CARLO AFAN DE RIVERA : UN URBANISTA DELL’800 RACCONTATO DAL PROFESSOR GIUSEPPE FOSCARI A “LA CONGREGA LETTERARIA”.

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“Per Carlo Afan De Rivera, la centralità della gestione delle opere pubbliche, affinché si garantisse l’interesse generale, doveva essere dello Stato, non dei privati o delle amministrazioni periferiche”. Un tema quanto mai attuale che già nell’800 era stato affrontato dall’ingegnere Carlo Afan de Rivera, un personaggio di altissimo valore culturale e tecnico, dirigente pubblico del Regno Borbonico, che è stato analizzato nel libro “ Carlo Afan de Rivera. La politica e la modernizzazione conservativa nel Regno delle Due Sicilie”, edito da D’Amico Editore, scritto dal professore cavese Giuseppe Foscari, docente di Storia Moderna e Storia Contemporanea al Dipartimento di Scienze Politiche dell’Università di Salerno, che è stato presentato durante l’incontro organizzato su piattaforma dai direttori artistici de “La Congrega Letteraria”: il professor Antonio Gazia e Alfonso Vincenzo Mauro.

Il professor Foscari ha raccontato che Carlo Afan de Rivera fu direttore generale, dal 1824 al 1852, della struttura statale di Ponti e Strade, Acque, Foreste a Caccia: “Fu un fervido intellettuale che aveva un forte senso dello Stato Le sue idee erano originali, creative, all’avanguardia: avevano l’obiettivo di fare in modo che all’investimento pubblico corrispondesse un’utilità sociale che creasse una condizione di benessere per tutta la società meridionale. Un ingegnere e urbanista che ancora oggi è studiato soprattutto per quanto riguarda la progettazione di ponti e strade e per le bonifiche che, a distanza di un secolo e mezzo, lo rendono un punto di riferimento nella scienza del territorio e dell’ambiente. Egli creò il Risorgimento del Mezzogiorno mediante le opere pubbliche. E’ stato l’uomo che ha impiantato la cultura del governo e della conoscenza del territorio, senza la quale nessuna opera pubblica può essere messa in campo ”. De Rivera denunciò la corruzione dell’amministrazione borbonica:” Aveva una visione illuminista. Per aumentare le risorse pubbliche da utilizzare per creare grandi infrastrutture, come le strade, i ponti, i porti, nell’interesse di tutti, voleva che a pagare le tasse fossero anche la Chiesa e i baroni”. Fu un precursore dell’intermodalità: ” Voleva creare una stretta sinergia tra il trasporto su rotaie, quello sulle strade (sempre complicato) e le comunicazioni marittime”. De Rivera si occupò anche di alcune importanti strade del nostro territorio:” C’era la tendenza all’epoca ad avere una pendenza delle strade di circa il 15%. Nella logica di De Rivera, invece, le strade non avrebbero dovuto avere una pendenza superiore al 5%.  Anche per la strada della Costiera Amalfitana che cominciò ad essere costruita in quel tempo si seguì questa logica”. De Rivera non era un semplice burocrate:” Era un uomo che conosceva il territorio e sapeva leggerlo: girava con il cavallo per il Regno delle Due Sicilie. Era un bravo cartografo che aveva una percezione innovativa sul Mezzogiorno che divideva per bacini idrografici”. De Rivera era anche un ambientalista:” Lui parlava di bonifiche integrali: voleva creare una rete sistemica che tenesse conto non solo del risanamento dei terreni paludosi, ma anche di tutte le operazioni atte a migliorare i terreni e ripristinare un equilibrio armonioso tra l’uomo e l’ambiente. De Rivera, inoltre, nella riforma forestale del 1826 impone il vincolo paesaggistico alle aree in declivio a dimostrazione che la sua apertura mentale lo porta a ragionare in termini di prevenzione”. De Rivera credeva molto nella spinta propulsiva che le opere pubbliche avrebbero generato:” Si basava sull’idea che bastava assecondare i suoi progetti perché le popolazioni stessero meglio, perché gli operai trovassero lavoro, perché la società crescesse sul piano economico e lo Stato introitasse più risorse fiscali”. (Foto scattate prima del periodo Covid-19 da Edoardo Colace). (Pubblicato su “Il Quotidiano del Sud” edizione di Salerno).

Aniello Palumbo