Amelia era ritornata nei suoi pensieri, come un raggio di sole che fuoriesca da una nera nuvolaglia.
Troppo aveva patito per Valeria; aveva fatto sue le sofferenze di lei; aveva nutrito sul suo conto le più belle intenzioni, ottenendo in cambio di essere buttato da parte come uno straccio.
«Vattene!». Questa era la parola più consueta di Valeria nei suoi riguardi.
«Vattene!» – anche quando per un momento, che sarebbe potuto durare tutta la vita, gli si era abbandonata tra le braccia, facendogli presupporre una resa definitiva.
«Vattene, subito!» – era stata invece la conclusione di quella rapida apoteosi di speranze. «Vattene», «Vattene», «Vattene» – sempre e poi sempre, con le parole, i gesti e le azioni!
«Me ne sono andato, Valeria, verso un lido sereno, dove potrò accarezzare la mia donna docile e generosa, dove potrò sentirmi uomo e poi padre… e invecchiare dolcemente.
Non dovrò rincorrerti più tra le onde, respinto dalla corrente, mentre tu scuoti ostinatamente la testa, per dire: No, no e poi no!
Come una velenosa medusa ti sei attaccata al mio cuore coi tuoi tentacoli invisibili. Sei una sconfitta che accetto in pace! Non ti odio, non potrei! Ti considero ancora una donna infelice…
Hai avuto il tuo Marco; per quanto ancora? Io non credo in certi miracoli…
Anche tu conservi un ricordo di me… Mi hai amato con disperazione quel giorno… un giorno che non potrai cancellare dal calendario della tua vita!».
(Continua…)