Seconda giornata del ciclo degli Incontri ravvicinati di questa decima edizione della Festa del cinema di Roma. A tenere banco per ben due ore l’amatissimo Jude Law.
Sala Sinopoli, ore 18.00, la gente inizia a prendere posto all’interno della sala. Giornalisti, addetti ai lavori, ma in particolar modo il pubblico, quello che ama il cinema e che ha pagato il biglietto pur di vedere il suo attore preferito, o comunque una celebrità hollywoodiana. È stato un incontro molto piacevole e strano a dirsi, con risposte ben formulate e associate ad alcune clip scelte dal moderatore dell’ incontro, il dottor Antonio Monda.
Buio in sala. Silenzio. Prima clip tratta dal film A.I di Steven Spielberg. Applausi e risate in sala. Jude Law inoltre ha rivelato che il suo film preferito è per l’appunto “Incontri Ravvicinati del terzo tipo”, sembrerebbe una casualità che il titolo di questo ciclo di appuntamenti prenda spunto da questo film, se non fosse per il fatto che la stessa preferenza, registica in questo caso, accomuni anche il dottor Monda.
Seconda clip, con Il talento di Mr. Ripley e Ritorno a Could Montain pellicole dirette entrambe dal regista Anthony Minghella, prematuramente scomparso nel 2008. La domanda posta all’attore è tra le più insidiose, ovvero se nel rivedere scene di alcuni film, cambierebbe qualcosa, magari un espressione, un atteggiamento. Law in tutta franchezza ha risposto che difficilmente si rivede in pellicole nelle quali ha recitato, perché è consapevole del fatto che alcuni cambiamenti li avrebbe apportati, soprattutto in film che sono datati 10 o 15 anni fa.
Famoso per aver interpretato vari film anche in costume, la domanda posta dal direttore Monda verteva sulla preparazione che impiega l’attore inglese nell’entrare in simbiosi con un personaggio. Law ha indicato due strade facilmente percorribili per ottenere un ottimo risultato. La prima è lasciarsi andare e cedere all’istinto, alle sensazioni, oppure, seguire le indicazioni del regista, documentarsi e conoscere gli aspetti storici e culturali del personaggio o dell’epoca in questione.
A proposito di clip con personaggi storici. Terza clip, il film in questione è l’amatissimo Sherlock Holmes interpretato accanto a Robert Downey Jr. (scatenando un boato in sala appena è apparso in video) e poi la, tratta dal film Wilde, dove interpreta Alfred Douglas, il giovane amante dello scrittore che tra l’altro lo porterà alla rovina. Il quesito posto questa volta riguarda la facilità o meno, di interpretare un personaggio simpatico o antipatico. Jude Law ha ammesso che non ci si pensa a questo aspetto, quando si inizia a raccontare la vita di un personaggio. Il segreto sta nel trovare un equilibrio, magari indagando nel suo background. La raccomandazione è quella di divertirsi sempre, perché è un mestiere che permette di farlo. Qualora questa componente dovesse mancare, vuol dire che qualcosa non va.
Inevitabile la domanda su Paolo Sorrentino e il suo Papa, interpretato da Jude Law in fase di lavorazione proprio nel cuore di Roma. Jude Law, ha detto da subito di amare il cinema del regista napoletano. Dopo aver visto “La Grande Bellezza” dichiarò di voler lavorare con lui e appena un mese dopo, ricevette la sceneggiatura per il nuovo progetto diretto proprio da lui. Aspetti difficili nell’impersonare un Papa? Non troppi, a parte il fatto di doversi sedere con degli abiti pregiati ma scomodissimi. Soluzione al problema? Non sedersi, anche per 14 ore, per evitare di rovinare i tessuti.
Quarta clip tratta dal film “Sleuth” di Kenneth Branagh, che lo vede protagonista accanto ad un magnifico Michael Caine. Quinta clip riguarda il film di Sam Mendes “ Road to perdition” conosciuto a molti come “Era mio padre”, la domanda in questione riguardava la natura registica del regista in questione. L’impronta teatrale di Mendes ha influenzato durante le riprese del film? Law, per chi non lo sapesse, ha lavorato molto a teatro, anche quando lo stesso Mendes era direttore di un teatro a Londra. Il lavoro come regista cinematografico ormai era stato rodato, poiché proveniva dall’acclamato American Beauty. Una particolarità del suo modo di lavorare è rappresentata dall’attenzione maniacale per i dettagli. Inoltre, riferendosi agli attori che hanno partecipato al film, del calibro di Tom Hanks, Daniel Craig ha capito che uguagliarli era impossibile, per questo quando si trova questo tipo di situazione tende a farsi piccolo piccolo, per mettersi in luce allo stesso modo.
Sesta clip riguardava un’accoppiata di film “Gattaca” e “Anna Karenina”. La domanda era principalmente per il personaggio interpretato nella seconda pellicola, interessante capire la fase di lavorazione. Tutto è partito dalla sceneggiatura, successivamente ho letto il libro, il quale mi ha aiutato ad affrontare la parte intimistica del personaggio concentrato sull’amore. Ammettendo di essersi ritrovato molto nel personaggio di Karenin.
Settima ed ultima clip, tra i film più belli di questi ultimi anni, Closer del regista Mike Nichols e poi Grand Budapest Hotel di Wes Anderson, tra l’altro ospite nei prossimi giorni alla Festa del cinema di Roma. L’ultimo quesito di questo secondo incontro ravvicinato, riguarda la differenza con il cinema americano e altre produzioni. Inutile a dirsi che la differenza sostanziale sta nel giro di soldi attorno ad alcuni film. Le origini dei registi, spesso, non influenzano il modo di fare cinema. La consapevolezza di avere mezzi illimitati, di soldi, di tempo sono le variabili che cambiato tutto, anche il modo di lavorare degli attori.
Ed infine, Jude Law ha deciso di regalare al suo pubblico, la clip di uno dei suoi film preferiti. Film che lo hanno avvicinato al mondo del cinema. “La morte corre sul fiume” dei registi Robert Mitchum, Charles Laughton e Terry Sanders. La scelta di questo film, risale ad un giovanissimo Jude Law, di circa 16 o 17 anni. Artefice di tutto questo, la madre che le ha fatto scoprire il mondo del cinema, arte che poi sarebbe diventata il suo pane quotidiano di lì a qualche anno. Riconosce però una pecca al cinema, ovvero la teatralità, a causa della spasmodica voglia e necessità di dover far sembrare sempre tutto vero.