dall’Associazione Salute e Vita riceviamo e pubblichiamo
Si è tenuto ieri, 18 maggio 2022, il secondo tavolo di approfondimento tecnico sulle Fonderie Pisano al quale, nonostante le innumerevoli richieste effettuate a chi di dovere, non siamo stati invitati a partecipare. Eppure, le varie figure professionali appartenenti al Comitato/Associazione “Salute e Vita”, ovvero avvocati, medici ed ingegneri, con i fatti hanno dimostrato la loro competenza nella questione: è infatti risaputo che solo grazie al loro intervento, nel corso degli anni, è stato possibile chiudere, anche se temporaneamente, il “mostro di Fratte”.
Il rifiuto di far partecipare i tecnici che più conoscono la materia in questione, costituisce da sé la prova che l’unico obiettivo del tavolo è quello di costruire un alibi “istituzionale’” alla prosecuzione dell’attività delle Fonderie, che dopo la pubblicazione dello Studio SPES e lo studio epidemiologico a cura di scienziati internazionali come i professori Annibale Biggeri e Francesco Forastiere, che a Taranto hanno dimostrato il nesso causale con l’ILVA e che si sono espressi in modo incontrovertibile anche nella Valle dell’Irno, dovrebbero essere chiuse ad horas da parte delle Autorità Competenti, ossia ASL, Comune di Salerno e Regione Campania.
Quello che però emerge, a nostro giudizio, è la volontà del potere politico di raggiungere due obiettivi: il primo è che l’azienda non sarebbe responsabile dei danni alla salute, ascrivibili a chissà quali altri motivi di inquinamento (quando nelle relazioni dei Consulenti Tecnici d’Ufficio è stato già precisato che l’inquinamento di metalli pesanti è specifico dell’attività delle fonderie e non collegato ad altre fonti inquinanti presenti sul territorio, come cava ed autostrada), il secondo è che in base a questo motivo può rimanere là ancora per un tempo indeterminato.
A tal proposito abbiamo ascoltato sconcertati la dichiarazione rilasciata alla stampa del sindaco Vincenzo Napoli al termine dell’incontro, secondo cui “gli organi competenti devono individuare un criterio di causalità, testimoniarcelo e notificarcelo; solo in tal modo potremo intervenire drasticamente”. Si tratta di parole molto gravi perché o il sindaco mente sapendo di mentire o non conosce il suo ruolo. Il primo cittadino di una comunità, infatti, può e deve intervenire con un’ordinanza contingibile ed urgente anche solo per un principio di precauzione, soprattutto quando ha dalla sua strumenti quali lo Studio SPES e lo studio epidemiologico. Ma va detto che in questa annosa vicenda siamo ben oltre il principio di precauzione! Nessun organo terzo gli chiederà mai di emanare un’ordinanza per chiudere le Fonderie Pisano: fare questa affermazione significa nascondersi dietro un dito e dietro la burocrazia, per non compiere un atto dovuto nei confronti dei suoi concittadini. E non è un caso che lo scorso 16 settembre abbiamo depositato, presso la Procura della Repubblica del Tribunale di Salerno, un esposto nei suoi confronti, affinché si accerti e si valuti se nei fatti, atti e comportamenti, siano rinvenibili fattispecie penalmente rilevanti procedendo, in caso affermativo, nei confronti del soggetto responsabile, considerando che emerge un contegno omissivo ed è palese una mancata assunzione, protratta nel tempo, da parte del primo cittadino di Salerno, di qualunque iniziativa atta ad imporre il contenimento delle emissioni nocive per la salute dei cittadini, oggi acclarate dallo studio SPES e non solo.
Lo scriviamo oggi a futura memoria: chi ha voluto un tavolo senza di noi è complice di chi inquina e devasta la vita delle persone. Complici sono perciò le Istituzioni coinvolte quali il sindaco di Salerno, il presidente della Commissione Ambiente, il presidente della Regione Campania, l’assessore all’Ambiente del Comune di Salerno, l’ARPAC e l’ASL. Proprio in merito ai rappresentanti dell’ASL, sottolineiamo che al tavolo tecnico di ieri il direttore del servizio di igiene e sanità pubblica dell’ASL di Salerno, dottor Arcangelo Saggese Tozzi, non si è presentato. Dopo le dichiarazioni vergognose rilasciate alla stampa al termine della prima riunione, abbiamo avuto l’ennesimo esempio del comportamento omissivo che la nostra Azienda Sanitaria Locale svolge da sempre, più interessata a difendere interessi imprenditoriali che la salute delle persone.
Abbiamo ascoltato inoltre altre dichiarazioni rilasciate alla stampa da parte dei partecipanti a questo tavolo, in cui l’impegno della “delocalizzazione” veniva nominato più volte. Lo stesso Direttore Generale per il Ciclo integrato delle acque e dei rifiuti, dottore Antonello Barretta, ha dichiarato al termine dell’incontro che “per quello che sappiamo sono state presentate le relate dell’acquisto del lotto a Buccino, ma almeno fino a qualche settimana fa non vi erano richieste autorizzative”.
A riprova di quanto detto ieri dal dottore Barretta, le dichiarazioni di oggi del vicepresidente della Regione Campania Fulvio Bonavitacola non lasciano dubbi. L’assessore regionale all’ambiente rende infatti pubblicamente noto che i Pisano non hanno ancora presentato agli uffici della Regione la richiesta del PAUR (Provvedimento Autorizzatorio Unico Regionale)ed ha dichiarato a mezzo stampa che si tratta di un “comportamento grave, irresponsabile ed ingiustificabile”, non nascondendo neppure “forti dubbi sull’effettiva volontà dell’azienda” di delocalizzare.
Avevamo già detto che l’ultima farsa, solo in ordine di tempo, era quella andata in onda a marzo dello scorso anno, quando gli organi di stampa riportavano che i vertici delle Fonderie Pisano erano pronti a lasciare Fratte e che “tempi e modalità dipendono dal rilascio delle autorizzazioni; da quella data saranno necessari non meno di 180 giorni per dismettere il vecchio sito ed inaugurare il nuovo stabilimento di produzione”. Si presupponeva perciò che, subito dopo la conferenza stampa (che vide infatti partecipare, con il sindaco Vincenzo Napoli e l’amministratore delegato delle fonderie Ciro Pisano, anche lo stesso Bonavitacola), queste autorizzazioni fossero state richieste, per dimostrare la buona fede di volersi realmente spostare. Invece, al 29 dicembre dello stesso anno, risultava che “ad oggi non sono in atto procedimenti volti ad ottenere il rilascio del Provvedimento Autorizzatorio Unico Regionale” per tale attività industriale. Ovvero che in dieci mesi, dai primi di marzo 2021 al 29 dicembre dello stesso anno, nulla era stato fatto e quei pochi mesi che sarebbero dovuti servire per avere le necessarie autorizzazioni, non erano in realtà mai partiti. Speravamo di essere smentiti, ma la situazione è invece rimasta immutata dopo oltre un anno.
Intanto le centraline ARPAC di monitoraggio dei valori PM10 e PM2,5 continuano a registrare a Fratte dati mediamente più alti di trenta punti rispetto a quelli registrati in altre zone della città. Pertanto, ci chiediamo nuovamente, le Fonderie Pisano, alle quali le prescrizioni della Regione Campania imponevano di lavorare “a basso regime” (senza dare però alcun parametro), che durante i controlli lavorerebbero a scartamento ridotto, normalmente sono al massimo o al minimo della loro propria capacità produttiva? Chi controlla che non lavorino, invece, a pieno regime?
La giornata di ieri è stata l’ennesima prova che, fino a quando avranno la copertura politica da parte del sindaco del Comune di Salerno, del presidente della Regione Campania e delle altre Istituzioni preposte, la famiglia Pisano non avrà alcuna intenzione di delocalizzare. Per tali motivi non riconosciamo la legittimità del tavolo tecnico, che di fatto è un tavolo solo politico e non ci sentiamo alcun modo rappresentati. Ovviamente, attraverso i nostri membri e le nostre professionalità, con accanto i cittadini, continueremo la nostra battaglia per la vita, la salute e per garantire il lavoro agli operai dello stabilimento, perché i risultati oggi raggiunti sono stati ottenuti solo grazie alle nostre forze. Annunciamo sin da ora che, contro i comportamenti gravissimi sia del sindaco che dell’ASL di Salerno, valuteremo anche per i dirigenti dell’Azienda Sanitaria Locale la possibilità di procedere con un esposto o una querela. Non ci arrenderemo fino a quando non avremo raggiunto i nostri obiettivi: chiusura dello stabilimento, bonifica delle aree e reinserimento nel mondo del lavoro degli operai.