangiante. “È un privilegio sentirsi utili a qualcosa di speciale che non ha prezzo. Chi ha avuto tanto deve restituire. IìOggi che posso fare dei primi bilanci, ho realizzato ho suonato su oltre 150 dischi italiani, volevo vivere rullando su un tamburo, bisogna restituire; abbiamo sostenuto. Dove c’è bisogno di musica, di sorrisi, portiamo il nostro contributo. È difficilissimo parlare alla gente attraverso la musica. Qua in Italia c’è una sovrastruttura ed io non voglio scendere a compromessi, preferisco la filosofia dei piccoli passi”.
Il legame con Giffoni risale al lontano 2005, quando Banca della Campania stabilì una partnership molto articolata con il Giffoni Film Festival, durata fino al 2014. Dopo una pausa durata tre anni, la Banca è cresciuta ulteriormente divenendo SpA con il nuovo brand BPER Banca (oggi sesto gruppo bancario italiano), e ha ripreso quell’antico legame. I presupposti sono gli stessi di allora: sostenere le iniziative culturali di spessore dedicate ai giovani.
“Sappiamo tutti molto bene che un Paese che non investe sui giovani è un Paese senza futuro – dice il direttore territoriale BPER Banca della Campania Ermanno Ruozzi – Oggi in Italia abbiamo, più che nel resto del mondo occidentale, una difficoltà nel far funzionare virtuosamente il rapporto tra crescita, nuove generazioni e futuro. BPER Banca è convinta che per alimentare questo rapporto virtuoso è necessario innanzitutto investire sui giovani e sulla loro formazione culturale. La competizione globale non è più nell’industria manifatturiera o nel commercio, ma nei cervelli. Dare spazio al nuovo di cui le nuove generazioni sono portatrici e aiutare tale “nuovo” ad essere vincente nei processi di cambiamento di questo secolo è la sfida che abbiamo davanti. Questa sfida chiama in causa sia le giovani generazioni sia quelle più mature. La nostra banca ha 150 anni, è una Banca che ha un’importante esperienza alle spalle ma che è allo stesso tempo molto protesa al futuro di cui solo i giovani possono essere artefici”.
E poi aggiunge: “Siamo qui a Giffoni per dare il nostro sostegno alla macchina culturale del festival, per aiutare i giovani a crescere attraverso esperienze di altissimo livello. La spinta giovanile verso l’innovazione, come ricerca di nuove soluzioni, è ancor più importante oggi in un mondo sempre più complesso e in continuo mutamento. Noi abbiamo bisogno di questi ragazzi, per loro dobbiamo impegnare risorse economiche e intellettuali. Siamo felici di farlo anche sostenendo il Giffoni Film Festival che ormai è prossimo ai suoi 50 anni di attività”.