Dopo l'elezione di Mattarella tra Renzi, Berlusconi e nel centrodestra nulla sarà come prima.

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Boldrini proclama eletto Mattarella,665 voti, applausodi Gigi Casciello

Il day after ha il sapore acre dell’inevitabile più che dell’occasione perduta. Il centrodestra si è svegliato così all’indomani dell’elezione di Mattarella a presidente della Repubblica. Non certo per quanto possa incidere il neo Capo dello Stato nella politica italiana, anche se le stanze del Quirinale rianimano anche le indoli più miti, ma per la strategia di Renzi che ha tutto del giovanilismo autoreferenziale più che del cinismo politico.

E la sensazione è che nel centrodestra sopravanzi ancor di più la consapevolezza che nulla sarà come prima. Non lo sarà nel rapporto di Berlusconi con Renzi, non potrà esserlo nell’Ncd dove  Angelino Alfano ha perso forse la più grande occasione per giocare una partita ben oltre la poltrona di ministro dell’Interno, non potrà esserlo in Forza Italia dove l’insistenza con la quale Raffaele Fitto chiede l’azzeramento delle cariche dei vertici nazionali del partito ed a livello territoriale nasconde, più che mai oggi, il tentativo di mettere in discussione la leadership di Silvio Berlusconi.

E quest’ultimo diventa il crinale lungo il quale il centrodestra gioca il proprio destino, altro che futuro immediato. Solo chi ha voglia di misurare la realtà sulle proprie aspettative può attribuire un valore minimo, sull’esito delle trattative per il Quirinale, alla limitata agibilità di Silvio Berlusconi. La verità è che se la sinistra giudiziaria non avesse trovato il modo di confinare il leader del centrodestra ai servizi sociali, prima le elezioni europee e poi tutto ciò che ne è seguito avrebbero avuto una dinamica diversa. Ma davvero c’è qualcuno convinto che con Berlusconi in piena attività i distinguo di Raffaele Fitto avrebbero assunto i connotati della fronda e dell’alternativa alla guida del partito? Per carità, molte delle questioni poste da Fitto (democrazia interna, scelta della classe dirigente attraverso i congressi) sono sacrosante ma, ponendole nel momento peggiore di Forza Italia e drammatico per il suo leader, perdono di autorevolezza e credibilità oltre che attribuire all’europarlamentare pugliese un cinismo cui Berlusconi non ha attinto quando la mannaia della magistratura si è abbattuta sullo stesso Fitto.

E davvero c’è qualche altro persuaso che la Lega con Salvini possa raccogliere entusiasmi oltre le prime emozioni populiste, persino reazionarie, e le aspettative di quanti sperano di dar corpo a proprie ambizioni elettorali che non hanno trovato corresponsione e soddisfazione altrove?

Il centrodestra o riparte da Silvio Berlusconi o si consumerà nell’autoflagellazione e nella cannibalizzazione elettorale tra vecchi e nuovi partitini. Ma proprio per questo anche Silvio Berlusconi sa bene di non poter far finta che non sia accaduto nulla, che quella per il Colle sia stata solo la conferma di un asse inossidabile tra l’anima azionista e postdemocristiana-dossettiana della politica e della finanza italiana. Esattamente come era accaduto con Azeglio Ciampi e nel 92 con Oscar Luigi Scalfaro.

Ma adesso per Forza Italia è il tempo giusto, forse inderogabile, per completare il processo da movimento populista a partito popolare. Un’evoluzione che comunque non può prescindere da Silvio Berlusconi che è molto più di un valore aggiunto: è l’uomo dalla cui intuizione è nata la casa vera dei cattolici popolari, della destra liberale e dei socialisti riformisti.

Un modello politico che un grande protagonista della politica italiana, un padre della nuova destra come Pinuccio Tatarella, seppe sintetizzare nella proposta di Oltre il Polo. Erano gli ultimi anni Novanta, Tatarella se ne andò troppo presto lasciando più orfani politici di quanti non si creda, ma oggi si può ripartire da lì: sicuramente dai territori ma senza l’ansia del proselitismo che nasconde spesso un approccio disadorno, da un dinamismo culturale che riaffermi chiara un’identità, un’appartenenza, un’identificazione con il popolo del centrodestra. Un processo d’identificazione che non  si consuma né si conclude con gli slogan antieuro di Salvini né con la tentazione di cedere al politicamente corretto del nuovo da accogliere comunque. Insomma, il lavoro è tanto e forse per il centrodestra è iniziata una nuova traversata del deserto ma tocca a Berlusconi indicare la strada. Il resto verrà da solo.