Diplomata o laureata, trentacinque-quarantenne, residente al Centro-Sud e fino a ieri impiegata o quadro in un’azienda, spesso casalinga. E’ questo l’identikit della neo-imprenditrice che emerge dall’indagine di Unioncamere sulle “vere” nuove imprese costituite lo scorso anno, dove per vere nuove si intendono quelle attività che non sono frutto di trasformazioni di attività esistenti, ma iniziative completamente nuove. Un esercito di 53mila imprese (il 28,6% delle iniziative totalmente aperte nel 2013) da cui traspare il profilo di un’Italia al femminile che, con più impegno degli uomini, cerca nell’impresa un miglioramento della propria situazione lavorativa o una risposta alla perdita del lavoro.
L’indagine è stata presentata oggi a Salerno, presso il Salone Genovesi in occasione della prima tappa del “Giro d’Italia delle donne che fanno impresa”, l’iniziativa di Unioncamere e dei Comitati per l’Imprenditoria Femminile che ormai da sette anni attraversa l’Italia per favorire il confronto sui temi dell’impresa al femminile. Un incontro nel quale si è discusso delle possibilità di accesso al credito per le imprese femminili: quali fonti di finanziamento ci sono e come accedervi.
“Le donne – ha detto il Presidente di Unioncamere, Ferruccio Dardanello – sono un bacino potenziale di imprenditori a cui il Paese non può rinunciare e che, anzi, deve valorizzare, con interventi mirati e rafforzando il sostegno istituzionale che le Camere di commercio hanno assicurato fino ad oggi, anche con i Comitati per l’imprenditoria femminile”.
Rispetto all’universo maschile, l’indagine di Unioncamere segnala come le donne che fanno impresa siano più concentrate nella fasce di età al di sotto dei 40 anni (il 60% contro il 55 degli uomini); hanno un livello di istruzione mediamente più elevato (il 20,8% ha in tasca una laurea, contro il 16,1% dei colleghi imprenditori maschi, il 46,1% almeno un diploma, mentre gli uomini si fermano al 44,7). Oltre ad un livello formativo mediamente più elevato, le donne che fanno impresa mostrano anche un’esperienza lavorativa più qualificata: il 18,5% ha infatti alle spalle un’esperienza da impiegata o quadro, contro il 14,3% degli uomini.
E anche nel caso di assoluta mancanza di esperienza nel mondo del lavoro, come per la categoria degli studenti, la quota di donne (6,5%) è più elevata di quella dei maschi (4,9). Sotto il profilo professionale, invece, è netta la distanza dagli uomini: solo il 6,9% delle donne aveva alle spalle una precedente e diversa esperienza da imprenditrice o lavoratore autonomo (15,2 la percentuale tra gli uomini), e solo il 3,5% svolgeva una libera professione (5% per gli uomini). A caratterizzare le neo-imprese femminili, infine, resta il profilo organizzativo più fragile, visto l’incidenza molto elevata (86,7%) la percentuale delle iniziative che nascono nella forma individuale.
Salerno, come è stato sottolineato durante l’incontro, si conferma al sesto posto in Italia per numero di imprese femminile, rappresentata dal 23,14% delle imprese iscritte in tutta la provincia, quasi due punti in più sul dato nazionale (Italia è al 21,4%). 23 imprese su 100, dunque sono nelle mani delle donne.
In termini di incidenza percentuale, invece, la presenza delle imprese femminili è relativamente più rilevante nelle altre attività di servizio (49,5%), della sanità e assistenza sociale (38,5%), dei servizi di alloggio e ristorazione (28,9%), dell’agricoltura (28,7%) e del complesso delle attività di noleggio, agenzie viaggi (26,9%).
Da segnalare il forte sostegno che il sistema camerale dà alle imprese, in termini di vicinanza e accompagnamento. A confermarlo con forza è il presidente della Camera di Commercio di Salerno Guido Arzano: “A Salerno riusciamo a fare impresa in un solo giorno – dice Arzano – la Camera è e resta uno strumento a servizio dell’imprenditore come dell’imprenditrice. E’ un riferimento che non può venire meno”. E poi, ha continuato: “Il sostegno all’impresa femminile, in particolare, si è reso tangibile con un progetto, operativo proprio in queste settimane. Si tratta del progetto Bedi, un modello organizzativo per conciliare i tempi di lavoro con quelli familiari”.
Per la presidente del Comitato per l’imprenditoria femminile, Bianca Lettieri, “Bedi è un atto concreto che come Comitato abbiamo promosso, che si unisce agli strumenti di sostegno e supporto per mettere le imprese nella condizione di conoscere quali fonti di finanziamento ci sono per le proprie attività”.