Venerdì 11 marzo, alle ore 18:30 presso il Museo-FRaC Baronissi, sarà inaugurata la mostra RAFFAELE BOVA Antologica 1972-2022. L’esposizione è promossa dal Fondo Regionale d’Arte Contemporanea di Baronissi in collaborazione con il Museo ARCOS di Benevento nell’ambito del progetto che mira a promuovere, attraverso una serie di mostre monografiche, significative personalità della storia dell’arte contemporanea in Campania, nella seconda metà del XX.
Curata da Massimo Bignardi, propone un articolato percorso tra i principali momenti che hanno caratterizzato l’esperienza dell’artista casertano: dagli anni di formazione nell’ambito degli interventi per il sociale, realizzati anche con azioni di gruppo, tra la metà degli anni settanta ai primi degli ottanta, documentati nella sala interna alla ricca serie di dipinti, improntati da una narrazione dalla quale emerge la ricchezza di una natura rigogliosa e prospera, la Terra felix del mondo romano, sia quelli che drammaticamente parlano della sua attualità. Una traccia quindi che esplicita un forte legame con il proprio territorio natio, con le ritualità, con i tempi delle stagioni, con il profondo mondo degli archetipi; insomma con il sostrato antropologico: dipinti, disegni ma anche ceramiche ospitati nel corpo centrale della galleria dei Frati. Infine la ricca serie di dipinti che ha caratterizzato questi ultimi anni, dedicati in particolare ai segni della pandemia da COVID19.
“La mostra dedicata a Raffaele Bova, tra i protagonisti di una fertile stagione creativa in Campania segnata dagli anni Settanta – osserva Gianfranco Valiante sindaco di Baronissi – indica, evidenziandola maggiormente, la strada che sin dalla sua fondazione il Museo FRaC sta portando avanti, con grandi e soddisfacenti risultati sul piano regionale e su quello nazionale. Riflettere e porre momenti di riflessione sulla cultura contemporanea della nostra regione, del nostro territorio, non per una difesa dell’identità, quanto per creare momenti di confronto, di dibattito con altre realtà e situazioni culturali. Le sale del museo offrono, quindi, l’occasione per riattivare un processo che contribuirà ad una maggiore conoscenza, soprattutto dei giovani ai quali va la nostra principale attenzione”.
La traccia sulla quale si muove questa mostra antologica, ricostruttiva di poco più di cinquant’anni di operatività creativa – avverte Bignardi nel saggio che introduce la monografia apparsa di recente e pubblicata per i tipi della Gutenberg Edizioni –, si articola su linee parallele: da una parte, l’attività performativa, le azioni, gli interventi per il sociale, realizzati anche all’interno dell’attività del Collettivo Lineacontinua Terra di Lavoro, che segnano principalmente gli anni settanta; dall’altra, la passione per il medium della pittura, la sua tradizione che, dalla prima metà degli ottanta, con maggiore maturità, scorre fino ai nostri giorni. Voglio dire che le azioni, le performances, unitamente ai dipinti eseguiti, all’indomani dell’invito alla mostra “Il tempo del Museo Venezia. Tema cronografico per architetti e artisti”, primo progetto speciale della Biennale di Venezia, del 1980, sono facce di un’unica medaglia. Cioè, specchiano una riflessione che tiene insieme sia l’interrogare la natura dell’arte – chiedendosi: “Cos’è arte?” – sia l’esperienza della pittura, in quanto, accogliendo il pensiero di Kosuth, “tipo d’arte” suo operare, indirizzato, più tardi, alla lettura di tracce, spesso ancestrali, quali le simbologie legate al mondo della fornace, oppure della iattura”.
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La mostra resterà aperta fino al 3 aprile 2022
Raffaele Bova è nato a Frignano, in provincia di Caserta, nel 1946. Si forma presso l’Accademia di Belle Arti di Napoli dove è allievo di Domenico Spinosa. Nel 1970 con la partecipazione alla rassegna “Giovani Pittori”, allestita presso il Centro Sud Arte di Scafati ha inizio la sua attività espositiva. Nel 1972 è tra gli artisti invitati a “Perché l’ironia?”, esposizione tenutasi nel Salone delle Mostre della Camera di Commercio di Caserta, con interventi critici di Crispolti, De Micheli, Marchiori, Vivaldi e Ruju. Nello stesso anno Bova allestisce due personali, una presso il Centro d’Arte CZ di Aversa, l’altra, intitolata Vita Morte (Miracoli) del Surrealismo: Raffaele Bova – Salvador Dalí, presso lo Studio Junk Culture di Caserta.
Nel 1974 allestisce, invece, N.U. presso Il Guizzo di Caserta e, sempre in città, l’azione/performance Operazione CE(S2)O, anticipazione del suo impegno per il sociale e l’ambiente. In questa direzione, alla metà degli settanta, con Peppe Ferraro, Livio Marino, Aldo Ribattezzato e Antonello Tagliafierro, fonda il Collettivo Lineacontinua Terra di lavoro, operando intensamente, tra il 1976 e il 1979 nel territorio casertano, in collegamento con altri gruppi e singoli operatori estetici campani, la cui aggregazione riguardo alle problematiche del lavoro culturale rappresenta una delle vicende più interessanti della cultura artistica non solo meridionale. All’interno del gruppo Bova mantiene, comunque, una sua specificità, contraddistinto da una vena dissacratoria e provocatoriamente ironica nei confronti delle forme di potere, come testimonia, ad esempio il ciclo di opere e azioni dedicato alla Lira. Gli anni ottanta, invece, si aprono con l’invito a partecipare alla sezione speciale, “Il tempo del museo Venezia”, curata da Ugo La Pietra, della Biennale di Venezia del 1980, nella quale espone Ricordi di una porta (Duchamp non c’entra) dalla toilette uomini della Biennale di Venezia, ricontestualizzando la toilette del Padiglione italiano, all’interno del percorso espositivo.
Gli anni successivi segnano, come per molti altri compagni di viaggio, un graduale ritorno alla pittura, approdando ad una semantica piena di lirismo, grafismi e simboli alfanumerici, in bilico tra realismo e declinazione astratta. In questo periodo l’artista partecipa a mostre quali “Immaginario Riflesso”, curata da Massimo Bignardi, all’interno delle attività della Cattedra di Storia dell’arte contemporanea dell’Ateneo salernitano e allestita nel 1982, dapprima a Teggiano, in autunno al Museo Provinciale di Salerno, nell’ 1983 agli Arsenali di Amalfi e al Belvedere di San Leucio a Caserta; “Campania Felix ‘83”, rassegna curata da Enzo Battarra e allestita a Castel dell’ Ovo a Napoli; la “X Expo Arte” di Bari e a “Osservatorio Vesuviano. Ripe ‘86”, curata da Massimo Bignardi ed Enrico Crispolti, allestita nel centro storico di Ripe San Ginesio, nelle Marche. Numerose sono anche le personali tra cui si ricordano: Il fuoco brucia e il fumo sale, con Enzo Navarra, nel 1982 presso la Galleria San Carlo di Napoli e Ricordi di una porta (Duchamp non c’entra), Galleria Mercato del Sale, Milano, entrambe del 1983.
Al 1990 risale invece il progetto RETROGUARD A, tenutosi presso lo Studio Il Castello, di Maddaloni (CE), successivamente a Piazza del Popolo a Roma e all’ingresso dell’Artefiera di Bologna: interventi nei quali l’artista conferma la sua vena polemica e dissacratoria, questa volta nei confronti del stesso sistema dell’arte. Tendenza che attraverserà buona parte della sua successiva produzione sia in campo pittorico che installativo-comportamentale, in quelle che saranno le sue attività contro la società dei consumi, la camorra e l’inquinamento delle terre del fuoco. A tal proposito si ricordano Dalla matrice al codice il quadro è fatto.it, allestita presso la Facoltà di Architettura L. Vanvitelli di Aversa, nel 2010; Terra dei Fuochi e Sole (fuoco fumm cenere e pizza) presso il MAC3-Museo d’Arte Contemporanea di Caserta, nel 2014; Danza dei sacchi, Nasceranno nuovi fiori, happening realizzato a Casapenna (CE) nel 2016 e il progetto per la scultura, mai realizzato, Uomo Perfetto, monumento all’idiozia inquinante dell’uomo moderno. Ha insegnato presso il Liceo Artistico di Aversa. Viva e lavora a San Marcellino (CE). A settembre del 2021, Museo Archeologico di Calatia di Maddaloni, ha ospitato una sua mostra personale.
A cura di Agostino Marotta