Economia, l’allarme della Confcommercio, previsioni 2017 Pil +1,1%, consumi +0,8%, inflazione + 1,5%, occupazione rallenta.

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Per l’economia italiana il 2017 si dipanerà sulla falsariga del 2016, ovvero nel segno dell’incertezza: il Pil crescerà dell’1,1% e i consumi dello 0,8%, mentre i prezzi ritroveranno una crescita senza equivoci, con l’inflazione vista a +1.5%, e l’occupazione rallenterà.

Così l’Ufficio Studi Confcommercio nelle previsioni rese note nella conferenza stampa che, come di consueto, ha dato il via alla due giorni primaverile in riva al lago di Como. L’Italia, insomma, continua ad essere uno dei grandi malati d’Europa: basti pensare che dal 2014 ad oggi il ritmo della crescita è stato il penultimo tra i 28, mentre se si guarda agli investimenti realizzati negli ultimi dieci anni il Paese si piazza appena al ventesimo posto.

Un impatto negativo su queste dinamiche lo ha avuto senz’altro la caduta del credito (non a caso il documento presentato dal responsabile dell’Ufficio Studi, Mariano Bella, si intitola “il ritorno dell’incertezza e il ruolo del credito bancario”, ndr), visto che negli ultimi cinque anni si è ridotto del 7% (contro una crescita dell’8,5% in Francia e del 6,4% in germania…) e quello concesso dalle banche alle imprese, in particolare, è passato da 893 a 776 miliardi.

Una contrazione tanto più grave se si pensa che da noi il credito bancario vale il 72% del totale e che se si guarda alle fonti di finanziamento non bancarie in percentuale del Pil l’Italia è sotto di venti punti rispetto alla Germania e di 65 rispetto alla Francia, al di sotto anche della Spagna.

A pagarne il prezzo più alto sono, senza sorprese, le pmi, obbligate a pagare un interesse medio del 9,22% (il 12% in Calabria…) sullo scoperto di conto contro il 2,09% delle grandi imprese: è un rischio micidiale per la tenuta dei conti delle piccole attività produttive, che in Italia – bene ricordarlo sempre – valgono il 46% dell’occupazione e il 30% del valore aggiunto totale.

E che, emerge con nettezza dallo studio, non sono affatto più a rischio delle grandi in termini di sofferenze bancarie, visto che hanno un rapporto tra prestiti e crediti inesigibili oggi inferiore a quello totale delle società non finanziarie. Altro dato lampante, che si può desumere dai dati dell’Osservatorio sul credito Confcommercio attivo dal 2009, riguarda la percentuale di imprese che hanno vista completamente accolta la loro richiesta di credito: se il totale del quarto trimestre 2016 è del 38%, la scomposizione della cifra parla di un 41% per le grandi imprese e dell’11% per le micro.

Infine, un dato emblematico della situazione sopra descritta: secondo un test dell’Ufficio Studi sui bilanci delle imprese del terziario di mercato depositati nel 2014 emerge una riduzione potenziale del 4,8% del valore aggiunto di queste aziende e un “effetto credit crunch” che ha ridotto il Pil italiano dello 0,6%. Senza “credit crunch”, in altre parole, il prodotto interno lordo sarebbe cresciuto dello 0,7% piuttosto che dello 0,1%.