Desiderio infinito! Capitolo 12 (Parte prima)

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Nei giorni seguenti, a queste prime notizie se ne aggiunsero altre, in un’altalena di incertezze che logoravano le ultime forze di Valeria. Amelia scriveva ad Adriano una lettera piena di oscuri ed inquietanti presagi: Marco sembrava ripreso, ma non si poteva parlare di una lenta guarigione, bensì di una lentissima morte.
Emily a sua volta, scriveva a Valeria, confortandola con parole ora di fede, ora di rassegnazione, spesso spronandola, con la sua abituale schiettezza, ad essere preparata «a qualunque cosa».
Il professore Giovannini scrisse di suo pugno a «Maximus», chiedendo notizie precise, che press’a poco furono le seguenti:
Marco poteva vivere ancora, ma fino a quando chi poteva dirlo?
Poteva muovere normalmente le braccia, mentre le gambe erano totalmente paralizzate. Il male sembrava miracolosamente arrestato, ma la verità la conosceva solo il Signore. La scienza medica aveva fatto più del possibile. Il paziente si era ripreso anche moralmente; non era più tanto scontroso e spesso si fermava a chiacchierare con altri pazienti anch’essi, sebbene per altri motivi, inchiodati su sedie a rotelle. Aveva espresso il desiderio di tornare in Italia e di mettersi sotto il controllo del prof. Giovannini, nei reparti nuovi dell’ospedale.
Giunse anche una lettera di Marco a Valeria, la quale, informata da Giovannini, già sapeva che egli desiderava il ricovero nei locali ospedalieri nuovi, di cui ella non faceva parte.
Cara Valeria,
avevo deciso di non tornare, nella speranza che tu mi dimenticassi e ricostruissi la tua vita con un altro uomo, in grado di darti tutta la felicità che meriti. Lo desidero ancora, perciò non tornerò per te, né gradirò la tua presenza, neanche nella qualità di infermiera. Ritorno per morire a Napoli e perché il pensiero di mio figlio non mi lascia più in pace. Ho tentato di essere forte, di tenermi lontano da lui, ma ho dimostrato di essere, in tutti i sensi, solo una fragile creatura.
Non voglio morire, portando negli occhi un’immagine fotografica di mio figlio: voglio vederlo, sentirlo parlare, farmi chiamare una volta sola «papà».
Desidero anche rivedere per l’ultima volta i miei cari…, la mia povera mamma… E’ pur giusto che sappia ormai».
La lettera terminava con frasi quasi puerili: non voleva rovinare la vita di Valeria più di quanto non avesse già fatto. Perciò se ella non desiderasse il suo rientro a Napoli e non volesse fargli vedere il bambino, egli avrebbe cambiato direzione e non le avrebbe più dato notizie di sé. Adesso aveva dato inizio ad una nuova attività: avrebbe scritto dei libri per aiutare i giovani avviati al «mestiere» di medico.
Valeria comprese lucidamente che il ritorno alla vita di Marco, sia pure compromesso da una precarietà costante, aveva toccato il punto nevralgico della sua antica, irrequieta, morbosa smania di protagonismo, rivolgendosi ad interessi vari, prorompenti, confusionali.
Ora voleva vedere suo figlio, non lei; non avrebbe potuto più amarla come un uomo normale, quindi, le concedeva il permesso di sposare un altro. Bene! Starebbe a vedere… Si occupasse pure dell’avvenire di Marco junior; costruisse pure l’avvenire del ragazzo coi mezzi che il governo generosamente metteva a sua disposizione.
Se proprio lo desiderava lo avrebbe messo di fronte ad una nuova realtà di se stessa.
Era ormai stanca di pianti, di attese, di notizie elemosinate, di speranze assurde, di frustrazioni continue. Basta!
Adriano aveva di nuovo lasciato Amelia, nella speranza ch’ella accettasse finalmente il suo amore… «Se la vita vuole così… prendiamola com’è».
Egli si sarebbe appagato dell’affetto dei suoi, dell’amore della «povera mamma», di quello del figlioletto, della compassione di tutti, delle segnalazioni «al merito e al coraggio», che stavano per rilasciargli i fascisti al potere!
Molto bene! Ella avrebbe tracciato a se stessa una nuova vita. Se non poteva essere felice con lui; se egli non l’accettava neanche come infermiera… gli avrebbe dato uno spettacolo di sé ben diverso da quello ch’egli temeva e si figurava!
Valeria, nella sua esasperazione, non sapeva neanche quel che andava dicendo a se stessa. Cieca di furore e di odio, che altro non erano che il rovescio del suo immenso amore per Marco, progettava nuovi programmi di vita. Non sarebbe stata trattata ancora come uno straccio davanti a tutti… Quand’egli fosse finalmente morto, ella avrebbe compatito solo un estraneo, che non l’aveva mai compresa, che l’aveva sprecata come fosse un oggetto, di cui adesso si disfaceva.

(Continua…)