Il Concerto per Duke Ellington giovedì 18 al Teatro delle Arti.

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Giovedì 18 dicembre, alle ore 21, il Teatro delle Arti di Salerno ospiterà il concerto celebrativo del quarantennale della scomparsa del grande compositore e band leader, nato dalla collaborazione tra l’Associazione L’Altraarte e l’Ente Provinciale per il Turismo di Salerno.

Il 2014 è l’anno del quarantennale della morte del compositore, pianista, band-leader, musicista che in sessant’anni di attività ha prodotto circa 1200 composizioni, consistenti in centocinquanta ore di musica personalissima, riconoscibile alle prime battute, spesso toccata dal soffio della poesia, aristocratica e popolare, colta e disimpegnata, lirica ed effervescente, impossibile da definire in tutte le sue sfaccettature, certamente la più fulgida testimonianza dell’arte nero-americana del nostro Millennio.

L’Associazione L’Altraarte, diretta dal trombettista Rino Barbarulo, supportata dall’Ente Provinciale del Turismo di Salerno, nella persona del Commissario Dr.ssa Angela Pace, con il patrocinio dell’Assessorato Regionale al Turismo e ai Beni Culturali della Regione Campania, guidato dall’On. Pasquale Sommese che ha accordato il patrocinio all’iniziativa, condividendo la scelta operata dall’E.P.T. di Salerno che pienamente si inquadra negli obiettivi programmatici della Regione, unitamente all’Azienda provinciale del Turismo di Salerno, e la collaborazione delle testate Jazzitalia e Jazzconvention, e agli sponsor tecnici Alberto Napolitano Pianoforti, e Raffaele Inghilterra, ha inteso onorare il genio statunitense evocando il sound della sua inimitabile orchestra, proponendo un percorso musicale tracciato dal critico musicale Olga Chieffi e affidato alla Big Band Swingtime composta dai canonici 15 elementi diretti dal M° Antonio Florio, tutti appartenenti al grande e preziosissimo vivaio campano, nel corso di una serata evento che si svolgerà al Teatro Delle Arti, giovedì 18 dicembre alle ore 21.

Questo concerto monografico su Edward Kennedy Ellington nasce, oltre che per celebrare una quantità di musica più abbondante di quella prodotta da Verdi o da Wagner, per sfatare ogni perplessità manifestata in campo critico di fronte a questa sterminata produzione.

E’ certamente banale osservare come nel corso della sua attività la sua arte si sia evoluta e modificata, un vero e proprio movimento del pianeta Ellington nel cielo del jazz, i cui effetti che vengono attribuiti alla forza centripeta o centrifuga del suo moto attorno a quel nucleo di cose in cui viene identificata l’idea del jazz.

Con i 15 temi in scaletta si offrirà il bagaglio minimo per avvicinare la figura di Duke Ellington: band leader, autore di songs, dagli inizi sino al 1943 quando l’uso della parola “jazz” sarebbe scomparsa dal vocabolario suo e della band, periodo in cui l’Ellington compositore si orienta verso forme musicali più estese di quella della tradizione jazzistica, capaci di acquisizioni linguistiche da linguaggi musicali estranei al jazz. In un programma di circa 90 minuti, saranno eseguiti ed illustrati temi straordinari, a cominciare dalla sigla dell’orchestra ellingtoniana Take the “A” Train, firmata da Billy Strayorn, per passare attraverso i segreti del celebrato “effetto Ellington”, offerto dai solisti, i quali si ispireranno filologicamente al fraseggio del clarinetto di Barney Bigard, con l’imboccatura a New Orleans e la campana rivolta verso ogni novità, al sax baritono di Harry Carney, al quale si ancorava l’intera orchestra, indimenticabile in Sophisticated Lady, Ray Nance, Cootie Williams e Cat Anderson, i re delle trombe sia aperte che sordinate, a Juan Tizol, il trombone portoricano, dallo stesso spirito esotico di un pacchetto di sigarette Camel, dalla cui penna sono uscite Conghe e “Carovane” e ancora all’intera sezione dei sax, guidata dal tenore di Paul Gonsalves e da Johnny Hodges del quale verranno evocati, dallo stesso Antonio Florio i suoi glissando da vertigine, il suo indescrivibile “scooped pitch” in Prelude to a kiss.

“Music is my Mistress” scriveva Duke e questo suo portrait schizzerà anche la Donna ellingtoniana, domina, bride, scrubwoman, girl child, gorgeous, paragonata alle immagini più varie, dal fiore al vulcano, dal nevischio alla matematica, ispiratrice di buona parte del suo song-book: Black Beauty, Night Creature e sopra tutte, Sophisticated Lady, una creatura che non possiamo permetterci di tornire e sfiorare, poiché perfetta e giovane come settantanove anni fa.

Un viaggio, questo, che passerà dal cortile di Harlem in cui nacque il Duca, con Black and Tan Fantasy ed Echoes of Harlem, ai grandi affreschi orchestrali, quali Satin Doll, In a Sentimental Mood, Across the Tracks blues, Mood Indigo, C jam Blues, a cui verrà aggiunto l’Ellington dei Festival con Launching Pad, delle suite orchestrali con Oclupaca e il senso della scrittura classica per big band, racchiuso In a Mellow tone, eseguiti nel rispetto assoluto degli impasti armonici, delle armonie originali, metafora del melting-pot americano che è a sua volta metafora della nostra umanità.