Antonietta ha 97 anni ed invecchia felicemente. Lo stile di vita sano di una contadina del Cilento.

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a cura della dottoressa Patrizia Zinno

Ci sono alcuni paesi del Cilento, dove alcune persone vivono in modo inconsueto, pur conoscendo la modernità. I giovani hanno lasciato i paesi, gli anziani invece non rinunciano  alla vita semplice e sembra che attraverso gli anni  non è cambiato molto. Come se gli abitanti pensando al passato, continuano a vivere il loro stile di vita in modo lento e flemmatico, con un contorno  di grazia, raffinatezza e tanta malinconia del tempo di una volta. Ci troviamo a Cicerale,  precisamente a casa di Antonietta Corrente, 96 anni portati benissimo, cugina di Angelina, quest’ultima  mamma della Chef contadina Giovanna Voria, ambasciatrice della Dieta Mediterranea nel mondo. Antonietta è una supervecchietta che vive tutt’oggi  nella sua casa di famiglia  Andiamo a trovarla con il piacere di conoscerla e scoprire il segreto della sua longevità.

Ci racconta e descrive la sua vita da contadina e le sue sane abitudini alimentari che, forse, hanno contribuito al raggiungimento di questa invidiabile età. La piccola casa è accogliente. Il camino è acceso e riscalda la grande stanza, una chitarra appoggiata al muro, alle pareti le foto in bianco e nero della  famiglia insieme ad una a colori di Papa Francesco, il riconoscimento di un concorso di poesie , un comodo divano rivestito da un lenzuolo colorato, la televisione in un angolo, sono le gioie essenziali di una straordinaria contadina, una volta bimba, poi mamma ed oggi  una felicissima nonna. Sul retro della casa c’è il suo verde orto, un fazzoletto di terra che ancora oggi zappa e coltiva. Riesce a racimolare ben poco: verdura e tanta verdura, qualche patata, cipolle e tanta frutta sugli alberi ed in un angolo il pollaio con alcune galline, tutte  risorse per una vita salubre e ricca di cose semplici. Antonietta è in buona salute perchè conduce una vita sana con l’imperativo di consumare solo cibi naturali e la nostra ammirazione si sofferma sull’importanza di ascoltare i suoi ricordi del passato, che ci possono solo regalare insegnamenti di vita semplice e genuina.

Mentre osserviamo con curiosità  ogni cosa che ci sta attorno, inizia a raccontare gli scorci della sua vita, la durezza della vita agricola, fatta di umiltà e sacrifici, ma anche di tante piccole emozioni, che arricchiscono il suo cuore ed il nostro. I suoi ricordi iniziano dalla storia di circa 30 famiglie, compresa la sua, che abitavano nel borgo di Farchiosa, nel territorio di Corbella. Questi nuclei familiari composti da adulti e bambini, hanno alternato il lavoro nei campi con l’avvicendarsi delle stagioni, vivendo  tutto l’anno nella campagna. Ogni giorno hanno arato, zappato e seminato e la sera rimanevano a dormire in piccole casette di montagna, invece il fine settimana, tornavano nella casa in paese. Si coltivava di tutto, fagiolini, legumi, verza , cavoli, broccoli, bietole, pomodori, granone, patate e cipolle. C’era il bue con l’aratro che apriva la terra e si usava solo concime naturale,  il pascone, delle stalle. A novembre ed a maggio si raccoglievano i prodotti. La solidarietà tra le famiglie era molto sentita e quando si era in difficoltà ci si aiutava molto. A quei tempi, andare a scuola era un privilegio solo per i ricchi e di conseguenza  in campagna c’erano dei maestri di scuola elementare, tra cui lo zio Alfonso Corrente, che provvedevano  all’istruzione dei  figli degli agricoltori.  I contadini  possedevano quasi sempre solo due vestiti, che usavano sino a quando non si rendevano inutilizzabili. C’ era quello di tutti i giorni e quello delle grandi occasioni. Quest’ultimo veniva gelosamente indossato solo per le feste in paese e la domenica alla santa messa. Con i sacrifici ed il duro lavoro, tutte le  famiglie si assicuravano il necessario per vivere,  dall’agricoltura all’allevamento. L’alimentazione era povera e talvolta insufficiente e durante  la giornata si facevano solo tre pasti.  Il primo era  la  colazione con pane e latte di capra che era leggero e sostanzioso. Il  pranzo era quasi sempre una seconda colazione preparata a casa, come del pane con verdure, della polenta di mais o di ceci o la pizza in teglia con pomodoro e formaggio di capra. Al tramonto quando si ritornava, si faceva il pranzo principale a base di zuppe, minestre con erbe spontanee e cipolle o patate calde e tanti legumi (ceci, fave, cicerchia, fagioli, lenticchie e piselli) che nella dieta dei contadini sostituivano la carne  e contengono proteine buone, fibre, sali minerali e vitamine. Piatti che racchiudono l’essenza Cilentana e  le tradizioni culinarie delle massaie . Il pane non mancava mai ai contadini, sia a pranzo che a cena e di solito veniva preparato all’alba. Raro quello con il frumento ed  il più diffuso era quello con la farina di granoturco. La domenica era un rito preparare la pasta fatta in casa con grano duro, cavatelli, gnocchi,  fusilli, tagliatelle e ravioli con ricotta di capra, condita con il ragù e cacio ricotta di capra. Le uova e la carne solo nei giorni di festa.  La mattina si andava a messa e subito dopo di nuovo a lavorare di nuovo nei campi. La carne era riservata solo nelle grandi occasioni, quali matrimoni e battesimi. Il contadino oltre a coltivare la terra doveva badare anche a gli animali, a gli ortaggi da vendere al mercato, i formaggi da fare, le vigne e gli uliveti da cui estrarre il vino e l’olio.

Antonietta: – Io e mia sorella Angelina eravamo come due sorelle,  molto unite ed  inseparabili. Ci piaceva  fare le gare di corsa e mangiare la frutta appena raccolta dagli alberi.  Siamo cresciute sempre insieme, aiutandoci nei momenti difficili. Alcune volte aiutavamo a fare i formaggi, come il cacio ricotta cilentano. Si usava il caglio, lo stomaco del capretto, e si univa al latte dell’ aceto bianco per preparare la cagliata. Una volta pronta si mescolava con la temperatura alta. Il formaggio poi veniva lo  conservavamo nella fuscella di giungo e poi ad asciugare. Era buonissimo, ricordo sapori e profumi,  la pasta era bianca e morbida, perché gli animali al pascolo mangiavano buona erba aromatica. Ci piaceva anche fare il sapone in casa. Usavamo 6 litri di olio, 1 kg di soda e 24 litri d acqua, per preparare un impasto che poi si poteva tagliare a fette appena raffreddato. Con la restante parte liquida ci si lavava i capelli. Era un mondo  fantastico, dove tutti eravamo dipendenti gli uni dagli altri, animali e le piante e si lavora tutti insieme, si mangiava insieme e si stava sempre uniti  dall’alba al tramonto fino a crollare tutti dalla stanchezza.- 

Antonietta ci fa capire che il legame che avevano le famiglie con la terra, era molto profondo, un rapporto di pura fede, infatti  in questi paesi le feste patronali erano e sono tutt’oggi molto apprezzate e servivano per festeggiare questa ricchezza. Non solo ricorrenze  per regalare momenti di convivialità e calore umano, ma soprattutto di piacere a  trascorrere delle giornate religiose a contatto con tutti gli abitanti del paese, dove si ballava e si mangiava.

Anche il Carnevale era una festa molto sentita nella vita agricola. In quella occasione, uomini, donne e bambini partecipavano alle divertenti iniziative organizzate in paese. Era consuetudine, in quei giorni, mascherarsi e truccarsi in modo tale da non farsi riconoscere. Di solito gli uomini si vestivano da donna e viceversa. Anche Antonietta ed Angelina si vestivano da uomo con indumenti in disuso che trovavano in casa. Si coprivano la faccia con sciarpe o maschere oppure si truccavano: l’importante era rendersi irriconoscibili.

Da ragazza nei momenti di solitudine acquistava forza scrivendo  versi molto intimi e raccolti, dovunque e su qualsiasi foglio volante che le capitava sotto mano. Aveva un diario sul quale annotava tutti i momenti spensierati e lo teneva sempre accuratamente aggiornato. Crescendo, questa passione  è diventata parte fondamentale della sua personalità.  E’ sempre stata la sua gioia giovanile e con il tempo, con questi frammenti di dolcezza, ne fece una raccolta, con la quale vinse  un concorso poetico organizzato dalla chiesa. Sfogliando le pagine del libricino, c’è ne è una che ci ha colpito, quella dedicata alla sua adorata cugina, Angelina.  Si parla di risate, tarantelle, pranzetti succulenti, capriole e tante canzoni, i più belli passatempi di una volta, la felice condivisione delle giornate sui campi.

A quei tempi, saper cucire e ricamare era fondamentale per le femminuccie e sua madre le insegnò queste arti domestiche. Si scucivano i vecchi abiti, dai quali si traevano i modelli e con questi si potevano realizzare cappotti, gonne e giacche, una vera sartoria familiare. E nel raccontare questi momenti, Antonietta sfila dal cassetto del comò, una tovaglia meravigliosa,  con pregiato ricamo di fiorellini, eseguito a regola d’arte, su un bellissimo tessuto di puro lino, con orlo a giorno eseguito interamente a mano. Un’altra sua passione è stata la chitarra ed il mandolino, che imparò naturalmente da sola. Perseveranza e passione, amore per le cose belle e per le sensazioni  belle,  questa e’ la sua filosofia di vita.

Antonietta a 19 anni incontra un bel ragazzo e se ne innamora e cosi il 18 maggio 1946 lo  sposò nella bellissima chiesa Di San Giorgio a Cicerale. Nel ricordo delle nozze ci racconta quella giornata indimenticabile, il matrimonio in chiesa e tutti i parenti a festeggiare con un ricco pranzo preparato da sua madre, nella umile casa di campagna. Questa è una significativa testimonianza di un pezzo del Cilento, una storia di terra e di vita agricola. Nella loro semplicità i contadini di una volta avevano qualcosa di particolare. Si accontentavano di quel poco che avevano, e questa era la loro felicità. Il loro  benessere se lo costruivano da soli con fatica e sacrificio, senza lamentarsi.   Ora invece c’è tutto e troppo. Solo il pensiero di avere sempre di più dalla vita, questo fa in modo che non si gusta il piacere delle piccole cose che fanno grande la vita. La personalità di Antonietta è cresciuta in un mondo che non ci appartiene e la sua spontaneità ci ha permesso di provare emozioni e di rivivere con lei in maniera nostalgica, i suoi momenti sereni e pur difficili. Sta invecchiando nel modo buono e giusto seguendo ogni giorno uno stile di vita alimentare sano, la nostra  Dieta Mediterranea, quella che già era presente nella vita dei contadini. Non conosce alimenti industrializzati o confezionati, mangia ma non troppo, il segreto della sua longevità. In ogni caso è molto importante riscoprire quei valori e quelle cose che profumano di speciale, i ricordi sani del passato degli anziani, ci fanno capire il valore della felicità.

Scriveva Democrito:- “la felicità, però questa non risiede nelle vanità mondane, ma nell’interiorità dell’anima”