Alternanza scuola lavoro è sfruttamento, studenti in piazza venerdì 13.

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da UdS Campania riceviamo e pubblichiamo

L’alternanza scuola-lavoro, “metodologia didattica” inserita con la Buona Scuola – la riforma antidemocratica del Governo Renzi, approvata nel luglio 2015 a scuole chiuse, che ha definitivamente e prepotentemente introdotto i privati e le aziende all’interno delle scuole – obbligatoria da svolgere per 200 ore per i licei e 400 per gli istituti tecnici e professionali, è entrata quest’anno a pieno regime, e l’anno prossimo sarà anche materia d’Esame di Stato per i maturandi al posto della tesina, dopo l’approvazione della delega sulla valutazione la scorsa primavera.

L’obbligatorietà dei percorsi e il copioso numero di ore, aggiunti ad una mancanza di regolamentazione reale, ha portato nelle scuole un disagio notevole non solo agli studenti che l’hanno svolta ma anche a chi ha avuto il compito di organizzarli. Infatti gran parte dei percorsi di alternanza si sono rivelati poco o per nulla formativi, poco affini con l’indirizzo di studi, perdite di tempo o, nel peggiore – e nella gran parte – dei casi, si sono rivelati percorsi di lavoro gratuito e sfruttamento.

Per tutto l’anno scorso abbiamo portato avanti la campagna “Diritti, non piegàti”, distribuendo questionari nelle scuole per un’indagine regionale, con lo scopo di fare un’analisi qualitativa dell’alternanza e per smascherare il volto positivo propagandato dal Ministero dell’Istruzione e dal Governo in premiata ditta con Confindustria, al fine di far riconoscere il vero scopo dell’alternanza: sfruttare le studentesse e gli studenti come manodopera gratuita, addestrare e abituare allo sfruttamento, al lavoro gratuito e alla precarietà.

Risultato? I questionari che abbiamo distribuito, sia in forma cartacea sia online, sono stati compilati da oltre 2000 studenti da tutta la Regione, che ci hanno descritto i loro progetti (presenza di tutor, orari e frequenza, ente o azienda coinvolta, attività svolta, coinvolgimento e decisionalità studenti, eventuali spese e affinità con il percorso di studi) e hanno espresso valutazioni personali (eventuale sottrazione di tempo, diritti negati, maltrattamenti) e proposte. Degli studenti intervistati, il 46% ha dovuto sostenere delle spese per partecipare all’alternanza (dalle spese attinenti ai trasporti non rimborsati – per la maggiore -, al costo della partecipazione in alcuni progetti), il 63% ha svolto percorsi non inerenti al proprio indirizzo di studi, il 38% degli studenti ritiene che sono stati negati diritti che dovrebbero essere garantiti e il totale degli studenti intervistati, ben il 100%, vuole essere coinvolto nella determinazione del proprio percorso di alternanza. Dati molto significativi che ci spiegano come l’alternanza, così come è ora, è uno strumento in mano alle aziende e ai presidi-manager, calato dall’alto nelle scuole senza la possibilità per la popolazione studentesca di decidere (se non, a volte, quale tra progetti già chiusi poter svolgere).

Ai già numerosi casi in Campania denunciati lo scorso anno (vi ricorderete di Anna*, la ragazza del Liceo delle Scienze Umane “Galizia” di Nocera Inferiore mandata a raccogliere pomodori sotto la serra della fattoria sociale Alpega di Sarno, o di Luca e Francesco, studenti del liceo scientifico “Salvemini” di Sorrento, che sono andati rispettivamente a pulire i macchinari di un frantoio, scaricare olive e olio e a chiacchierare con gli impiegati comunali di Piano di Sorrento nel progetto di alternanza negli uffici dell’ente comunale) si sono aggiunti altri numerosi casi. Citiamo i più eclatanti: a Salerno centinaia di studenti lavorano gratuitamente e ininterrottamente durante il periodo delle Luci d’Artista, tra guide turistiche, di musei, info-point e camerieri e cuochi in ristoranti e alberghi; gli studenti degli istituti alberghieri fanno alternanza soprattutto in estate sostituendo i lavoratori (come il caso di Giuseppe, studente dell’alberghiero “Virtuoso” di Salerno, che quest’estate si è dovuto recare per due settimane in una pizzeria a Portici a spese proprie, costretto inoltre a lavorare dalle 8 alle 16 e dalle 18 alle 24 quando la convenzione stabiliva soltanto le 7 ore al giorno dalle 8 alle 15); Sara, studentessa del Liceo Linguistico “Assteas” di Buccino, è andata in Germania sperando di imparare la lingua, invece è andata in un hotel a lavare i piatti. C’è invece chi è andato a raccogliere le olive, come Raffaele dell’Istituto agrario Galilei-Vetrone di Benevento, chi è andato a lavorare in un prosciuttificio come Paolo dell’indirizzo biotecnologie ambientali dell’Elena di Savoia di Napoli, chi, come Nicole, studiando al Liceo Scientifico ha pulito la Reggia di Caserta, e chi, come Manuel del Liceo Scientifico Imbriani di Pomigliano, ha volantinato per la Deltacon, azienda locale.

 

Abbiamo subito la Buona Scuola e i suoi effetti, dalla repressione e la chiusura di ogni spazio di democrazia all’interno della scuola, alle briciole sul diritto allo studio, alle Invalsi obbligatorie per l’esame di Stato e presenti nel curriculum dello studente – che è il primo passo definitivo verso l’abolizione del valore legale del titolo di studio e che acuisce le diseguaglianze. Sentiamo ogni due giorni la Ministra Fedeli uscire con una novità sulla scuola, dal liceo breve – senza ripensare ai cicli e mettere in discussione l’intero sistema scolastico -, all’obbligo scolastico a 18 anni – senza però intervenire realmente sul diritto allo studio e all’accesso ai saperi -, alla “Carta dei Diritti e dei Doveri degli studenti in alternanza” che è una beffa e uno specchio per le allodole che non garantisce nessuna tutela allo studente in alternanza, né rispetto alla gratuità né rispetto alla qualità della formazione e vincola, ancora di più, lo studente all’azienda.

 

Il 13 Ottobre, quindi, ci asterremo dalle nostre attività e organizzeremo, in Campania così come in tutto il Paese, cortei mattutini, flash mob in tute blu davanti le aziende, lezioni di piazza alternative, esperienze di alternanza scuola-lavoro autogestita, feste e concerti negli spazi aggregazione. Vogliamo rompere la catena di sfruttamento nella quale noi, studentesse e studenti in alternanza, occupiamo l’ultimo anello. Vogliamo parlare con chi è sfruttato come noi per costruire un’idea diversa di società, di scuola, di formazione e di lavoro che abbatta le diseguaglianze, la precarietà esistenziale, la povertà.

Noi vogliamo formazione di qualità e faremo di tutto per cambiare e stravolgere questo tipo di alternanza.

Al trattarci come lavoratori, risponderemo provocatoriamente: indosseremo le tute blu e incroceremo le braccia facendo sciopero, e invitiamo chiunque voglia solidarizzare con gli studenti in alternanza, genitori, docenti, lavoratori, a indossare in quella giornata indumenti di colore blu.

Vogliamo impossessarci dell’alternanza, per questo abbiamo scritto uno Statuto delle Studentesse e degli Studenti in Alternanza da far approvare scuola per scuola, contro quella “Carta dei doveri” in approvazione che non risponde ai bisogni studenteschi. Vogliamo che l’alternanza non avvenga nei periodi di sospensione scolastica (nelle vacanze, in estate), perché lì si presentano i maggiori casi di alternanza sfruttamento, oltre al fatto che in estate viene meno il confronto permanente che deve stabilirsi tra studente-scuola-azienda dato che, molto banalmente, la scuola è chiusa. Vogliamo decidere noi i percorsi di alternanza, scrivendoli, attuandoli e proponendoli, facendo in modo che questi siano inerenti al percorso formativo. Vogliamo che l’alternanza sia gratuita e accessibile a tutti, contro il paradosso dell’obbligatorietà e dei costi “a carico dello studente” e quelli per accedere ai percorsi più “in” di alternanza. Vogliamo valutare questi percorsi, e vogliamo che nessuna studentesse e nessun studente possa essere allontanato da questi percorsi con motivazioni che riguardano l’espressione di idee e libere opinioni. Infine, vogliamo imporre un codice etico alle aziende: non vogliamo formarci da chi non certifica la propria estraneità a legami con la criminalità organizzata, da responsabilità rispetto all’inquinamento del territorio, da chi non effettua la formazione permanente ai lavoratori (come possono fare formazione agli studenti se non la fanno ai lavoratori?) e da chi ha un basso numero di contratto a tempo determinato. Queste sono condizioni minime necessarie per rendere realmente formative le esperienze di alternanza.

La vera alternanza quindi non è asservita alle logiche e agli interessi del mercato del lavoro e non si vende ai privati né tantomeno alle multinazionali: mai più a friggere patatine al Mc Donald’s, mai più a sistemare indumenti a Zara, a fare fotocopie alla Banca d’Italia, a lavorare per Accenture o visitare gli impianti petroliferi dell’ENI per sentire che non inquinano, non devastano l’ambiente e che rappresentano ancora un modello di sviluppo sostenibile per l’uomo e per la natura.

Il furto del nostro tempo ha fatto rompere l’orologio: ci rifiutiamo di essere merce nelle mani di chi non ci ha mai ascoltato e per questo il 13 Ottobre facciamo il primo grande sciopero delle studentesse e degli studenti in alternanza, organizzando la rabbia e il dissenso degli studenti per costruire l’alternativa ad un modello di sfruttamento e di lavoro precario che il mercato del lavoro ci ha insegnato e che i luoghi della formazione non possono rispecchiare e anticipare ma abbattere!”