A cura di Francesco Sassano – Per info sassanof@libero.it
Imminente tornata elettorale ha un valore simbolico senza precedenti, per una ragione ben precisa, eccezionalità del voto settembrino darà voce al popolo italiano all’interno di uno scenario politico internazionale nebuloso per di più esacerbato dai ritmi frenetici del conflitto bellico in Ucraina.
Mentre le armi sparano, parallelamente è in atto una vera è propria guerra economica tra la Russia e l’Occidente. Le sanzioni hanno per forza di cose colpito entrambi i fronti, Eurozona potrebbe entrare presto in stagflazione.
Le premesse eterogene sopra descritte rappresentano le condizioni ideali, per condizionare ed aprire la strada ad atteggiamenti utilitaristici il rischio più concreto a nostro avviso, potrebbe essere quello di affidarsi a categorie di pensiero, vicine al paradigma del familismo amorale magistralmente descritto da Edward C. Banfield nel suo celebre libro “Le basi morali di una società arretrata”.
Partiamo da questa massima di fondo: “massimizzare unicamente i vantaggi materiali di breve termine della propria famiglia nucleare, supponendo che tutti gli altri si comportino allo stesso modo”. ( cit. di Banfield)
All’interno di questa costrutto ci sono le basi del familismo amorale: 1) individuo persegue unicamente interesse personale proprio e della sua famiglia 2) a-moralità significa nel caso specifico completa assenza di ethos al di fuori della cerchia familiare.
In una società di familisti amorali, nessuno perseguirà l’interesse del gruppo o della comunità, a meno che ciò non torni a suo vantaggio personale.
Quali sono le conseguenze di determinati comportamenti?
Il debole vedrà con favore un regime autoritario che mantenga l’ordine con mano ferma; il voto verrà usato per assicurarsi vantaggi materiali di breve termine, più precisamente per ripagare vantaggi già ottenuti, non quelli semplicemente promessi; oppure il voto verrà usato per punire coloro da cui ci si sente danneggiati nei propri interessi, anche se quelli hanno agito per favorire l’interesse pubblico.
Tornando ai cosiddetti – fatti di casa nostra– la dissertazione scientifica sopra indicata ci permette di traslare la teoria alla pratica, ed è facile rintracciare queste tracce nel modus operandi tipico del – fare politica – da parte dei nostri esponenti politici di spicco presenti in Campania.
La nostra tesi trova conferma nel familismo deluchiano, che vede il primogenito del Governatore, candidato al primo posto del listino per la Camera nel collegio plurinominale che comprende Salerno, un capolavoro di meritocrazia alla faccia dei giovani campani costretti ogni anno a fare le valige per – cercar fortuna altrove – .
Mi sembra evidente, e, concludo che due sono le logiche di fronte a tale arroganza, accodarsi al carrozzone familistico ragionando secondo logiche puramente familiari, oppure le alternative restano – prendere consapevolezza, di quanto avviene e proporre un cambiamento – ma gli uomini sono pronti ad abbandonare certe logiche solo e soltanto quando sono convinti che nulla è stato a loro nascosto, che nessuna illusione è stata, volontariamente o involontariamente, creata in loro.
Il rischio più grande in Campania, potrebbe essere l’astensionismo. Il partito del non voto attualmente vale il 35%. Non a caso è facile di questi tempi registrare da parte della cittadinanza una vera e propria abulia per la res publica. Purtroppo le dinamiche familistiche sapientemente analizzate da C. Banfield restano in massima parte il principale ostacolo allo sviluppo della nostra amatissima terra. Sarebbe di fondamentale importanza educare la cittadinanza a logiche comunitarie utili a marginalizzare le èlite locali portatrici di interessi individuali. Si può concludere pertanto che la questione della fiducia si pone tra uomini liberi, autonomi e per principio non controllabili l’uno da parte dell’altro.
In un clima di scoraggiante crisi economica, le azioni umane sono condizionate da atteggiamenti sempre più privi di fiducia. L’assenza di trasparenza da parte della politica nostrana ed il nepotismo dilagante, sono elementi, determinanti per creare le condizioni di sfiducia e arroganza nei confronti del prossimo.
In Campania, come abbiamo provato a sottolineare ci sono tutte le condizioni ideali per la proliferazione di un nuovo familismo amorale, in parte diverso da quello descritto da C.Banfield nel 1958 ma pronto a riemergere, un vero e proprio blocco reazionario all’interno del quale troviamo i diseredati, i disoccupati, il ceto medio in rovina ed i ceti alti protetti e corporativi pronti ad orientarsi sui disvalori premoderni principalmente rintracciabili nell’ostilità verso l’altro/nemico.
In conclusione il voto campano, rappresenta un vero e proprio laboratorio italiano, oggetto di studio ed interesse, in quanto da una parte abbiamo una proposta politica sfacciatamente nepotista, pronta a difendere gli interessi di un èlite oramai arroccata da anni nei palazzi che contano, e dall’altro lato un elettorato impoverito e sfiduciato.
La questione si ripropone ora e il dibattito non è meno privo di equivoci e fraintendimenti. Ma è possibile uscire fuori da questo dilemma rimettendo al centro dell’agenda politica la questione morale, sviluppando e tutelando la società aperta, in cui ogni singolo individuo non sia più condizionato dal problema angoscioso della propria sicurezza di vita e quella dei propri figli.