“Fiori” di Mario Carotenuto è la mostra che la galleria Il Catalogo inaugurerà sabato 22 febbraio alle ore 19,00, 15 tele che il pittore salernitano ha dedicato esclusivamente ai fiori e che saranno a disposizione del pubblico fino al 22 marzo 2014. I fiori sono il modo più semplice e immediato con cui un poeta o un pittore può evocare la natura, quel particolare rapporto spirituale tra l’uomo e l’architettura del creato, sia quando essa è lasciata ai suoi ritmi e alle sue leggi, sia quando viene plasmata e modificata strutturalmente dai segni dell’uomo, si trovano, implicitamente o esplicitamente, in ogni cultura e in ogni epoca, quali simboli stessi della vita. “Mario ha sempre amato dipingere fiori e in modo particolare fiori campestri, quelli che lui stesso amava raccogliere nelle frequenti gite in costiera o a Tramonti. Eppure di questi fiori – afferma Lelio Schiavone – non c’è mai stata traccia nelle numerose personali tenute in quarantasette anni di vita del “Catalogo”. La ragione vera di questa assenza è che sempre, in un modo o nell’altro, sono riuscito ad escluderli ritenendoli a torto, un diversivo rispetto al tema della mostra in atto”.
Dal 22 febbraio al 22 marzo 2014, tra le mura della galleria Il Catalogo, attraverso 15 tele dedicate esclusivamente ai fiori ri-scopriremo la sintassi pittorica di Mario Carotenuto, quella che procede dall’attesa dell’inatteso, come ad esempio ne “La caduta dei fiori”, quella della forma aperta da dare al reale, che nasce dalla disponibilità assoluta del soggetto, che emerge dalla sospensione e dallo stupore che si genera al suo apparire e al suo accadere, una sintassi che vuol cogliere, nelle cose e attraverso esse, quello sguardo magico che sembrano lanciare, nell’atto di darsi all’occhio dell’artista, che sembra volere afferrare quell’esatto momento, nel quale il soggetto lancia una sorta di sguardo dionisiaco con cui crea e “costituisce” lo spazio dei significati, come in “Autoritratto” in cui sono racchiusi i simboli del suo percorso pittorico punteggiato dalla leggerezza delle farfalle, uno spartito, una lampada e una clessidra, rappresentante la stessa vanitas dei fiori e dell’uomo, consentendo la cattura del “senso”, nella sua realtà. Una mimesis, quella di Carotenuto, dove realtà e memoria coincidono, perché l’evento reale è caricato di memoria, e dove la realtà si piega all’immagine, per tramite del suo occhio, divenendo spazio semantico che si fa racconto. Tra questi fiori “negati”, “esiliati” per quasi un cinquantennio, che segnano quindi, un evento esclusivo per la galleria di Lelio Schiavone e Antonio Adiletta, coglieremo inattese dilatazioni spaziali, dai netti ripiegamenti, dalle impreviste dislocazion di elementi focalizzanti, dagli improvvisi scarti ritmici. La altissima qualità del lavoro riscatta i confini ristretti del tema dell’esposizione che rivelerà un autentico colorista, il quale riesce a comunicare magistralmente la poesia delle cose semplici dell’esperienza visiva quotidiana e più confidenziale, recuperando il “respiro”, oltre qualsiasi misura temporale e spaziale, in un’emozione di leggerezza, caratteristica di un colore ben orchestrato. Riscopriremo un artista, rimasto fedele alla sua originaria scelta di campo, ossia a una pittura comunque figurativa capace di rinnovarsi senza perdere il senso della continuità con la grande tradizione italiana, trovando al proprio interno le forme idonee ad esprimere i sottili moti dell’animo, allo specchio di una bellezza non ideale ed astratta, ma poeticamente sensibile alle sollecitazioni della vita e del tempo.
BIOGRAFIA. Mario Carotenuto è nato a Tramonti, sulla Costiera Amalfitana, nel 1922. Frequenta il Liceo “G. B. Vico” di Nocera Inferiore, poi studia Lettere all’Università di Napoli e Pittura, con i maestri Vincenzo Ciardo ed Emilio Notte, all’Accademia di Belle arti di Napoli. Nella sua formazione culturale e artistica sono fondamentali i viaggi a Parigi, nel 1959, a Madrid e Monaco, nonché il sodalizio con poeti e critici d’arte come Domenico Rea, che presenterà la prima personale dell’artista a Roma, nel 1956, Alfonso Gatto conosciuto a Salerno nel 1959, Filiberto Menna, Aldo Falivena, Giuseppe Sciortino ed artisti quali Attardi, Mirabella e Mazzullo. I suoi studi, quello di via Bastioni, della Torretta e poi di via San Benedetto, unitamente a quello di Minori ove dal 1965 si trasferisce in estate, sono stai luoghi di incontro e conversazioni con Raphael Alberti, Edoardo Sanguineti, Marcello Venturoli, Duilio Morosini, Alberico Sala, Paolo Ricci e Vasco Pratolini. Molte sono le opere realizzate per spazi pubblici, fra queste i pannelli decorativi per il Poliambulatorio comunale di Salerno (1967), per l’Ospedale Civile di Pagani (1967), l’affresco per la Sala delle Conferenze dell’Ordine dei Medici (1968), il grande pannello per la sede nazionale dei Monopoli di Stato a Roma. Vive e lavora a Salerno dove per la galleria “Il Catalogo” espone dal 1969 .