Fondi comuni o fondi pensione? Il futuro si affida ai PAC.

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È ufficialmente andata in pensione la “moda” del mattone: fino a qualche anno fa, gli italiani preferivano conservare in casa (sotto il mattone) i propri risparmi, oppure preferivano investire nel mattone – ossia in case e appartamenti di proprietà – per garantirsi una rendita o un lascito per le generazioni future.

L’attualità parla di un’evoluzione, di una maggiore coscienza dei rischi legati a queste pratiche obsolete e all’andamento poco prevedibile del mercato immobiliare. Per questo, coloro che si ritrovano con una discreta somma risparmiata nel corso degli anni si trovano di fronte ad una scelta: investire o conservare. La seconda scelta è messa a rischio dall’attuale situazione delle banche nazionali e internazionali, ed è per questo che, dati alla mano, salgono gli italiani che preferiscono piccole forme di investimento. Gli strumenti più apprezzati sono senza dubbio i fondi comuni d’investimento e i fondi pensione, a causa della caratteristica carenza di rischi e di una rendita orientata al lungo periodo. Delineare le differenze tra le due formule potrebbe dipanare i dubbi dei meno avvezzi al mercato finanziario.

Come è possibile intuire dalla denominazione, i fondi pensione sono l’opzione principale per integrare la previdenza pubblica, mentre i fondi comuni di investimento, pur essendo utilizzati anche come forma integrativa della pensione, sono la scelta ideale di tutti gli investitori che ricercano una rendita nel medio o nel lungo periodo. La differenza più importante sta nella tassazione a cui sono sottoposti i due strumenti, che può influire in maniera netta sul rendimento.

Per quanto riguarda i fondi pensione, si avvalgono delle rate versate dall’investitore direttamente o attraverso il Trattamento di Fine Rapporto (cosiddetto TFR), e si dividono tra quelli negoziali e quelli aperti. I primi si rivolgono essenzialmente a quei lavoratori che hanno svolto impiego dipendente, i secondi, invece, così come i PIP, sono aperti a tutti gli italiani che hanno in essere – o hanno avuto – un qualsivoglia rapporto lavorativo. L’obiettivo dei fondi è quindi il profitto, generabile solo al termine di un periodo di tempo, con una limitazione all’utilizzo dei fondi prima della data prevista.

Decisamente diverse le caratteristiche dei fondi comuni di investimento, che, anziché alimentarsi attraverso TFR o rate, si dividono in quote che possono essere acquistati dai risparmiatori, a seconda delle esigenze e della volontà: è quindi scontato pensare che i fondi comuni si compongono da somme differenti, gestite dalle cosiddette SGR, società che hanno il compito di rispettare le esigenze degli investitori nel momento di investire il capitale sui mercati finanziari. In questo caso, la variabile è caratterizzata dal rischio, che può essere alto, medio o basso a seconda degli obiettivi prefissati in fase decisionale.

L’unico strumento che ha caratteristiche simili ad entrambi i fondi è il cosiddetto PAC, ossia il Piano di Accumulo Capitale: la sottoscrizione di questo prodotto consente di investire attraverso una rateizzazione. La parola chiave, in questo caso, è flessibilità: l’investitore può ritirare il suo investimento in qualsiasi momento, e non deve necessariamente rispettare né vincoli temporali, né l’importo e la cadenza dei propri versamenti. Questa forte personalizzazione apre le porte del mercato finanziario anche ai piccoli investitori, che possono compiere passi commisurati al proprio fabbisogno, alla propria propensione ai rischi e alle proprie tasche. Il PAC garantisce anche una certa protezione dalle oscillazioni del mercato, proteggendo i fondi da eventuali crisi e dagli imprevisti che restano all’ordine del giorno. Fondamentale anche l’innovativa diversificazione del portafoglio dei PAC, che consente di ammortizzare guadagni e perdite per un andamento più lineare dell’investimento.