I calendari si basano su alcune unità di tempo fondamentali, convenzionali: il giorno; la settimana; il mese; l’anno. Quest’ultimo è suddiviso in dodici mesi, ognuno con un proprio nome. I vari mesi sono definiti dal calendario gregoriano della durata irregolare tra i 28 e i 31 giorni. In Grecia, i calendari più noti erano l’attico e il macedonico: il primo cominciava a luglio; il secondo in ottobre. A Roma, si partiva da marzo per giungere a febbraio. Dalla promulgazione del calendario gregoriano (1582) si utilizzò la data del 1° gennaio, già nell’antichità fissata da Gaio Giulio Cesare.
Il mese più freddo dell’anno è gennaio. Un tempo nella cultura contadina, si interrompevano tutte le attività agricole: i campi erano gelati e i contadini si ritiravano nelle stalle per prepararsi alla bella stagione e sistemare le attrezzature per il lavoro.
Durante questo momento di ozio, in attesa che le cose volgessero al meglio, le persone si dedicavano ad attività meno faticose, ascoltando le storie che univano le famiglie la sera intorno al fuoco del camino.
Gennaio deriva da Giano Bifronte (Ianus), la divinità romana dotata di un duplice volto, che rappresenta il passaggio e il mutamento, in quanto apre le porte al nuovo anno. Da qui ianua, porta. Giano custodisce l’entrata e l’uscita ed ha in mano una chiave e un bastone; le due facce vegliano nelle due direzioni e guardano avanti e indietro, scrutano gli orizzonti opposti, oriente e occidente, il sorgere e il tramontare del sole.
Il dio Giano è una figura importante nel Pantheon romano: apprezzato da Giove ed amico di Saturno, giunto nel Lazio dopo essere stato scacciato dall’Olimpo. Questo dio era famoso per le feste (Saturnalia), quelle della prosperità e dell’abbondanza, dell’agricoltura, della rigenerazione del tempo sacro, che parte dalla fine dell’anno e dà l’avvio all’anno nuovo, ianuarius, gennaio. Saturno concesse a Giano la facoltà della “doppia scienza”, passato e futuro. Da qui i due volti che guardano avanti e indietro, il movimento del mondo che non si ferma mai ed è in continua trasformazione, cambiamento. Ben presto il dio divenne il principio di tutte le cose. A livello temporale, è anche la conoscenza del passato e le previsioni per il futuro: guardare in avanti per vedere cosa accadrà nel prossimo periodo. Gennaio è anche il periodo in cui la luce inizia, lentamente, a trionfare sulle tenebre.
Alcune date importanti sono legate tra loro: il Capodanno, l’Epifania e Sant’Antonio Abate.
Il primo giorno del mese, secondo un’antica tradizione cristiana, coincideva con la Festa della Circoncisione di Cristo (sette giorni dopo il Natale): tale data venne estesa nel 1582 a tutto il mondo cattolico da papa Gregorio XIII, con la riforma del calendario che da lui prende il nome. Circoncisione è anche inizio, nuovo, rinnovamento.
Il 6 gennaio si festeggia l’Epifania. Ogni regione d’Italia ha le sue usanze e tradizioni per celebrare la giornata. È il giorno dell’arrivo dei Magi a Betlemme, in occasione della nascita di Gesù, ma anche della vecchia vestita di stracci, magari brutta, comunque benefica e simpatica, che porta dolci ai bimbi buoni o carbone ai monelli, volando su una scopa. Da qui il rito della calza da appendere al camino. Il suo nome deriva da Epiphanìa, che diventa Pifania, poi Bifania ed infine Befana. Una questione interessante riguarda il fatto che in alcune feste popolari si brucia la Befana: la vecchia sarebbe cioè accomunata alla Quaresima, la fine dell’anno e la rinascita primaverile, il passaggio da un anno all’altro. Tutto sta nel passaggio dell’inizio dell’anno da marzo a gennaio. Segare la vecchia (un interessante rituale) o bruciarla, offre la possibilità di una cascata di dolciumi, che non sono altro che i semi del nuovo inizio, la rinascita, la natura che si risveglia.
Il 17 gennaio è giorno di Sant’Antonio, il patrono degli animali domestici (delle stalle e delle fattorie). In questa data era usanza benedire il bestiame, bene prezioso delle comunità contadine, per porlo sotto la protezione del Santo. È il giorno, insieme al Capodanno, quando si usa bruciare con il fuoco l’anno vecchio, in cui si accendevano dei falò e le ceneri venivano utilizzate per fertilizzare i campi. Inoltre, nel fuoco bruciava simbolicamente tutto ciò che restava dell’anno vecchio compresi i malanni; da qui la tradizione che fa di Sant’Antonio il protettore dei malati di Herpes Zoster, comunemente chiamato fuoco di Sant’Antonio.
Sono questi tutti legami riconducibili ai due volti del dio Giano: vecchio e nuovo, passaggio e cambiamento, il rinnovamento della natura e l’avvento della primavera.
Eppure, il 29, 30 e 31 gennaio sono considerati i giorni più freddi dell’anno e vengono chiamati “i giorni della merla”.
La leggenda è suggestiva.
Una merla, allora di colore bianco, stanca del gelido freddo, si rinchiude nel suo nido con i piccoli, sperando di ingannare il mese, allora di 28 giorni. Appena vede il bello, credendo che tutto sia ormai passato, comincia a cantare ed a mostrare il suo piumaggio bellissimo. Gennaio, adirato, chiede in prestito a febbraio tre giorni, per poter continuare a scatenare bufere di neve e gelo, le caratteristiche della sua natura. La merla allora è costretta a rifugiarsi in un camino per sfuggire al freddo e trovare il giusto tepore. Quando esce, alla fine dell’inverno, le sue piume sono diventate nere per la fuliggine, il colore in cui si mostra da allora.
La dimostrazione è che gennaio non è da sottovalutare, così come è bene non credere che il peggio sia passato, perché il mese, come Giano, è ancora doppio: ci sono ancora le avvisaglie del nuovo inizio.
La natura si affida, infatti, ad alcune specie che resistono al freddo di gennaio. Tra di esse, cito i loro significati riconducibili proprio alle insidie dell’inverno. Il bucaneve è simbolo di speranza e di consolazione: alcune specie sbocciano quando il clima è ancora freddo, spingendo le foglie attraverso il suolo ghiacciato e la neve. Rappresenta anche la purezza per il suo colore bianco candido e il dolce profumo che emana, molto simile al miele quando la temperatura si scalda. Anche il rododendro è simbolo di eleganza e di bellezza che rapisce, ma è anche il fiore che suggerisce cautela per le insidie di alcune specie tossiche che possono provocare la morte degli animali da pascolo quando si nutrono delle sue foglie. Significa quindi tentazioni illusorie e insidiose, che affascinano ma che nascondono pericoli.
Nella cultura popolare, i riferimenti religiosi e mitologici sono chiaramente connessi a quelli meteorologici e climatici, fisici e naturalistici, che portavano il popolo a cogliere le caratteristiche specifiche dei vari mesi.
Nella Rappresentazione dei dodici mesi, un’antica filastrocca che si tramanda nei racconti popolari, gennaio è individuato come un uomo robusto e rude, vestito da pastore, che indossa una pesante mantella:
“Io so’ Jennaro cu’ na mala entratura,
stào a questiuni cu li pecurari
e ceco l’uocchi a li putaturi
nisciuno juorno l’aggia fa putare!
A chi jastima lu mese re Jennaro
Nisciuna jurnata sana le fazzo fare!”.