Ance Salerno: in Campania fallite 156 imprese edili negli ultimi 6 mesi.

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Antonio-LombardiLa crisi nel settore delle costruzioni in Campania accresce il trend dei fallimenti delle imprese con un incremento del 34,5% rispetto al 2013. In termini assoluti si è passati dai 116 fallimenti nei primi sei mesi dello scorso anno ai 156 del primo semestre dell’anno in corso. Il dato è stato elaborato dal Centro Studi Ance Salerno sulla base dell’analisi trimestrale sulle chiusure aziendali di Cerved diffusa nei giorni scorsi.

In Campania complessivamente nel periodo 2008-2014 sono fallite 1.272 aziende edili. Se si mette a confronto il secondo trimestre del 2014 con il secondo trimestre del 2008 la variazione percentuale è pari al 100%.

Sei anni fa, infatti, risultarono fallite 38 imprese di fronte alle 76 del pari periodo 2014. Se, invece, prendiamo in considerazione la variazione tendenziale del secondo trimestre 2014 (76 fallimenti) rispetto al secondo trimestre 2013 (59 fal.) il tasso si attesta al 28,8% rispetto all’8,6% della media Italia.

L’analisi della linea tendenziale a partire dal 2009 conferma che il picco più critico si è raggiunto nel periodo 2010-2011 con un incremento dei fallimenti, nel territorio regionale, del 51,9%. Dopo un parziale ridimensionamento di questo fenomeno (-17,3% nel periodo 2011-2012) si assiste ad una ripartenza dei fallimenti nell’annualità 2012-2013 con una crescita del 22,4% a fronte di una media Italia del +9,3%.

Le dinamiche tra il 2009 ed il 2013

Se si considerano le singole annualità i fallimenti nel settore delle costruzioni in Campania nel 2009 sono stati 153, aumentati a 156 nel 2010 (+2%). Nel 2011 ne sono stati rilevati 237 (+51,9% sul 2010). Nel 2012 il numero complessivo è sceso a 196 (-17,3% sul 2011). Nel 2013 si è configurato un nuovo aumento, fino a 240 (+22,4% sul 2012).

“In base a questo quadro analitico – sottolinea il Centro Studi Ance Salerno – risulta chiaro che la condizione di grave stallo recessivo è ben radicata negli anni tranne un parziale ridimensionamento del fenomeno regressivo tra il 2011 ed il 2012. Risulta evidente che in Campania la dinamica negativa nei primi sei mesi dell’anno in corso – aggiungono dal Centro Studi Ance Salerno – è particolarmente aggressiva in considerazione della percentuale dei fallimenti che emerge nel contesto nazionale: le distanze in termini percentuali tra Italia (8,6%) e Campania (28,8%) non hanno bisogno di ulteriori commenti”.

La provincia di Salerno

Nei primi sei mesi del 2014 le procedure fallimentari aperte in provincia di Salerno sono state 123 (+56% sul 2013). Anche in questo caso il fenomeno ha riguardato per oltre i 2/3 le società di capitale. Particolarmente colpito il comparto del commercio (34% delle procedure). Alta l’incidenza anche sul manifatturiero (23%) e sulle costruzioni (20%). Nell’ambito delle imprese edili sono raddoppiate le procedure fallimentari rispetto al primo semestre del 2013.

 

Il commento del Presidente Ance Salerno Antonio Lombardi: “Costruzioni comparto piu’ colpito dalla crisi, ma ancora ritardi per sostenere la ripartenza”

“I dati sulle procedure fallimentari – dichiara il Presidente di Ance Salerno Antonio Lombardi – rappresentano soltanto l’ulteriore e grave conferma dello stato di grave crisi nel quale versa il comparto delle costruzioni. Nonostante si susseguano annunci di provvedimenti immediati per la riattivazione degli investimenti pubblici, all’atto pratico le imprese sono abbandonate a se stesse”. “Mentre si discute su incentivi e piani straordinari, la triste realtà della Campania ci dice che in soli sei mesi 156 aziende hanno chiuso i battenti, con tutto quello che ne consegue in termini di occupazione e di aggravamento delle tensioni sociali”. “E’ necessario – continua Lombardi – mettere in campo azioni di coordinamento a livello regionale per accelerare la fase di cantierizzazione delle opere già finanziate ed intervenire al più presto per evitare che non vengano spesi i consistenti fondi residui della programmazione 2007/2013”. “E’ sconcertante – conclude Lombardi – che in queste condizioni si prosegua nella ricerca di effetti mediatici, soprattutto in relazione agli investimenti programmati, senza una concreta mobilitazione al fine di aprire i cantieri: l’unica soluzione auspicabile per dare ossigeno ad imprese e lavoratori”.