Una carovana umanitaria partita da Salerno, che ha accompagnato in Italia un centinaio di profughi ucraini in fuga dalla guerra. Una missione sostenuta dalla Simdo, Società italiana metabolismo diabete obesità, che nelle scorse settimane ha raggiunto il confine tra Polonia e Ucraina per portare beni di prima necessità, medicinali e giocattoli donati da cittadini e imprenditori salernitani alle popolazioni vittime del conflitto tra Russia e Ucraina.
Un corridoio umanitario, organizzato in sinergia con la Fondazione Comunità Salernitana onlus e il Lions Club Branch Salerno Minerva, a cui ha partecipato anche Pasqualina Memoli, vicesindaco di Salerno, medico diabetologo che fa parte del Consiglio direttivo di Simdo. “A bordo di due autobus siamo riusciti a portare in Italia 96 profughi, tra donne, bambini e anche minori non accompagnati – racconta Memoli – . Molti di loro sono stati ospitati da famiglie che hanno messo a disposizione le loro abitazioni e i bambini hanno già avviato un percorso di inserimento scolastico, con il supporto di mediatori”.
“Abbiamo vissuto un’esperienza dolorosa e indimenticabile – prosegue la diabetologa, che è stata in missione accompagnata dalle giornaliste Monica De Santis ed Erika Noschese – volti e sguardi pieni di disperazione che resteranno scolpiti per sempre nella nostra memoria. Come quello di una ragazza di 19 anni che ha dovuto lasciare la famiglia che vive in condizioni disagiate, arrivata adesso in Italia per costruirsi un futuro. Tante donne hanno lasciato i loro mariti impegnati a combattere in guerra, tra cui anche una collega oculista partita con noi insieme alla figlia. Tra i profughi, poi, c’è anche una donna di 94 anni che ha raggiunto la figlia e i nipoti, che si trovavano già Italia”.
“La nostra professione è segnata da questa vocazione verso gli altri, un sentimento che spinge noi medici ad accendere una luce dove c’è il buio”, aggiunge Memoli, che dirige l’ambulatorio di diabetologia del Distretto 66 dell’Asl di Salerno, dove è stato creato uno speciale percorso sanitario di supporto dedicato ai profughi che soffrono di patologie diabetiche. “Senza questa pulsione verso il prossimo – conclude – la nostra vita, come persone e come medici, non avrebbe alcun significato”.