Ente Idrico, dopo le elezioni Distretto spaccato a metà. Rete acqua pubblica: preoccupante mancanza di trasparenza.

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Si sono tenute le elezioni suppletive per completare il consiglio del Distretto Sarnese Vesuviano, sostituendo i dieci componenti decaduti. L’Ente Idrico Campano ha chiamato a votare i sindaci dei 76 Comuni che compongono il vasto ambito territoriale, a cavallo tra le province di Napoli e Salerno, che va dalla fascia costiera all’agro nocerino sarnese, passando per il vesuviano e l’area nolana, e i risultati restituiscono l’immagine di un Distretto spaccato a metà: il gruppo dei Comuni per l’acqua pubblica ha complessivamente 14 rappresentanti, contro i 16 della compagine trasversale nata dagli accordi tra i vertici regionali dei maggiori partiti. In questa consultazione la lista ‘Comuni per l’acqua pubblica’ ha eletto tre nuovi consiglieri: Gianluca Del Mastro (sindaco di Pomigliano d’Arco), Pasquale Di Marzo (sindaco di Volla) e Maurizio Falanga (sindaco di Poggiomarino), a cui vanno i nostri auguri di buon lavoro.

Sconcertante, invece, la reazione del presidente dell’Ente Idrico Campano, Luca Mascolo, che attacca in modo scomposto il movimento per l’acqua pubblica. Di estrema gravità l’atteggiamento di un presidente che dovrebbe rappresentare tutti e in realtà rappresenta solo una parte. Ma di questo non ci stupiamo più, essendo evidente dalla stessa intervista rilasciata, per suo stesso dire, con ACEA (socio privato che controlla il gestore GORI) che anche in questa tornata elettorale ha sostenuto la lista “pro GORI”, contro quella dei Comuni per l’Acqua Pubblica. Proprio lui che è sindaco di Agerola, Comune che – per fortuna dei suoi concittadini – non subisce i disservizi della gestione GORI e perciò avrebbe dovuto avere la decenza istituzionale di astenersi dal fare campagna elettorale per una lista che al suo interno ha addirittura eletto un dipendente della GORI, in rappresentanza del sindaco di Portici, a conferma dell’inconcepibile sovrapposizione tra ente controllore e società controllata.

Mascolo, inoltre, sostiene che le emergenze fognarie e depurative del territorio non si risolvono con la battaglia per l’acqua pubblica. Dovrebbe però spiegarci come mai GORI, pur avendo tra le tariffe più alte d’Italia, non è riuscita a fare praticamente nulla per risolvere le problematiche ambientali e perché la quasi totalità degli investimenti sul territorio sono stati realizzati con fondi pubblici, cioè con ulteriori risorse dei cittadini. Ma se una società privata non porta capacità di investimento e di rendere efficienti i servizi, a cosa è servita questa privatizzazione che va avanti da quasi 20 anni? Solo a vessare gli utenti? A cosa serve un privato assistito che non riesce a fare nulla di ciò per il quale era stato chiamato ad operare? Siamo di fronte al paradosso di tariffe insostenibili socialmente e la necessità di reperire fondi pubblici per investimenti indispensabili. Non crede il presidente che se gli investimenti sono pubblici sarebbe meglio tornare alla gestione pubblica? La società GORI forse è stata creata per fare da stazione appaltante all’EIC o alla Regione Campania? Non è il caso, invece, che sia un soggetto pubblico ad attuare investimenti finanziati direttamente con denaro pubblico?

Domande a cui non è possibile avere risposta, visto che l’Ente Idrico Campano è affetto dalla sua nascita dal virus della mancanza di trasparenza e democrazia. Nel novembre 2018, il presidente Mascolo ha firmato un accordo con Regione Campania e GORI concernente un debito dal valore di 110 milioni di euro e il passaggio delle opere regionali al gestore, ma tale accordo non è stato mai portato a conoscenza del consiglio di distretto Sarnese Vesuviano, che secondo la legge è l’organo competente in materia e, nonostante le ripetute richieste, ancora nulla è stato comunicato. In virtù di questo presunto accordo, mai approvato da alcun organo dell’Ente Idrico Campano, GORI ha contratto un prestito di 100 milioni di euro con ACEA e alcuni istituti bancari. Un prestito che inciderà inevitabilmente sulla gestione del prossimo decennio, nella migliore tradizione della politica del fatto compiuto, i cui interessi pagheremo noi cittadini con tariffe sempre più esose. Le stesse tariffe GORI da cui arrivano il 73% delle quote versate dai gestori nel bilancio dell’intero Ente Idrico Campano (dati 2020 del bilancio EIC), che dovrebbe invece essere finanziato da tutta la Regione, della quale il Sarnese Vesuviano rappresenta solo un quarto della popolazione e molto meno in termini di estensione territoriale. In sostanza, con i soldi dei cittadini tartassati dalla GORI si paga pure il funzionamento dell’EIC, incluso i costi del personale, nonché lo staff presidenziale composto da tre conterranei, i benefit e l’auto di servizio. creando l’ennesimo cortocircuito tra controllore e controllato. Eppure il Sarnese Vesuviano è l’unico Distretto a non avere una propria sede autonoma (alcuni ne hanno addirittura due!) e i suoi uffici sono collocati al centro di Napoli, fuori dal territorio di appartenenza, generando un ulteriore danno ai cittadini e ai servizi da erogare, nonostante alcuni Comuni si siano offerti da tempo di ospitarli gratuitamente.

Bastano questi pochi elementi, e ce ne sarebbero ovviamente altri, per rappresentare la scarsa trasparenza e l’intreccio di rapporti tra GORI e EIC. Di conseguenza, esprimiamo più di una preoccupazione sull’imparzialità e sul buon andamento dell’ente e crediamo che le amministrazioni locali che stanno operando per un ritorno all’acqua pubblica stiano svolgendo correttamente la funzione istituzionale e di controllo, troppo spesso non esercitata, con i gravissimi guasti che ne sono scaturiti e che continuiamo a subire.
Serve a poco il tentativo di denigrare l’operato del movimento per l’acqua pubblica, che si muove da sempre all’interno delle dinamiche democratiche, approfondendo i temi da porre in discussione, elaborando proposte ed evidenziando le criticità del sistema. E non crediamo sia populismo rispettare la volontà popolare espressa con i referendum del 2011, che videro un’enorme partecipazione popolare nel nostro territorio, anzi vorremmo vedere anche i rappresentanti della lista “Pro GORI” dare attuazione a quella volontà collettiva senza ipocrisie.
Anche il presidente Mascolo in fondo ci da’ ragione e si spinge a immaginare un aumento della partecipazione pubblica all’interno della GORI: un cambio di rotta che rappresenta la prova evidente della bontà della nostra posizione finalizzata al superamento dell’attuale gestione, all’uscita dei privati e al ritorno ad una gestione pubblica, trasparente, solidale e partecipata.