Ammiraglio Barbarossa (e non pirata)!

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da Massimo La Rocca riceviamo e pubblichiamo:

Ogni anno il 21 agosto a Salerno in occasione dell’Alzata del Panno di  San Matteo, in cui campeggia la frase attribuita a San Matteo “Salerno  è mia: io la difendo”, viene ricordato ai Salernitani l’Assedio della  città da parte del Pirata Barbarossa, perpetuando quindi, come un disco  rotto, un errore storico difficile da estirpare.

Barbarossa infatti NON  ERA UN PIRATA!

 

E sicuramente non lo era quando assediò Salerno. Da ciò  che mi riferì un giornalista salernitano, se si continua a perpetuare  l’errore, è perchè la Diocesi di Salerno nell’inviare annualmente il  comunicato stampa sull’Alzata del Panno, continua a scrivere del Pirata  Barbarossa, errore che poi viene ripreso da tutti i mass media
salernitani. “Bisognerebbe ricordarlo anche alla Diocesi di Salerno  che Barbarossa non era Pirata!” mi rispose il giornalista. Ecco perchè  invierò quanto sto scrivendo anche alla Diocesi di Salerno.

Come si  legge dalla sua biografia, Ariadeno Barbarossa(italianizzazione del  turco Barbaros Hayreddin)(foto 1, fonte Wikipedia) nacque nel 1465  circa a Mitilene città dell’Impero Turco, ma oggi greca; in gioventù  esercitò effettivamente la piraterìa nel Mediterraneo; però dal 1504  per molti anni sarà ufficialmente Corsaro per conto del re di Tunisi;  nel 1519 dall’Imperatore Turco viene nominato Governatore Generale  dell’Algeria, e per conto dell’Imperatore continuerà a svolgere la  cosiddetta guerra di corsa; grazie ai suoi numerosi successi militari
contro Genovesi, Veneziani, Fiorentini, Pontifici, Arabi, ma  soprattutto contro gli Spagnoli, nel maggio del 1533 Ariadeno  Barbarossa viene chiamato dall’imperatore turco Solimano il Magnifico  nel Palazzo Topkapi a Istanbul, capitale dell’Impero, per assumere la  carica di Qapudan Pascià, titolo che si dava al Comandante Supremo
della Flotta Militare Turca, e probabilmente, come risulta  dall’Enciclopedia Treccani, Ariadeno Barbarossa fu il primo nella  Storia dell’Impero Turco ad assumere la carica di Qapudan Pascià.

A  causa della conquista di Tunisi strappata da Barbarossa al suo  legittimo re, nel 1535 l’imperatore spagnolo Carlo V d’Asburgo raduna a  Barcellona, al comando dell’ammiraglio genovese Andrea Doria, una  flotta di 82 galee e oltre 200 vascelli. Barbarossa con 500 turchi  della sua guardia, si colloca nella fortezza di Tunisi munita di oltre  300 bocche da fuoco di bronzo; a sua disposizione si trovano 9700  uomini; nei magazzini sono fatti rinchiudere circa 7000 schiavi  cristiani. Viene bombardata la fortezza e vi è aperta una breccia nelle  mura attraverso cui penetrano gli Spagnoli.

Barbarossa si pone alla  testa dei suoi uomini per ostacolare la marcia dei nemici sulla città;  spinge avanti la cavalleria che viene fermata dagli Spagnoli. Viene ora  attaccato in Tunisi; gli schiavi cristiani trovano modo di liberarsi;  le sue truppe sbandano; Barbarossa si precipita fuori del Palazzo per  un’uscita secondaria; attraversa a fatica le viuzze della città; monta  su un cavallo e prende la via del deserto. In Spagna e Italia si crede  che Barbarossa sia morto in battaglia: la notizia provoca  manifestazioni di esultanza popolare e processioni di ringraziamento.  Barbarossa però è più che mai vivo. Tunisi sarà saccheggiata dagli Spagnoli per 2 giorni: 30.000 sono i morti e 10.000 gli abitanti  ridotti in schiavitù. Come si potrà capire meglio più avanti, all’epoca  massacri e violenze venivano compiuti da entrambi gli schieramenti  contrapposti.

E’ da ricordare che di ritorno da Tunisi dove aveva  sconfitto Barbarossa, l’imperatore Carlo V si fermò a Salerno per ben 4  giorni dimorando in Palazzo Ruggi d’Aragona(foto 2, fonte Lorenzo  Forte), ancora oggi esistente a via Tasso: a scopo turistico è stata  apposta una targa sul Palazzo per ricordare l’importante visita?
Nel  1538 Barbarossa affrontò nuovamente l’ammiraglio Andrea Doria, nella  famosa battaglia di Prevesa in Albania. Barbarossa ha ai suoi ordini  130 galee e un’ottantina di vascelli minori; decide di rischiare lo  scontro con gli avversari anche se le forze a sua disposizione sono  nettamente inferiori.

Il Doria lo fronteggia con 80 galee veneziane, 36  pontificie, 30 spagnole, 50 galeoni e 200 altre navi da guerra, con a  bordo 60.000 uomini e 2500 cannoni. Barbarossa vince lo scontro  affondando alcune navi nemiche e catturandone altre.

Tralasciamo tanti  altri fatti documentati delle imprese di Ariadeno, e veniamo a quelli  più legati all’Assedio salernitano, anche per comprendere la possibile  tragedia che si sarebbe potuta abbattere sulle popolazioni del
Principato di Salerno.

Nell’aprile del 1543 Barbarossa esce da  Istanbul con 70 galee, 40 galeotte, 100 navi grosse. A seguito dell’
alleanza dell’imperatore turco Solimano con il re francese Francesco I,  Barbarossa viene inviato in Francia.
Agli inizi del 1544 sverna a  Tolone nel sud della Francia con 30.000 uomini; si stabilisce in una  fabbrica di sapone che diviene ben presto un fastoso palazzo.

In  primavera riprende il mare. Agli inizi di giugno del 1544 Barbarossa si  colloca alla fonda nell’isola d’Elba in Toscana, e minaccia la costa di  Piombino nel caso che non venga liberato dai D’Appiano un giovane turco
catturato 9 anni prima nell’impresa spagnola di Tunisi. Fa mettere a  sacco l’abitato di Castiglione della Pescaia, e conquista le Rocchette  il cui possesso costa la vita a 1800 turchi. Si impadronisce poi di  Talamone: quanti uomini sono trovati, tanti sono fatti prigionieri e  mandati a riempire le stive delle navi da carico o a rinforzare le ciurme delle galee. In tale località ha una vendetta da compiere: trae  dalla tomba il cadavere di Bartolomeo Peretti, lo fa bruciare e ne  disperde le ceneri.

L’anno precedente infatti il Peretti, alla testa di  3 galee pontificie, aveva fatto dare alle fiamme la villa che  Barbarossa possiede a Mitilene sua città natale. Di seguito Barbarossa  occupa Porto Ercole e l’isola del Giglio(oggi famosa per il naufragio  della Costa Concordia): la prima località si arrende e gli concede 30  uomini in cambio della promessa di risparmiare la città, i 30 vengono  messi in catene, il castello è messo a sacco, la città è data alle
fiamme, non vi resta intatta che una sola casa dopo un incendio durato  3 giorni; nell’isola del Giglio fa 632 prigionieri e fa decapitare  tutti i notabili del paese, fra cui sindaco, notaio e parroco.

Tra i  deportati vi è anche Margherita Nanni Marsili, una donna di Siena  sorpresa sulla spiaggia vicino Talamone; costei sposerà più tardi  l’imperatore turco, e secondo la leggenda spingerà quest’ultimo a far  uccidere il figlio di una sua concubina per assicurare la successione  al primogenito di nome Selim. Barbarossa assale con forza
Civitavecchia; ne è respinto; Leone Strozzi che lo affianca con le  galee francesi, lo convince ad abbandonare l’impresa.

Il 25 giugno del  1544 Barbarossa minaccia Pozzuoli: l’arrivo alla difesa della città del  viceré spagnolo don Pedro de Toledo con 1000 armati, lo persuade a far  risalire i suoi uomini sulle navi. Quindi saccheggia Procida, ma la sua  rabbia si scarica su Ischia: scende di notte, riduce in schiavitù gran  parte della popolazione(1500 prigionieri) e brucia Forìo. Gli sta alle  costole con 30 galee il genovese Giannettino Doria, ma Barbarossa a sua  volta gli dà la caccia e lo costringe a spostarsi a sud verso la  Sicilia.

L’ammiraglio Ariadeno Barbarossa, comandante supremo della  flotta militare turca(quindi non pirata!), appare nel Golfo di Salerno  con le sue navi il 27 giugno del 1544. E c’è da scommettere che qualcuno gridò “mamma li turchi!”, esclamazione che a partire dal ‘400, con la costante minaccia turca, entrò a far parte della cultura
popolare italiana.

Le navi turche si disposero innanzi a Salerno e Amalfi, per metterle a ferro e fuoco, spogliarle dei loro tesori e
trarne il maggior numero di prigionieri. Quel giorno il cielo era  sereno, il mare calmo, non un alito di vento disturbava la quiete, ma  il pericolo che incombeva sulla città all’avvicinarsi alla riva delle  scialuppe cariche di turchi era minaccioso. Molti Salernitani corsero  alle armi nella speranza di opporre resistenza agli invasori, altri
conoscendo la fama della crudeltà di Ariadeno fuggirono disperdendosi  nelle campagne vicine, altri ancora si riversarono nella Cattedrale per  supplicare l’intervento di San Matteo.

I feroci turchi erano quasi  sbarcati, quando improvvisamente una tempesta di vento e acqua si  abbatté sul Golfo. Le navi non ressero più all’àncora, quindi molte di  esse scontrandosi affondarono, altre furono sbattute sulla riva, altre  si dispersero nel Tirreno. I venti impediranno(fortunatamente!) a  Barbarossa di aggredire nuovamente Salerno, pur trovandosi alla volta  di Capo Palinuro.

Per i Salernitani fu un Miracolo del proprio patrono,  l’Apostolo ed Evangelista San Matteo, per gli Amalfitani del proprio  patrono, l’Apostolo Sant’Andrea. Secondo il mito, i 2 Santi apparirono  nel cielo del Golfo di Salerno suscitando la tempesta che pose fine  all’Assedio turco, fu in questa occasione che San Matteo pronunciò la
celebre frase “Salerno è mia: io la difendo”, ma i vecchi salernitani  raccontano ancora oggi, che per volontà di San Matteo, i 2 leoni di  pietra ai lati del Portale d’ingresso all’Atrio del Duomo, presero vita  per scacciare gli invasori.

A seguito del presunto Miracolo di San  Matteo, è risaputo che a Salerno si decise di inserire la figura  dell’Evangelista nello Stemma della città; anche se c’è chi ha  affermato recentemente che nel Campanile di San Matteo, tra le varie  campane, quella risalente a prima del 1544 reca impresso lo Stemma  della città già inclusivo dell’immagine del Santo patrono (mistero da  chiarire)!

Come ricorda Fernando Dentoni Litta in “Tradizioni Popolari  Salernitane”, per quanto concerne l’anniversario del fatto miracoloso,  tradizionalmente a Salerno veniva ricordato ogni anno con la “Festa del  Barbarossa” con tanto di processione dei resti di San Matteo; la Festa continuò a svolgersi ancora qualche anno dopo la fine della Seconda  Guerra Mondiale per poi perderne traccia.
Però da quello che so,  un’omologa “Festa del Barbarossa” sopravvive ancora oggi ad Amalfi.

Tale Festa a Salerno sarebbe da resuscitare in chiave turistica, ma  soprattutto religiosa visto che era legata a un Miracolo di San Matteo,  e in tal senso l’Arcivescovo Moretti dovrebbe essere d’accordo, non  trattandosi di una di quelle tradizioni profane legate alla Processione  di San Matteo, alle quali egli ha dichiarato guerra in queste
settimane.

Nella Cripta del Duomo di Salerno, tra il 1606 e il 1609,  dal pittore di origini greche Belisario Corenzio, furono realizzati 2  affreschi per ricordare il Miracolo di San Matteo. Uno raffigura il  momento dell’Assedio di Salerno da parte della flotta turca(foto 3,  fonte Paola Valitutti); in esso da sinistra si osservano un paio di  Torri (di cui una è forse la Torre Crestarella), la strada per Vietri,  un grosso edificato di colore chiaro(Casino di Sant’Isidoro? Chiesa
della Madonna del Monte o Chiesa della Madonna degli Angeli con case  limitrofe?), il Monte San Liberatore con l’Eremo omonimo, la massa  scura del Molo Manfredi, l’Ospedale di San Giovanni a Mare(con l’alto  campanile) forse oggi corrispondente alla Caserma della Guardia di  Finanza a via Indipendenza; la Chiesa di Sant’Anna al Porto, la città  con il Castello Arechi, il Colle Sant’Eremita sovrastato da una Torre.

L’altro affresco invece raffigura la Tempesta davanti alla città che  mette in seria difficoltà le navi turche(foto 4, fonte Paola  Valitutti); a differenza dell’altro affresco, qui da sinistra compare  subito l’Ospedale di San Giovanni a Mare col suo alto campanile, poi la  Chiesa di Sant’Anna al Porto, la città col Castello, il Colle  Sant’Eremita con la sua Torre, la Foce del Fiume Irno scavalcata da un  Ponte su cui s’intravede una macchia scura corrispondente a un’edicola  votiva.

Non sarebbe il caso che la Soprintendenza Archeologica di  Salerno svolgesse indagini per individuare le navi militari turche, e  forse anche francesi, affondate nel 1544 durante l’assedio di Salerno e  Amalfi?

Recuperare cannoni turchi e francesi risalenti al ‘500, sarebbe  una bella impresa! Male che vada, si individuerebbero relitti di altre  epoche di cui i fondali del Golfo di Salerno sono sicuramente pieni:  navi etrusche, greche, romane, e magari proprio la nave romana che  trasportava la bronzea Testa di Apollo scoperta negli anni ’30 del ‘900  di fronte Salerno, ed oggi al Museo Archeologico Provinciale.

Ritornando alla cronostoria di Barbarossa, dopo pochi giorni  dall’Assedio salernitano, a luglio del 1544 nello stretto di Messina fa  1000 prigionieri ed uccide 200 persone. Compare da ultimo presso  l’isola di Lipari a nord della Sicilia: il capoluogo è messo a sacco e  dato alle fiamme; 2000 uomini e donne sono ammassati per essere venduti  come schiavi. Ma ora Barbarossa si trova senza polvere da sparo e con  le stive strapiene di prigionieri. Un conto approssimativo sul numero  di prigionieri presi nella spedizione sulle coste italiane, porta ad  una cifra aggirantesi sui 15-20.000 uomini. Fece rientro a Istanbul con  alla catena 7000 cristiani; gli altri morirono durante il viaggio.

Nel  1545 a Istanbul fa costruire un grande Palazzo ed una superba Moschea.
Nel 1546 muore nella capitale turca per febbre(consumato dai vizi dell’ harem si scrisse in un rapporto francese del tempo); è sepolto a  Istanbul vicino al Bosforo nel quartiere di Besiktas in una Tomba  mausoleo(foto 5, fonte WordPress) costruita dal famoso architetto  Sinan; il luogo diviene il posto dove i nuovi Qapudan Pascià della  Flotta Turca ricevono l’investitura della loro carica; per molti anni  dopo la sua morte, nessuna nave turca lascerà il Bosforo senza sparare  un colpo di artiglieria in segno di saluto per la sua Tomba, che  diverrà inoltre un luogo di preghiera per i marinai musulmani. Oggi a  Istanbul, capitale della Turchia, la sua Tomba si trova all’interno del
Parco Barbarossa(foto 6, fonte WordPress), nel quale è stato costruito  anche un Monumento in suo onore con tanto di statua(foto 7, fonte  Wikipedia) proprio vicino al Museo Navale Turco; per giunta dal Parco  Barbarossa parte un largo e lunghissimo viale ossia il Boulevard  Barbarossa(foto 8, fonte Wikipedia) che costituisce una delle
principali arterie stradali della città.

I Turchi non avrebbero mai  reso così tanti onori a un Pirata.

Oggi 2014 a Salerno e Amalfi  continuiamo a parlare di Pirata Barbarossa! Ma in questo modo non si  rende onore a Salerno e Amalfi che vennero assediate da un importante  Condottiero quale fu. Detto questo, non va però dimenticato il lato  spietato e sanguinario dell’ammiraglio Ariadeno Barbarossa, che per  diversi decenni fu causa di innumerevoli sofferenze tra le genti nel  Mediterraneo, soprattutto cristiane.

Cordiali saluti.
Massimo La  Rocca
http://www.facebook.com/Guaimario