E’ difficile essere ragazzi oggi, una riflessione di Claudio Gubitosi, fondatore del Giffoni Film Festival.

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Agitati. Ansiosi. Spaventati. Soffrono di sbalzi d’umore. Si proiettano verso il futuro con disagio ed incertezza. Percepiscono la precarietà delle cose. Spesso demotivati. Chi sono? Gli adolescenti di oggi, quelli che la pandemia li ha colti proprio nel cuore della loro crescita e ora, pur senza avere alcuna colpa, ne pagano molto salato il prezzo. Da marzo a maggio 2020. in pieno lockdown, sono stato con loro e vicino a loro tutti i giorni e tutte le ore, per fare compagnia ai miei adorati ragazzi e ragazze sparsi in tutto il mondo. E alla fine del lockdown ho lanciato un appello a tutti, consapevole dei tanti disagi che avevo intercettato e delle macerie che iniziavano ad emergere. E anche in questi ultimi due anni, non c’è stata occasione in cui non abbia profuso un impegno immediato e  forte per i nostri giovani.

Ed ecco emergere, adesso, dati allarmanti che ci ha comunicato l’Ospedale Bambino Gesù di Roma: sono cresciuti di oltre il 40% i ricoveri per malattie psicologiche, mal di vivere e disturbi alimentari. Ecco perché non mi stupisce, purtroppo, la ricerca sociologica “Adolescenza, tra speranze e timori”, realizzata da Laboratorio Adolescenza insieme a Istituto Iard e presentata insieme a Lundbeck Italia, in previsione del World Mental Health Day, che si celebrerà il 10 ottobre. Cosa dice quest’indagine? Che con la pandemia hanno registrato la comparsa di tre fenomeni: ansia, tristezza e variabilità d’umore. I ragazzi sono tristi e connessi e non sanno perché vivano questa condizione. Sono soli e connessi e spesso non sanno con chi condividere questo stato d’animo. Sono agitati perché connessi, forse, perché questa percezione di poter arrivare in ogni parte del mondo con un click li atterrisce, li spaventa. Sono fragili, come fragili tutti noi ci siamo sentiti, di fronte all’avanzare di un virus subdolo. Ma sono ragazzi che non hanno le nostre sovrastrutture, le nostre stesse difese. Affrontano la vita a viso aperto e oggi, in tempo di pandemia e di guerra, si sentono spauriti, sperduti, indifesi. Chi se ne occupa? Chi si prende cura di loro? Chi li protegge? L’indagine dice che oltre il 40% dei ragazzi si trova in questa condizione psicologica. Il dato è allarmante.

 

Giffoni, che da sempre è il luogo della felicità dei ragazzi, è la casa delle emozioni per ciascuno di loro, non può abbassare lo sguardo o far finta di niente di fronte a questa emorragia di positività che le nuove generazioni sembrano patire. Abbiamo dato il nostro contributo a questa indagine con la realizzazione di un corto, prodotto da Giffoni Innovation Hub, dal titolo “Mi Vedete?”, che è stato presentato nel corso dell’ultima edizione del nostro Festival. Forse oggi si comprende meglio il tema che ha governato #Giffoni2022, “Invisibili”, che ha puntato il dito contro una società che non “vede” i ragazzi e i giovani nel presente. E chi ha vissuto Giffoni è stato travolto da un’energia che ha condizionato tutto e tutti, tra gioia e felicità, questa sì, fortemente contaminante. Ma non possiamo limitarci a questo.  Dobbiamo essere ancora più propositivi. Giffoni lavora per la felicità dei ragazzi. Ma non possiamo farlo da soli. Le istituzioni, la politica, il mondo della cultura, della scuola, della formazione, della ricerca e dell’impresa devono assumersi la responsabilità di dare nuove opportunità a questi ragazzi. È l’unica strada possibile. Non può ricadere tutto sulle famiglie che stanno affrontando uno dei momenti più drammatici sul piano economico, finanziario, lavorativa della storia del nostro Paese.

I giovani devono sentirsi protagonisti del loro futuro. Ma da soli non ce la fanno. Hanno bisogno di un sostegno. Da chi deve arrivare? Dalla famiglia? Di certo è centrale. Dalla scuola e l’università? Sarebbe auspicabile. Dalla politica e dalle istituzioni? Direi di sì. Proprio da loro.

 

L’Italia non è un Paese per giovani. Natalità zero, siamo tra le nazioni più longeve al mondo ed è forse per questo che le nuove generazioni vengono sempre considerate il futuro e mai visti come presente. Alle prossime elezioni ci saranno circa 10milioni di elettori tra i 18 e i 35 anni e più di 27milioni di elettori over 50. Questo significa che, per ogni potenziale elettore under 35 ce ne sono altri tre che hanno più di 50 anni. In un Paese in cui i giovani sono così pochi, gli stessi dovrebbero essere considerati come la fonte più preziosa di capitale umano e sociale, come la risorsa unica da cui ripartire per poter crescere sia economicamente che demograficamente. Ma questo in Italia non accade. Gli under 35 a livello europeo sono la generazione più istruita di tutti i tempi. Allo stesso modo, a questo dato così incoraggiante, in Italia se ne affianca uno che non va nella stessa direzione: gli under 35 italiani sono la generazione più povera nella storia della Repubblica (possiedono il 17% in meno della ricchezza rispetto alle precedenti generazioni).  Questa situazione così complessa e tormentata ha creato un distacco tra la vita reale e quella politica. Il 43% dei giovani, dicono le indagini, si asterrà dal voto e solo un misero 8% dei ragazzi, tra i 18 e i 24 anni, è più o meno appassionato dalla politica.

 

Siamo alla vigilia di un appuntamento elettorale che definisco cruciale per il futuro del nostro Paese. Ma non sento parlare di giovani. Registro un’attenzione che definirei accademica, scolastica, verso il loro mondo. Un’attenzione che è ancora troppo superficiale da parte di una politica che non ha compreso, evidentemente, la condizione di fragilità di una generazione che deve misurarsi con un’economia di guerra, che ha registrato la crescita esponenziale dell’inflazione e a cui si lega la crisi energetica che incombe su ciascuno di noi. Il nuovo Parlamento e il nuovo Governo avranno il compito di guidare il nostro Paese: non pensino ai giovani solo quando vengono contratti debiti che loro dovranno ripagare fra 20 o 30 anni.

 

È difficile essere ragazzi oggi. A chi sostiene che la gioventù è il momento della spensieratezza, sfido loro ad essere spensierati in questa fase così incerta e precaria. Ed ecco perché i nostri giovani vanno aiutati e sostenuti. Il prossimo Governo italiano ha davanti a sé questioni cruciali, ma quella dei giovani è probabilmente la più urgente di tutte. Perché un Paese che non investe sui giovani è un Paese che si condanna ad un declino triste ed inesorabile. È un Paese che invecchia senza programmare il futuro, senza pensare al fisiologico ricambio. Ciascuno di noi, al contrario, deve stare vicino a questi ragazzi: ecco già schierato in prima fila Giffoni, dal tema “Invisibili” a “Indispensabili”. È questa la sfida – direi l’investimento – sul futuro, a cui ciascuno di noi è chiamato, nessuno escluso.

 

Claudio Gubitosi

Ideatore e Fondatore Giffoni Film Festival