Annotava Gadda nel suo Giornale di guerra (25 agosto 1915): «Litigare per sciocchezze e con sterilità di risultati è un gran contento per gli italiani in genere». A questo si aggiungano la propensione naturale alla maldicenza, il livore, il dispendio di energie nervose in un chiacchiericcio senza fine. Sono tratti che si acuiscono nella provincia o nei cuori neri – provinciali a loro volta – delle città. Quella provincia che pure ha dato alla cultura italiana contributi di primaria importanza.
Davanti alle accuse indirizzate a Maurizio de Giovanni e alle intimidazioni, più o meno velate, rivolte al Festival che ha ‘osato’ invitarlo a Salerno, ci sarebbe solo da sorridere: nemmeno un Aristofane strafatto di acidi avrebbe saputo immaginare un esito così grottesco (censurare de Giovanni perché reo di un atto di hybris, di incontinenza verbale, per un peccato di lesa salernitanità…). In realtà, c’è poco da ridere. Quegli argomenti denotano ancora una volta la sproporzione tra SalernoLetteratura e componenti infinitesimali – ma che tuttavia ambiscono a essere rappresentative – del contesto nel quale il festival opera da ben undici edizioni senza interruzioni, nemmeno durante l’emergenza pandemica. Questa vitalità del festival, questa capacità di resistere alle avversità (la morte di Francesco Durante, suo primo direttore artistico), qualcuno preferisce ignorarle o più banalmente non se ne capacita o non arriva a capirle. E qui ci soccorre Leonardo Sciascia: «gli stupidi, come i corvi, sentono solo le cose morte»
Maurizio de Giovanni è uno scrittore orgogliosamente popolare, amatissimo ovunque, anche a Salerno, da quanti siano posseduti dal demone della lettura. Per fortuna sono molti e in crescita. Solo per questo, de Giovanni è di casa a Salerno, ospite sempre molto gradito: perché ha storie da raccontare e perché c’è un pubblico che quelle storie avvincenti vuole ascoltarle dalla sua viva voce. Il resto sono chiacchiere sterili, le stesse esecrate da Gadda, quelle che condannano la provincia a restare prigioniera della contemplazione narcisistica del proprio nulla (che piace tanto ai corvi).
SalernoLetteratura è un esempio perspicuo di volontariato intellettuale e civile. A partire dai professionisti che ci lavorano lungo l’intero arco dell’anno e si dannano per arricchire ogni edizione di contenuti nuovi, sperimentando formule inedite. Maurizio de Giovanni è a sua volta un’espressione limpida di questo volontariato: non ha mai preso – né tanto meno preteso – il becco di un euro per venire a Salerno. Come lui, pressoché tutti gli scrittori che in questi anni si sono succeduti sui palchi del festival. Questo è un dato, peraltro facilmente verificabile. Se le cose non stessero così, edizioni di tale ricchezza sarebbero impensabili, specie se ci si confronta con i bilanci di altre realtà nazionali.
Infine, è doverosa un’ultima notazione politico-culturale. La direzione artistica di SalernoLetteratura ha sempre rivendicato la propria autonomia. Nessuna ingerenza, nessuna pressione, nessuna intimidazione, da qualunque parte vangano e in qualsiasi modo siano espresse, possono indurci a revocare la decisione – sacrosanta – di avere Maurizio a Salerno, privando peraltro il pubblico del festival dell’incontro con uno dei protagonisti più attesi. Ecco perché non ci limitiamo a esprimere una mera solidarietà a de Giovanni ma rinnoviamo più accoratamente il nostro invito a partecipare al festival, contribuendo alla sua riuscita.
Gennaro Carillo
Condirettore artistico di SalernoLetteratura