Atrani, contenzioso tra Comune e privati avanti dal 2015 per un locale commerciale

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Continua a non trovare soluzione il contenzioso che dal 2015 vede il Comune di Atrani opposto ad un privato cittadino per tornare in possesso di un locale commerciale di circa 120 mq in piazzale Marinella; concesso in locazione negli anni ’60 a privati, con il passaggio all’euro il canone è stato adeguato in 140 euro annui (poco meno rispetto alle 254mila corrisposte, sempre annualmente, con le vecchie lire: in pratica circa 22 mila lire al mese). Una cifra che definire irrisoria rispetto al valore di mercato è un eufemismo, se si considerano metratura e posizione centralissima con vista mare.

Nel 2014, un anno prima della scadenza del contratto e dopo una ricognizione del patrimonio immobiliare in seguito all’insediamento dell’attuale amministrazione, l’Ente ha avviato la procedura di sfratto per finita locazione, con l’obiettivo di rientrare quanto prima nella disponibilità del locale; non riuscendo ad ottenerne per via bonaria la liberazione spontanea ha dovuto perciò procedere con un’azione giudiziaria, che ancora non vede una soluzione concreta prefigurarsi all’orizzonte.

La questione è stata oggetto anche di un’interrogazione parlamentare lo scorso 18 maggio, da parte del Sen. Di M5S Orfeo Mazzella, a cui ha risposto il Ministro della Giustizia, Nordio. Una risposta che non ha convinto il Comune di Atrani: dopo aver illustrato le difficoltà del sistema giudiziario italiano, ha evidenziato che

“dal fascicolo, caratterizzato anche dalla necessità di una seconda consulenza tecnica d’ufficio motivata dal giudice per il contenuto dell’elaborato redatto dall’ausiliario che non ha fornito adeguate, logiche e convincenti risposte ai quesiti posti, con particolare riferimento alla quantificazione dei miglioramenti apportati dal conduttore, è stata effettuata nell’ambito di un ruolo alla cui gestione si sono avvicendati nel tempo diversi giudici assegnatari; da ultimo, il fascicolo è stato curato da un giudice del Tribunale di Salerno, gravato da concomitante piano di smaltimento dell’arretrato e da plurimi incombenti decisori. Pertanto i differimenti disposti non possono essere ascritti ad un quadro sintomatico di scarso impegno e laboriosità del giudice titolare ma sono dipesi dalla peculiare e concreta situazione del ruolo contenzioso a lui assegnato”.

Eppure, fa notare il Comune di Atrani in una nota di risposta, per una vicenda del tutto analoga concernente un immobile ubicato a circa 50 mt ed oggetto di contenzioso tra due privati, lo stesso Giudice ha definito la questione in tempi decisamente più celeri nonostante sia stato iscritto a ruolo 3 anni più tardi: ventotto mesi (due anni e quattro mesi). Atrani aspetta da ben novantacinque mesi, cioè quasi otto anni, (78 da quando il ruolo è stato assegnato all’attuale Giudice) la conclusione della vicenda!

Le osservazioni del Ministro Nordio, tra l’altro, non affrontano minimamente la questione del secondo consulente tecnico e delle relative spese: perché il Comune di Atrani si è visto accollare gli oneri della CTU se il primo consulente, nominato dallo stesso Giudice, non ha svolto correttamente il proprio lavoro?

Ricordiamo che queste bizzarre lungaggini giudiziarie continuano a causare un danno indiretto all’Ente per i mancati introiti derivanti da un eventuale fitto dell’immobile a prezzi più vicini a quelli del mercato attuale, ed a provocarne altri, diretti, alle casse comunali: il Comune di Atrani, e di conseguenza tutti i cittadini, seguitano a farsi carico di tutte le spese del procedimento, incluse le due perizie tecniche d’ufficio disposte dal Giudice; anche della prima, ritenuta insufficiente nel “fornire le adeguate, logiche e convincenti risposte ai quesiti posti”.

Di sicuro le due vicende non possono essere completamente sovrapponibili” dice il vicesindaco Michele Siravo “ogni sentenza ha una storia ed una tempistica a sé. Rispetto all’altra causa ci sono state solo una CTU ed un’udienza in più per escussione testi: resta incomprensibile, secondo qualsiasi canone di ragionevolezza, perché ci siano ben sei anni di differenza per arrivare a risolvere un contenzioso che impedisce ad un Ente di tornare in possesso di un bene comune.