E’ un racconto per il palcoscenico intenso e acuto Da lontano (Chiusa sul rimpianto), in scena da lunedì 6 marzo 2023 alle ore 21 al Teatro Pasolini di Salerno, che riunisce l’attrice Isabella Ragonese e l’autrice Lucia Calamaro, anche regista, in un atto unico pensato espressamente per una delle attrici di teatro, cinema e tv più amate della sua generazione.
Presentato da Infinito Teatro e Argot Produzioni in collaborazione con Riccione Teatro, l’incontro e la collaborazione tra le due artiste hanno dato origine a un racconto toccante e intimo, che si avvale della partecipazione in scena di Emilia Verginelli, il disegno luci a cura Gianni Staropoli, le scene di Katia Titolo, i costumi di Francesca Di Giuliano.
Una figlia adulta, terapeuta, tenta di alleviare la sofferenza della propria madre, una donna da sempre impreparata al mondo, fragile e incapace di reggere il peso e le responsabilità del proprio ruolo genitoriale.
I ruoli di madre e figlia vengono rovesciati, e questo ribaltamento di prospettiva commuove per la sensibilità con la quale si disegnato il rapporto tra le due donne.
«Quanti di noi, da piccoli – si chiede Lucia Calamaro – hanno assistito impotenti ai drammi degli adulti amati? Quanti avrebbero voluto intervenire? Aiutare, capire. In fondo salvarli. E quasi mai si può».
Da Lontano mette in scena il tentativo irragionevole di una figlia adulta, diventata terapeuta, di fare oggi quello che non aveva potuto fare a quei tempi: aiutare quella madre tribolata, che esisteva solo quando lei era bambina.
Tra i desideri incompiuti che abitano un’esistenza, ogni tanto fa capolino quella di aiutare quel genitore dolente che abbiamo conosciuto da bambini. Avere i mezzi, gli strumenti per farlo per dargli l’ascolto dovuto e aiutarlo senza che se ne accorga. Il genitore che sentivamo più fragile.
Quell’adulto impreparato al mondo che ci accudiva ‘alla bene e meglio’ attraversato com’era da tribolazioni e guai. Non stavano sempre bene i nostri genitori. Avevano parecchi dispiaceri. E noi eravamo piccoli, per lo più impotenti di fronte a quella loro ben declinata infelicità. Intuivamo, non conoscevamo, sospettavamo, non sapendo che fare.
«Allora ho immaginato – aggiunge l’autrice – un luogo, piccolo, tra un fantomatico ‘di qua’ e ‘di là’ in cui questo fatto, questa parola che sia ‘evento’, che curi, possa accadere, per un po’».