Secondo appuntamento, mercoledì 12 dicembre, nella Chiesa della SS. Annunziata, alle ore 20, per “Concerti in Luci d’Artista”, la rassegna musicale ideata da Antonia Willburger e che da quattro anni trasforma alcuni dei luoghi simbolo della città in piccoli auditorium della musica. L’evento è organizzato dal Cta di Salerno con il contributo del Comune di Salerno, il patrocinio della Provincia di Salerno e la collaborazione del Conservatorio “Giuseppe Martucci”, dell’Associazione “Amici dei concerti di Villa Guariglia” e della Bottega San Lazzaro. Dopo l’abbrivio internazionale offerto dalla pianista Tetiana Shafran, vincitrice del Premio di esecuzione pianistica “Antonio Napolitano – Città di Salerno 2017”, che ha regalato un’intensa esecuzione del “Gaspard de la nuit” di Maurice Ravel, un deciso passo indietro nella storia della musica, con il flautista Antonio Senatore, in trio con il clavicembalista Pierfrancesco Borrelli e il cellista Mauro Fagiani, i quali ricreeranno le atmosfere barocche di Corelli, Loeillet e Bach, con una sortita nell’Europa galante di C.P. Emanuel Bach e Delalande. Antonio Senatore, che per l’occasione userà una testata in legno di bosso, dedicherà al pubblico salernitano la Sonata in Re Minore di Jean Baptiste Loeillet, fortemente influenzata dall’op. V di Arcangelo Corelli. Questa pagina è forse quella che maggiormente guarda alla musica e al gusto francese. Seguirà, il Largo e Pastorale dal Concerto grosso in Do Maggiore per il Santissimo Natale di Francesco Onofrio Manfredini. L’aspetto interessante di questa produzione consiste nella qualità delle due raccolte pubblicate rispettivamente nel 1704 (Concertini per camera a violino e violoncello o tiorba, Op. 1) e nel 1709 (Sinfonie da chiesa a due violini col basso per l’organo e una viola a beneplacito, con una Pastorale per il SS. Natale, Op.2). Si tratta di lavori che appartengono alla letteratura tradizionale, di cui conservavano due caratteristiche: da un lato l’ambiguità delle indicazioni, ad esempio “concertino” o “sinfonia da chiesa”, che non designano architetture autorevolmente fissate, d’altro lato, la disponibilità delle forme musicali a organici strumentali diversi, secondo l’occasione. I Concertini di Manfredini posso essere infatti eseguiti anche con due soli strumenti, come indicato, o con uno strumento e un basso continuo “realizzato” per archi o per due sezioni di archi. Analoghe osservazioni valgono per le Sinfonie da chiesa, che esprimono la loro forma tradizionalistica dal fatto di essere concluse dalla Pastorale per il SS. Natale che precede di molto tempo la pubblicazione dell’analoga Pastorale corelliana avvenuta solo nel 1714. Si continuerà con la Sonata in Mi minore, composta da Christian Philipp Emanuel Bach, con cui ci si calerà nell’ Empfindsamer Stil, di matrice squisitamente illuministica, quello “stile sentimentale” germanico che voleva esprimere, non più la descrizione di un solo “affetto”, ma una molteplicità di stati emotivi capaci di alternarsi nello sviluppo del risultato dell’opera creativa. Raffinata ed equilibrata la tessitura armonica che sovrasta e permea l’opera, in cui progressivamente la netta separazione tra strumento solista, o quantomeno portante, e quelli deputato all’accompagnamento nel ruolo del basso continuo tende inesorabilmente, per via dell’arricchimento e della complessità della scrittura, a stemperarsi, ad annullarsi, ponendo lo strumento solista e quello a tastiera su un piano paritario, in cui lo sviluppo non è più unilaterale, ma trova motivi di spunto, di raccordo, di approfondimento da parte di entrambi. Passaggio in Francia con Michael Richard Delalande e il suo Noel en Trio, Symphonie – C’est a la venue de Noel – Or nous dites a Marie – A minuit fut fait un Reveil – Notre bon per Noè – Carillon, in cui dà libero corso alla sua fantasia sia nell’invenzione melodica sia nella ricerca strumentale. Ancora musica per il Santo Natale, stavolta secondo il nostro Arcangelo Corelli e il suo celeberrimo concerto grosso in Sol Minore op.6 n°8, dal quale ascolteremo l’Adagio e la Pastorale finale, punto culminante nella parabola della sua produzione, grazie al suo perfetto equilibrio espressivo e a quella libertà e scioltezza di eloquio tipici del nostro barocco. Finale affidato alla Sonata in Sol minore BWV 1020 di Johann Sebastian Bach, che rispecchia lo schema della Sonata italiana del tempo con l’alternanza tra allegro-adagio-allegro, impostata su una evidente semplicità melodica e su una scorrevole freschezza espressiva, in cui il flauto primeggia per la brillantezza degli accenti sonori, non priva di rilevanti difficoltà tecniche. Il suo cantabile italiano e la sua semplicità contrappuntistica hanno indotto sospetti sulla sua autenticità, ma resta una gemma incontrastata della letteratura flautistica.