Domenica 31 maggio, alle ore 19, verrà inaugurata la II edizione del Festival di Musica da Camera Sant’Apollonia.
Un evento, questo, nato dalla sinergia del conservatorio di Musica “G.Martucci” di Salerno, con un progetto del Dipartimento di Musica d’Insieme, presieduto da Francesca Taviani, da un’idea di Anna Bellagamba e la Bottega San Lazzaro del professore Giuseppe Natella che ospita la rassegna nella cornice della Chiesa di Santa Apollonia.
La serata prende il titolo dallo scambio che avverrà tra il nostro conservatorio e il Santa Cecilia di Roma.
La scaletta di “Incontri in Musica” vede in apertura l’esecuzione da parte del soprano Francesca Manzo con Lidia Fittipaldi al pianoforte, Giorgio Cardiello al corno e Massimo Buonocore al clarinetto di due gemme rare, ovvero i due lieder con strumenti a fiato obbligati “Auf dem Strom” D 943 per soprano, corno e pianoforte, e “Der Hirt auf dem Felsen” D 965 per soprano, clarinetto e pianoforte, di Franz Schubert, pagine cameristiche le cui dimensioni e il cui trattamento vocale e strumentale travalicano di gran lunga l’ambito, ben altrimenti, raccolto ed intimistico del lied.
Il primo, composto nel 1828, su di un testo di Ludwig Rellstab è una pagina di ampie dimensioni, in cui al corno è affidato largo spazio sia nell’introduzione, che negli interludi, con cospicui interventi concertanti. Insieme con Der Hirt auf dem Felsen (Il pastore sulla roccia), in cui è il clarinetto ad unirsi alla voce, i due lied in programma segnano il primo tentativo di Schubert di allargare la tradizionale tavolozza sonora e coloristica di questo genere. Gli studenti della classe di Quartetto del M° Marina Vicari del Conservatorio Santa Cecilia di Roma, Irenè Fiorito e Misia Iannoni Sebastianini al violino, Claudio Laureti alla viola e Simone Chiominto al cello, proporranno il l’op.33 n°1 in Si minore di Joseph Haydn, il primo dei cosiddetti quartetti russi, ma forse più noti come Jungfern Quartette, ovvero delle Fanciulle, esempio di scorrevolezza della pagina musicale e di concisione drammatica che dissolve ogni idea di ridondanza.
Nel primo movimento un falso inizio in Re è lo spunto per un’ambigua oscillazione tonale. La melodia, inizialmente affidata al violino, viene subito ceduta al cello. Grande cura è messa anche nel movimento successivo lo Scherzo dove il fraseggio apparentemente lineare del primo violino è frammentato dalle entrate degli altri archi.
Le note del “Kegelstatt” Trio di Wolfgang Amadeus Mozart, sanciranno l’incontro e lo scambio con gli archi del Santa Cecilia, musica destinata ad un circolo “familiare”, dal lessico giovane, melodico e innovativo, come gli strumentisti chiamati ad interpretarlo. Massimo Buonocore al clarinetto, Claudio Laureti alla viola e Laura Cozzolino al pianoforte, daranno vita a questa ricchissima abbondanza melodica, che tempera la tecnica di elaborazione con il prevalere di una logica paratattica, d’altra parte il ruolo della viola – altro strumento amatissimo da Mozart, che lo suonava nelle sedute di quartetto – è assai più protagonistico di quello assegnato al violoncello negli altri Trii. La presenza di due strumenti dal timbro “opaco” si trasforma inoltre in una minore brillantezza del contenuto musicale.
Anche la successione dei tre movimenti è in parte anomala rispetto ai brani con violino e violoncello. In prima posizione troviamo un Andante dal carattere di serenata, formalmente tripartito ma senza sviluppo, dunque quasi più simile a un Rondò, che si basa sulle trasformazioni espressive attribuite al motivo principale. Seguono un Minuetto, che ha nei giochi di imitazione cromatici del Trio i suoi momenti più seducenti, e un Rondò conclusivo di espansiva eloquenza melodica, con un episodio in minore dominato dalle nervose terzine della viola.
Il sassofono sarà l’assoluto protagonista il 1 giugno, con un quartetto composto da Michele D’Auria al soprano, Francesco Paolo Pacillo al contralto, Vincenzo Varriale al tenore e Angelo Cuozzo al baritono che spazierà dal celeberrimo Adagio di Samuel Barber, con i suoi stordenti gradi congiunti ascendenti, al Saxophone Quartet di Philipp Glass, classico Quatuor di Alfred Desenclos e chiudendo con la piccola fuga BWV 578 fuga in Sol minore di Johann Sebastian Bach.