Festival Santa Apollonia: il privilegio di ritrovarsi, 9 appuntamenti con la musica da camera dal 2 all’11 giugno.

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Ritorna l’estate con la rassegna cameristica, che festeggia il suo primo lustro, promossa dal dipartimento di Musica d’insieme del Conservatorio “G.Martucci” di Salerno, che si svolgerà dal 2 all’11 giugno con nove appuntamenti

 

Fortemente voluto per dare ai giovani musicisti emergenti del Conservatorio Statale di Musica “G.Martucci” di Salerno, la possibilità di esibirsi, al fine di stabilire un più stretto e concreto contatto con le risorse del territorio e valorizzarne le eccellenze, il Festival di Musica da Camera Santa Apollonia è un articolato progetto nato, cinque anni or sono, dal felice incontro del Dipartimento di Musica d’Insieme, presieduto da Francesca Taviani e la Bottega San Lazzaro del professore Giuseppe Natella, oggi nelle giovani e già esperte mani di Chiara Natella e Raffaele Sguazzo, che ospiterà la rassegna nella cornice della Chiesa di Santa Apollonia, dal 2 all’ 11 giugno, con ben nove appuntamenti che spazieranno dal Romanticismo al secolo breve, sino alla produzione contemporanea e che vedranno alternarsi sul palcoscenico oltre quaranta musicisti tra archi, fiati, tastiere, voci. Di anno in anno si vive e si tocca con mano questo privilegio, ovvero avere l’occasione di interrogarsi costantemente sui significati della musica d’arte, che in Santa Apollonia si desidera concorrere a traghettare nel futuro. Una responsabilità da parte di organizzatori e musicisti volta a soddisfare le aspettative non solo dell’ eterogeneo ambiente musicale cittadino, ma anche di una moltitudine di potenziali fruitori, che pare trovino nel festival l’occasione per avvicinarsi alla musica da camera con leggerezza e semplicità, ai quali si cerca di donare un talismano per superare il timore reverenziale che spesso,  ingiustamente, viene percepito verso questo genere. Scorrendo i vari cartelloni, che hanno costellato questo primo lustro, ci si accorge che ci si è spinti in nuove sperimentazioni articolando maggiormente i percorsi d’ascolto, con l’obiettivo di offrire una visione caleidoscopica e, il più possibile completa, della musica da camera. Imma Battista, direttore del Conservatorio, Antonio Fraioli, clarinettista e docente di musica d’insieme, unitamente ai violoncellisti Francesca Taviani e Antonio Ramous, hanno presentato in dettaglio il programma. Taglio del nastro Sabato 2 giugno, come d’abitudine, alle ore 20, per “favoleggiare” tra le ance, con due ensemble, uno di sassofoni, l’altro di clarinetti, diretti da Antonio Fraioli. Saranno i sassofoni ad aprire la rassegna, con gioie e splendori della Vienna fin de siècle, racchiusi tra le sinuosità della Agyptischer-Marsch op.335 di Johann Strauss Jr., per proseguire con una sognante Ballad, firmata dallo stesso direttore. Il quartetto di clarinetti si cimenterà con una breve suite in tre movimenti per Four Equal Clarinets di Tom Stewart Smith, capace di porre in luce sia i suoni singoli degli strumenti, che l’assieme in modo gradevole. L’ensemble di sassofoni ritorna sulle note Antonín Dvořák della Serenata op. 44, speziata da suggestioni romantiche ed elegiache, prima di cedere la ribalta ad una vera e propria favola “Le tre Capre e il Troll” ovvero un adattamento musicale di Paul Harvey per voce narrante, ensemble di clarinetti e sax baritono della famosa “Three Billy Goats Gruff”, una fiaba nordica, norvegese, una variante dei nostri tre porcellini. Si continuerà con i sassofoni impegnati in “Poem and Dance” di Leroy Ostransky in cui riconosceremo le radici ebraiche del compositore e il suo particolare segno musicale. Ancora clarinetti Domenica 3 giugno, con il Muhlfeld Quartet, che ci condurrà in un viaggio nella tradizione musicale del secolo breve. Gli strumentisti dialogheranno sulle linee melodiche del Quartette n° 1 di Raymond Milford Endresen dalla non facile tessitura, per quindi passare al Petit Quatuor di Jean Françaix, opera giovanile del 1935 che mette in luce il sagace umorismo di stampo neoclassico del compositore e pianista francese, prima di trasferirci in Espana, sulle note della fascinosa opera di Isaac Albeniz, con il suo infuocato tango dalla geniale inventiva melodica che mantiene integra l’originalità dei costumi ritmici e il folclore tipico degli accostamenti armonici popolari. Si continua col tango, stavolta di Astor Piazzolla e l’aria di sortita di Maria de Buenos Aires “Yo Soy Maria”, una metafora della rinascita della città stessa, che eternamente risorge dalle proprie ceneri, prima di giocare per suonare e suonare per giocare con Playing Together di Antonio Fraioli, che scopre le infinite sfaccettature del clarinetto. Chiusura con due gemme del song book di George Gershwin, una interessantissima summa dell’ universo esecutivo ed improvvisativo del compositore, “Oh, Lady Be Good” e “Somebody Loves me”.  Il sassofono strumento principe del Novecento sarà l’assoluto protagonista di Lunedì 4 giugno. Dodici i sax divisi in tre quartetti, per eseguire l’ Histoire du Tango di Astor Piazzolla, una suite in quattro quadri, che racconta il ballo argentino dai suoi albori come musica da bordello, danzata, al passaggio a musica da caffè, solo ascoltata dal pubblico e con una spiccata vena romantica, il virtuosistico Andante e Scherzo di Eugene Bozza, con cui il quartetto si avventurerà tra le armonie impressioniste, e ancora “Dixie for Saxes” di Pedro Iturralde, un divertimento nello stile dixieland della swing crazy, e Four Jazz Pieces di Rick Pelckmans, che continuerà ad omaggiare il mondo del jazz, che ha azzeccato subito la fisionomia espressiva e altamente tecnica del sax, oltre che un volto individuale a ciascuno dei tagli dello strumento. I dodici sassofoni, tutti riuniti in un unico ensemble, si congederanno con Bluelight di Paolo Carlomè una ricca e complessa pagina, dai colori cangianti, un omaggio alle colonne sonore di Nino Rota, specchio delle sue ragioni estetiche sospese in un’aerea grazia, che divennero la sua inconfondibile cifra, e l’immancabile Libertango, attraverso cui ricorderemo le “Lezioni di tango” di Potter, con il suo moto tutto barocco di tensione e distensione fra un lirismo allentato e dolente, talora fino alla rarefazione, e picchi di alta drammaticità e forza penetrativa. Serata dedicata al trio con pianoforte, quella di martedì 5 giugno, con il Trio Wanderlust che eseguirà l’op.1 n°3 in Do Minore di Ludwig Van Beethoven, improvvisa rivelazione d’un compositore capace di dire senza timori qualcosa d’audacemente nuovo e d’imporsi all’attenzione del mondo musicale viennese con opere piene di forza e d’originalità, collocandosi subito allo stesso livello del grande Haydn; il Trio Elegiaco n°1 in Sol Minore di Sergej Rachmaninov, col quale, nonostante la giovane e età e l’oggettiva mancanza di esperienza, colpisce subito nel segno, svelando un tema proposto inizialmente dal pianoforte ed in seguito ripreso in dialogo dal violoncello e violino che è inconfondibilmente “suo” ed al tempo stesso nel solco della tradizione dei grandi autori russi, chiudendo con Otono Porteno, dalle Estaciones di Astor Piazzolla, un tango di violenta passionalità che nell’inciso rallenta tanto da riuscire a farsi languido, attraverso passione e lirismo. Mercoledì 6 giugno, ci si immergerà in una “Paris Chantante”, nel corso di una serata dedicata all’Impressionismo francese, con le più talentuose voci del nostro conservatorio, interpreti delle mèlodies, in cui Gabriel Faurè sembra privilegiare toni sommessi e delicati e dimensioni intime e contenute, di Claude Debussy, Ernest Chaussons, Jacques Ibert, e la proposta di Francis Poulenc, frizzante in un continuo dialogo frammentato con timbri sempre cangianti e lussureggianti, non trascurando accenni al Jazz né alla tradizione colta. Il clarinetto in trio con diversi strumenti accoglierà il pubblico giovedì 7 giugno. Si inizierà con le note del “Kegelstatt” Trio di Wolfgang Amadeus Mozart, musica destinata ad un circolo “familiare”, dal lessico giovane, melodico e innovativo, come gli strumentisti chiamati ad interpretarlo, passando per il Trio n°4, op.11 in Si Bemolle Maggiore di Ludwig Van Beethoven,  pagina serena e scorrevole, articolata nei canonici tre movimenti che pongono in luce la perfezione delle forme esteriori e la piacevole naturalezza melodica, per chiudere con i 5 pezzi di Dimitrij Sostakovich nella trascrizione per violino, clarinetto (che sostituisce il secondo violino) e pianoforte, con Preludio, Gavotta, Elegia, Valzer, Polka costituiscono brevissimi brani, gradevoli ma di poco impegno e spessore, quasi un divertimento. Sabato 9 giugno ci si dedicherà al duo, iniziando col violino e pianoforte impegnati nella  Settima Sonata op.30 n°2 in Do minore di Ludwig Van Beethoven, le cui innovazioni più sintomatiche sono individuabili nei suoi movimenti esterni, cioè nell’iniziale Allegro con brio e nel conclusivo Finale-Allegro. In scena quindi, il sassofono, con la Petite Suite Latine di Jerome Naulais, che si esprime in quella lingua e in quel ritmo, così magicamente amalgamati, in un complesso esercizio di traduzione, composizione e interpretazione, dominato da puzzle formati da coordinate di reperti che, incrostano la pagina, per poi continuare colle tradizioni sudamericane e proporre il Tango Studio n°3 di Astor Piazzolla. Finale con la Suite Hellenique di Pedro Iturralde  n cui il duo dovrà distillare timbri popolari e classici, dando corpo al sincretismo dell’autore con infinita energia, in una incalzante antitesi di ritmi e armonie. Domenica 10 giugno, omaggio al quartetto d’archi con pianoforte. Due le opere basilari che ascolteremo il Movimento di Quartetto (“Quartettsatz”) con pianoforte in la minore che costituisce un unicum nella produzione mahleriana, che non comprende altre composizioni prettamente cameristiche, un lavoro giovanile concepito durante gli studi di composizione e tuttavia già maturo nell’impianto che segue lo schema della forma-sonata con una resa pianistica debitrice dei supremi modelli di Schubert, Beethoven, Schumann, Brahms. A seguire, il Quartetto n°1 op.25 in Sol Minore di Johannes Brahms, una pagina di ampie proporzioni, con il pianoforte in posizione dominante, pur nel pieno rispetto del gioco contrappuntistico con gli archi, avvolto in un clima di dolce e affettuosa malinconia, tipicamente brahmsiana. Gran finale lunedì 11 giugno con il ritorno degli ensemble di Fiati diretti da Antonio Fraioli. Eterogeneo il programma,  comprende in apertura due danze ungheresi di Johannes Brahms, la n° 3 e la n°/7. amate per la creazione dei ricalchi del lessico folclorico. Si proseguirà con la Deuxieme Suite di Johann Nepomuk Wendt da Pieces en Harmonie, che rappresenta una rarità assoluta nel mondo delle composizioni per ensemble di fiati, della quale apprezzeremo la fresca inventiva per passare alla Marmaduke e Yardbird Suite di Charlie Parker, che difficilmente può lasciar indifferente chi ama il jazz, poichè ne racchiude gli umori e la forza, contenendo diversi numeri capaci sicuramente di sorprendere. Omaggio finale nell’anno celebrativo del centocinquantenario della morte di Gioacchino Rossini, con il grazioso “Rondò” strumentale che funge da interludio danzato dal I atto del Guglielmo Tell.