Tra le braccia della Sirena l'ultimo sommergibile, il Velella.

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da Massimo La Rocca riceviamo e pubblichiamo

E’ il 24 agosto 1943 quando il Sommergibile Shakespeare (pic1 fonteWikipedia) della Marina militare britannica parte da Algeri con l’ordine di fungere da supporto per l’imminente Sbarco di Salerno.

Già il 30 agosto entra nel Golfo di Salerno. Da tale momento e per i giorni successivi ricercherà campi minati marini individuandone 1, condurrà ricognizioni con il periscopio, invierà per 2 notti in canoa un’unità di ricognizione sulle spiagge, pattuglierà il mare a sud di Capri.

Il 3 settembre in Sicilia si firma l’Armistizio che stabilisce la cessazione delle ostilità tra Italia e forze anglo-americane, ma nulla per ora viene comunicato alla Marina militare italiana che continua quindi le sue operazioni di guerra, perdendo centinaia di vite umane che potevano essere risparmiate! Al largo dell’Isolotto di Licosa(pic2 fonte Cilentobikers), che si trova all’estremo sud del Golfo di Salerno e che deve il suo nome alla Sirena Leucosia, alle 19.53 del 7 settembre l’Operatore Sonar della Shakespeare rileva 2 sommergibili nemici, uno a oriente e uno a occidente, che procedono paralleli in direzione sud-ovest, ciascuno distante circa 2 km rispetto alla posizione dei Britannici.

Si trattava delle unità navali italiane Benedetto Brin e Velella, che avevano il compito di contrastare l’ormai prevedibile Sbarco degli Anglo-americani sulle coste salernitane, e che in quel momento, forse incautamente, navigavano in emersione.

Il Comandante Michael Ainslie in pochi attimi si trova a dover operare una scelta. E’ ormai quasi buio.

A est la sagoma del Brin si confondeva con la costa. A ovest quella del Velella invece si stagliava romanticamente, ma anche mortalmente, contro le ultime luci del cielo all’orizzonte. Perfetto obiettivo da colpire. Alle 20.03 da prua vengono lanciati 6 siluri contro il Velella, dei quali almeno 4 vanno a segno causando il suo veloce affondamento. Da parte sua il Brin, del quale l’equipaggio avverte anche una grande esplosione subacquea, aumentando la velocità, prosegue la propria navigazione verso sud. A 138 metri di profondità, il Velella tocca il fondo e si corica su un fianco, addormentandosi tra le braccia di Leucosia.

Lo Shakespeare alle 20.15 ode un altro sommergibile italiano procedere in direzione sud, poi, sentendosi relativamente tranquillo, alle 21.14 riemerge in superficie.

Dei 50 membri di equipaggio del Velella, incluso il Comandante Mario Patané, non risultarono superstiti.

Qui vediamo il sommergibile italiano in emersione, il 9 marzo 1941 durante un’operazione in Atlantico al largo delle coste irlandesi (pic3 fonte Naviearmatori), con i suoi marinai ignari della tragedia che li vedrà protagonisti 2 anni e mezzo dopo. Beffardamente il destino volle che, dopo nemmeno 24 ore dal disastro di Licosa, Radio Algeri l’8 settembre alle 18.30 annunziasse al mondo l’Armistizio con l’Italia.

Il Velella aveva conseguito il triste primato di essere l’ultimo sommergibile italiano perduto nella guerra contro gli Alleati!

Il 9 settembre alle ore 00.30 circa, lo Shakespeare abbandona il Golfo facendo rotta verso Algeri. Ma nelle primissime ore del 9 settembre 1943 ha pure inizio lo Sbarco di Salerno.

Addormentato tra le braccia della Sirena, così a coloro che lo cercavano apparirà il Velella nel 2003 per la prima volta dal giorno del suo inabissamento. 16 km e mezzo da Punta Licosa sono pochi, eppure il sommergibile con il suo equipaggio non è stato fino ad oggi recuperato.

A maggio del 2015 il premier Matteo Renzi disse che l’Italia s’impegnava a recuperare il barcone il cui affondamento ad aprile vicino alle coste libiche causò la morte di 500-600 migranti: <Io penso sia giusto che l’Italia porti con sé i secoli di civiltà che ha. Andremo a recuperare quel barcone, costerà 15 milioni d’euro circa, spero li paghi l’Europa, se no li pagheremo noi>. Quanto meno una dichiarazione simile andrebbe fatta anche per il Velella.

A Salerno il Museo “Lo Sbarco e Salerno Capitale” fino a pochi anni fa non esisteva, per cui un preziosissimo carro armato anfibio Sherman Dd (all’epoca classificato “Top-secret”), colato a picco nel corso dello Sbarco del 1943 alla foce del Tusciano, e riportato in superficie nel 2002, fu concesso al Museo “Piana delle Orme” di Latina; di tale carro armato sono visibili in tutto il mondo solo altri 2 esemplari, uno a Londra e uno in Normandia; ma un altro esemplare ancora è celato sui fondali del Golfo di Salerno!

Oggi però se questo Sherman e il Velella fossero ricondotti a galla, potrebbero essere esposti proprio nel nostro Museo. Cordiali saluti.
Massimo La Rocca

https://www.facebook.com/Guaimario