Marco faceva grandi sforzi per frenare il suo nervosismo, dovuto alle notizie che la signora Amalia gli portava di Valeria: la giovane non era adirata con lui, tanto meno distratta dalla sua sventura, se non per quel tanto che le consentiva di assumere un contegno dignitoso agli occhi di quanti ormai chiacchieravano sul loro conto. La povera madre instancabilmente ricostruiva ai suoi occhi la figura di Valeria, che egli non vedeva più concreta e chiara, come per il passato.
«E’ una donna che ha sofferto e che soffre molto. Non ti ha voluto vedere finora per non aumentare il tuo nervosismo; questo, del resto, le aveva consigliato anche il primario Giovannini. Ora è felice di ritornare a te; lo è stata subito, appena ha intravisto tale possibilità».
Marco si lasciò ammansire per un desiderio di distensione e di pace, anche se era la quiete della sconfitta. Si proponeva di essere, dolce e gentile con Valeria, purché la sua confessione fosse sincera.
Per amore del piccolo Marco avrebbe accettato anche delle condizioni, se Valeria gliene avesse poste. Era chiaro che tra loro non poteva continuare a quel modo: ne andava di mezzo il bambino…
La cosa migliore sarebbe stata ch’egli non fosse mai tornato a Napoli per il bene di Valeria e del figlio; ma gli era mancato il coraggio, all’improvviso, come se stesse per negare, a se stesso morente, l’ultima luce.
Dopo aver a lungo discusso con la madre, chiuse gli occhi e parve assopito, mentre era sveglio a continuare da solo tortuose ipotesi, nell’imminenza di rivedere Valeria.
Rivedeva mentalmente la bella persona di Valeria, il suo sorriso dolce, le sue mani esperte di infermiera, ma il suo cuore non riusciva più ad accettarla in pieno. L’idea ch’ella dovesse restare fisicamente vicino a lui per pietà e, magari, alimentare in segreto l’amore per un altro, lo faceva diventare cattivo ed insicuro.
Si chiedeva dov’era finita la pietà di Dio, che non lo aveva aiutato a morire… La Morte! Sarebbe stata l’unico antidoto contro tante sofferenze sue ed altrui. Neanche per un istante pensò al suicidio, sinceramente ritenendolo un gesto ripugnante, indegno dell’infelice missione, che pur lo annoverava tra i benemeriti della scienza.
(Continua…)