Trascorse ancora una settimana, durante la quale Valeria passò molto tempo a scrivere. Aveva riportato i pensieri affidati al piccolo diario, comprato all’aeroporto di Firenze, su un grosso quaderno ed aveva continuato a scaricare, così, le sue tensioni, i suoi stati d’animo pesanti e, quasi sempre, dolorosi. Sorridendo mestamente, ricordava spesso che Emily le aveva consigliato di consegnare tutti i suoi scritti a Stowe, perché ne traesse un bel film, a questo ricordo si associò quello di Rosario, che certamente sarebbe stato felice di leggere tutto di lei.
A lei sembrava che quel diario fosse scritto bene, con semplicità, con coraggio e umiltà. Ora capiva che non aveva niente di cui vergognarsi, perché le sue sofferenze avevano riscattato i suoi torti, se mai ne aveva avuti, e Marco lo aveva amato con tutta l’anima, non immaginando cosa le riservasse il destino.
Erano come morti tutti e tre: Alfred, Rosario e Marco. Rimaneva Adriano a ricordarle il suo errore più grande, che non avrebbe potuto mai cancellare dalla sua mente… Eppure… Eppure egli era l’unico che le avesse dato ancora il senso della vita… La vita continua ed ha le sue esigenze, le sue leggi di dolore e di gioia; ti dà le sconfitte che non vorresti e le vittorie cui non ambisci.
Ma è pur vita! Adesso era come morta anche lei, fatiscente di dentro e di fuori come uno “zombi”! Rabbrividì a questi pensieri, che per un attimo le avevano fatto dimenticare il piccolo. Sentì allora un forte slancio verso di lui e disse a se stessa che sarebbe vissuta solo per lui, per aiutarlo a crescere, a capire.
Mentr’era attesa a riportare le ultime riflessioni sul grosso diario, le giunse una telefonata dall’ospedale. Giovannini in persona le comunicava che Marco era arrivato. Gli aveva dato una bella camera, che avrebbe dovuto dividere col medico del turno di notte.
Aveva aggiunto:
«Valeria, non si precipiti qui… Non diamogli l’impressione di invaderlo e di non rispettare le sue volontà».
Semmai, si decida a lavorare di nuovo con noi. Io non ho messo ancora agli atti la sua lettera di dimissioni, nella speranza che si ricreda. Ci pensi con calma».
«Non si preoccupi, professore» – rispose prontamente Valeria, per non dar tempo alla sua emotività di aver ragione di lei – «Non si preoccupi affatto; non ho nessuna voglia di rivedere Marco e di ritornare in ospedale. Mi scusi e grazie per l’informazione».
(Continua…)